In vista delle elezioni europee Carlo Calenda vuol tornare all’origine: la lista unica con il Pd. Lo scrive il Giornale, ricordando che la soglia di sbarramento al 4% renderebbe difficile per Azione (stimata al momento poco sopra il 3%) eleggere rappresentati a Bruxelles dopo il divorzio da Italia viva. Il (nuovo) tentativo di approccio con +Europa è già fallito per il veto di Emma Bonino, che non si fida più dell’ex ministro dello Sviluppo economico dopo il suo “colpo di testa” dell’estate 2022, quando fece saltare un’alleanza già chiusa. Così, a meno di una riforma della legge elettorale che abbassi lo sbarramento al 3% (su cui al momento sembra non esserci l’intesa politica), la strada è obbligata: “Va aperto subito il forno con il Pd“, è il virgolettato citato dal quotidiano e attribuito ai “fedelissimi” del senatore. “Calenda dice di no. Rassicura tutti che si andrà da soli, che lui punta a superare il 4%. Ma naturalmente non gli crede nessuno: dice una cosa e ne fa sempre un’altra”, dice un big di Azione.

Se i dem accettassero, si ripeterebbe l’esperimento fallimentare delle Europee 2019, quando Calenda (allora iscritto al Pd) si fece eleggere nella lista dem con il suo simbolo “Siamo europei“, salvo poi uscire dal partito e dal gruppo dopo pochi mesi. Lui però continua a negare: “Ho smentito queste idiozie un milione di volte. Siate così cortesi da prenderne nota”, twitta. Nel frattempo si muove anche Matteo Renzi, che – come rivelato nei giorni scorsi dal Corriere – punta a formare un nuovo contenitore, “il Centro“, coinvolgendo personalità “moderate” come l’ex ministra Letizia Moratti e il sindaco di Taormina Cateno De Luca (che però ha smentito). L’obiettivo è appropriarsi dello spazio politico della Forza Italia post-Berlusconi: non a caso venerdì scorso il Riformista diretto da Renzi ha aperto con un articolo critico sulle “indecisioni” Antonio Tajani, neo-leader del partito, intitolato a caratteri cubitali “Forse Italia”.

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