“Sicuramente il problema è grave, non va bene che un giudice faccia tutto questo macello“. L’autoanalisi di Ernesto Anastasio, 53 anni da Piano di Sorrento (Napoli), è tanto sincera da essere disarmante. D’altra parte ha le idee chiare sul futuro: “Non credo proprio che morirò magistrato, non mi pare una cosa plausibile”. Tra faldoni e codici, infatti, vive una sorta di dramma esistenziale, perché nella vita avrebbe preferito occuparsi di poesia e letteratura: qualcuno dice collabori anche a scrivere i testi del nipote rapper, Marco, figlio del fratello Teodoro, che trasformando il cognome Anastasio in nome d’arte è diventato famoso, vincendo il talent show X Factor nel 2018. Nel frattempo, però, Ernesto il magistrato lo fa da più di 23 anni, dal lontano 1999, e in carriera si è fatto notare sempre per la stessa ragione: i mostruosi ritardi accumulati nel deposito di migliaia di provvedimenti. Un’allergia al lavoro – lui la chiama “una situazione di dissidio interiore” – che finora gli è già costata l’apertura di almeno sei procedimenti disciplinari, di cui tre conclusi (due con l’assoluzione, uno con la lieve sanzione della censura) e altri tre, i più recenti, ancora in corso, in cui rischia conseguenze molto pesanti, a partire da una richiesta di sospensione su cui il Csm deciderà a settembre.

Montagne di arretrato: ritardi fino a 1.203 giorni – Negli anni da giudice civile a Santa Maria Capua Vetere (Caserta), il magistrato campano è accusato dalla Procura generale della Cassazione di aver depositato in ritardo 274 provvedimenti civili: in sessanta casi i ritardi sono stati “superiori al triplo dei termini previsti dalla legge, con un picco massimo di 1.203 giorni“. Quando poi, nel gennaio 2022, lascia il tribunale campano per diventare giudice di Sorveglianza a Perugia, lascia in eredità ai colleghi la bellezza di 317 fascicoli inevasi. Tutte condotte che hanno causato, si legge nel capo d’incolpazione, “un’evidente lesione del diritto delle parti a una corretta e sollecita amministrazione della giustizia, con conseguente lesione del prestigio dell’ordine giudiziario” e per le quali Anastasio è stato denunciato anche in sede penale. Non va meglio dopo il trasferimento in Umbria: in un anno e mezzo deposita in ritardo 144 provvedimenti, di cui sette in un tempo superiore al triplo del termine di legge, con un picco – in questo caso – di 329 giorni, scatenando persino una protesta collettiva dei detenuti. Ed è così che il 26 luglio scorso il procuratore generale della Suprema Corte ha chiesto al Csm la sua sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, ritenendo il quadro ormai incompatibile con la permanenza in servizio.

“Si sente oppresso, a lui interessa la poesia” – Sulla richiesta la Sezione disciplinare di palazzo dei Marescialli si esprimerà dopo l’estate. Negli scorsi mesi, però, è emerso un dato decisivo per comprendere i motivi profondi di un’inerzia così reiterata: nell’ambito del procedimento sui ritardi di Santa Maria Capua Vetere, infatti, Anastasio ha prodotto il certificato medico di uno psichiatra che gli diagnostica una forma di depressione. Così il tribunale dell’organo di autogoverno ha disposto su di lui una perizia affidata al professor Stefano Ferracuti della Sapienza di Roma, che dopo due colloqui – e la somministrazione di alcuni test mentali – ha esposto le sue conclusioni nell’udienza dell’8 giugno. Il magistrato, ha detto, “si è trovato a fare un lavoro che per lui non genera alcun tipo di soddisfazione professionale o esistenziale, essendo i suoi interessi e il suo desiderio di realizzazione orientati in altri campi. Ha una notevole intelligenza e cultura letteraria, interessi poetici, che sono poi quello che a lui effettivamente interessa. Questo ovviamente pone un problema complessivo di adeguamento al ruolo, perché di fatto è in una parte nella quale non si trova bene. Ha una condizione nevrotica, cioè ambivalente: da un lato si sente oppresso dal lavoro, dall’altro vorrebbe farlo, ma siccome pensa che non è quello che avrebbe davvero voluto fare, lo boicotta“.

“Psicoterapia? No, mi affido alla fede” – Ferracuti dice di aver chiesto ad Anastasio come mai insista nel ricoprire un ruolo che lo fa sentire a disagio: ma su questo, dice, “lui non dà una risposta chiara, perché è un problema più antico” che risale alle scelte fatte in gioventù, “a partire presumibilmente da quella di iscriversi a Giurisprudenza, perché sarebbe stato molto più dotato per Lettere“. Dopo la laurea il giudice aveva provato il concorso in polizia, ma non era stato ammesso per una valutazione psicologica negativa: perciò, dice lo psichiatra, “ha deciso di fare il concorso in magistratura”, in cui quella valutazione non è prevista. Il suo percorso, aggiunge, risente probabilmente anche “di una relazione complessa con la figura del padre”, Salvatore, affermato avvocato civilista: “Non riesce a scrivere i provvedimenti perché non vuole fare quello che sta facendo, si è contorto e ha difficoltà a uscirne. Potrebbe coltivare i suoi interessi letterari accanto al lavoro, invece ha scelto di distruggersi“. Per sbloccare la situazione, conclude il perito, “dovrebbe accettare il fatto che ha una difficoltà emotiva-esistenziale profonda e affidarsi a un trattamento psicologico di lunga durata”. Una soluzione a cui però lui ha sempre detto di non essere interessato, preferendo affidarsi alla sua fede religiosa, che però, nota Ferracuti, “non garantisce lo stesso livello di introspezione”.

“Non sono un idiot savant – Subito dopo la relazione, il giudice sotto accusa è intervenuto rendendo dichiarazioni spontanee. “Le cose che ha detto il professore sono vere: io vivo questa situazione di dissidio interiore, non l’ho voluta palesare negli altri procedimenti disciplinari perché mi illudevo di superare il problema con le mie forze“, afferma. “Ma se dobbiamo immaginare una prospettiva di futuro, fare il magistrato di Sorveglianza è una cosa che mi piace e anche gli avvocati, che prima si lamentavano, ora mi difendono”. Poi si lancia in una lunga e sofferta arringa contro il ruolo di giudice civile che gli era stato assegnato a Santa Maria Capua Vetere: “Vi rendete conto che io avevo chiesto di essere assegnato a funzioni penali? E che dopo due lunghe supplenze sono stato schiantato sul ruolo più incommentabile e inqualificabile del civile? Dice la saggezza popolare napoletana che Pulcinella, salendo e scendendo le scale del tribunale, divenne avvocato. Io sono in magistratura dal ’99 e qualcosina la capisco, non sono un idiot savant che si diletta a scrivere poesie e si a compiere scelleratezze sul lavoro. E dico che non è vero che vanno separate le carriere dei pm e dei giudici, ma vanno separate le carriere dei giudici civili e penali. Ma questo fa parte delle verità indicibili che in Italia non si possono pronunciare”.

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