A polvere posata, credo sia troppo semplicistico commentare le parole del generale Vannacci poggiando sulle ampiamente diffuse accuse di omofobia, razzismo, timore dell’altro e via dicendo. Accuse rivoltegli da più parti e non prive di fondamento, non mi si fraintenda. Ma fare ciò alimenterebbe la noiosa sceneggiata dell’intellighenzia ‘buona’ che stigmatizza le orrende parole dell’uomo ‘cattivo’, validando in tal senso la semplicista ed errata concezione di un mondo diviso tra ciò che è giusto (sano) e ciò che è sbagliato (deviante e non omologato) che nel suo libro il suddetto auspica e preconizza.

La questione sulla quale vale la pena riflettere è: da quale posizione, e con quali intenti, costui si è autorizzato ad aprire il suo animo facendone una pubblicazione (libero come tutti noi di farlo, si badi bene, e male colga chi preconizza lo psicoreato, ma vincolato dalla divisa che sottintende un giuramento ad ideali di eguaglianza e solidarietà verso ogni tipo di minoranza e differenza garantiti dalla Costituzione) probabilmente certo di avere già un pubblico selezionato che ne avrebbe condiviso, sostenuto e diffuso le idee?

Si fa volare l’aquilone quando si avverte un vento favorevole.

Il contenuto è abbastanza dozzinale: argomentazioni incommentabili sulla ‘normalità’ degli omosessuali, una diffusa tendenza a stigmatizzare le minoranze, una diffidenza verso tutto ciò che riguarda quelle differenze che sono il sale della vita e il motore del legame sociale. Nulla più di quello che si può sentire in un qualsiasi bar sottocasa.

E’ il desiderio (corrisposto, viste le vendite) di parlare ex cathedra che colpisce. A chi si rivolge il generale ora rimosso dal tempestivo atto del Ministro che in nome e per conto della Carta ha giustamente agito?

Nello studio di un analista passano a volte uomini e donne nei meandri dei quali si celano a volte questi desideri fondativi di universi assoluti e basati sul livellamento delle differenze, anelando a mondi regolati dalle loro paure ed ossessioni, a città ‘epurate’ da ciò che da sempre ha costituito un enigma ai loro occhi: la sessualità è l’elemento più angosciante di tutti, il più spaventoso, così come la presenza dell’uomo di una pelle diversa o dell’omosessualità.

Molti di questi desiderata non possono essere sdoganati e fuoriescono solo nella stanza o nelle chiacchiere con gli amici, ove ricreano in vitro quelle realtà assolute che essi vorrebbero abitare. E’ forse qua, tra i portatori di questo ordine di idee, che si trova la gran parte dei lettori che giustificano la scalata del libro su Amazon.

Leggendo il libro del generale mi è tornato alla mente uno dei più riusciti racconti di Philip Dick, Occhio nel Cielo, scritto distopico nel quale ogni individuo può, grazie ad un incidente nucleare, fondare un mondo costruito secondo le proprie paure più celate. Ricordo in particolare la società generata dalla sessuofoba e bigotta Edith Pritchet, dominata da un perbenismo borghese frutto di passioni represse e profonda indifferenza nei confronti della diversità. Lì la realtà viene appiattita, epurata da tutto ciò che è identificato come immorale. E’ bandito tutto ciò che offende il senso estetico, che crea fastidio – anche solo di tipo olfattivo – o che sia connesso alla sessualità. Una cupa umanità sanificata da tutto ciò che è sgradevole, pruriginoso e non lineare. Un mondo dal quale è bandito tutto ciò che fa paura: differenze di sesso, fluidità di genere, omosessualità, transessualismo, rivendicazione delle minoranze.

Concludo, al di là del caso di cronaca, mettendo clinicamente in guardia dai virtuosismi assoluti, dalle crociate lanciate senza richiesta alcuna. La psicoanalisi insegna che dietro a battaglie platealmente dichiarate e portate avanti in modo eccessivamente virtuoso, solitamente si nascondono i segreti desiderata di chi ha nell’oggetto pubblicamente additato all’odio qualcosa che lo appassiona intimamente e oscenamente lo interessa.

Da analista so che i crociati nascondono spesso l’osceno che cercano di rinnegare. Come ho scritto qua, ai tempi del ‘Family day’, mentre la grande parata dell’omaggio alla ‘famiglia tradizionale’ andava in onda, leggevo su tutti i quotidiani che ogni anno 80.000 italiani si recano all’estero per sfruttare sessualmente il corpo di bambini in quelle terre ove è permesso e regolato. Guardavo le loro bandiere agguerrite trovando in filigrana il riscontro delle cifre che la stampa ci consegna e lo studio amplifica: in quell’arena erano sicuramente rappresentati tutti coloro i quali ingrossano le file della prostituzione che rallenta i raccordi anulari, che sono pronti a pagare fior di euro la prestazione di una persona transessuale.

Ho percepito dalle interviste in tv il loro odio, la loro incessabile difesa di quell’ordine familiare che di notte molti di loro infrangono. Sentono il loro bisogno di avere un nemico al quale ostentare la loro ‘normalità’. So cosa tanti di essi dicono degli omosessuali, quanto privatamente li desiderino e pubblicamene li detestino. Conosco la loro passione per la transessualità, pari al calore delle fiaccole ostentate in occasioni di raid notturni per ‘ripulire’ le strade.

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