di Massimiliano
Anni fa un amico Monsignore mi disse: “Prima o poi tutto finisce. Tutto finisce e tutto scorre. Su questa Terra siamo solo debitori, siamo quelli che hanno preso in prestito le cose… e prima o poi queste cose saranno restituite al Signore”.
Viaggio sulla strada costiera che va da Aden, Yemen del Sud, verso l’Arabia Saudita. Orde di profughi dalla Somalia, dall’Etiopia, dal Sudan. Chi di loro ha qualcosa da offrire cerca di contrattare un passaggio verso nord, tra i tanti camion in circolazione sulla carrabile. Ci fermiamo in una stazione di servizio polverosa. Come in una moderna oasi si può trovare un po’ di acqua pulita, ombra e una piccola moschea. Partono con una bottiglia d’acqua tenuta a tracolla con una cordicella e le ciabattine infradito. Lentamente, come chi va verso un destino sconosciuto.
Figure esili e spettrali sull’asfalto caldo, che non deve mai essere abbandonato dai viandanti, a causa delle mine disseminate nella sabbia. Si alza una tempesta di polvere, ma loro percorreranno più di 1000 chilometri. Si tengono per mano, come bambini spaventati. E lo sono: vanno verso l’ignoto. L’aria calda è soffocante e la sabbia nel vento secca la pelle e gli occhi, niente più lacrime da risparmiare pensando ad una casa lontana, ad una famiglia lasciata indietro. In Arabia Saudita c’è speranza. Ma la speranza sarà solo fatica per gli schiavi dei nuovi faraoni. Hotel, case, centri commerciali, dove la ricchezza è spesso oscenamente ostentata e di cattivo gusto. Per loro nessuna identità, nessun nome, ma ci saranno almeno 12 ore di lavoro sotto un sole cocente, senza paga sindacale né ferie. Basta lavorare e sperare. Se è vero che esiste il Dio del mio amico Monsignore, allora penso che queste persone abbiano un credito con lui e non un debito.
Il gendarme yemenita che è seduto accanto a me, sorseggiando il tè, li guarda con uno sguardo di commiserazione e con aria di disprezzo e mi dice: “Questa gente… guardali, non hanno secoli di storia e tradizione alle spalle come noi Arabi… Portano Aids, prostituzione, miseria… speriamo che scompaiano nel deserto.” E fino a pochi minuti fa si parlava di un Dio misericordioso…
Passa un costoso Suv bianco con aria condizionata e pneumatici da pista nuovissimi. E’ di una organizzazione internazionale, una Ong. Guarda le anime erranti, rallenta e si ferma. Una giovane espatriata pallida e gracile, vestita con un abaya nero, si avvicina al gruppo, con l’aiuto di un assistente locale, distribuisce acqua in bottiglia e qualche cracker. Con attenzione maniacale, stima e registra numeri e posizione. Inoltre, li chiamerà IDP. Internationally Displaced People. Ha fretta di ritornare in un ufficio confortevole, dove verranno compilate le pratiche burocratiche, i donatori saranno soddisfatti e stanzieranno maggiori fondi ben giustificati.
Ordigni inesplosi sono sparsi lungo tutta la strada principale. Le mine vengono piantate da fazioni scissioniste e non conoscono la differenza tra una vittima innocente o un militare armato di tutto punto. A bordo strada le ossa dei cammelli, sbiancate dal sole e spezzate dall’esplosivo, sono i segni. Gli enti locali non sono interessati a qualsiasi rapporto rilasciato dalle Ong su tali rischi. La maggior parte degli ordigni vengono scambiati per giocattoli dai bambini o verranno raccolti per essere venduti come ferrovecchio dagli abitanti dei villaggi. Molte vittime, spesso senza nome, da queste pratiche malsane.
E’ bizzarro che molte delle bombe inesplose incontrate provengano da fabbriche occidentali. Quello stesso occidente che tra un aperitivo e un momento solidale dice basta alla guerra. Guidando verso Hodeida, ci imbattiamo in uno strano panorama. Attraversando un piccolo insediamento, ci fermiamo e notiamo un piccolo accampamento polveroso. Recintato con filo spinato, sorvegliato da uomini armati. All’interno, alcune tende stanche e sporche. Lacere come antichi sudari sostenuti da rami di rovo e qualche spago.
Un grande serbatoio di plastica per l’acqua, una bambina che lava i panni con acqua che proviene da un tubo rotto. Guardie magre come lupi affamati ci osservano da lontano. Dentro il campo, solo donne e bambini piccoli. Occhi tristi e corpi magri. Corpi scossi dal vento e dalla paura. Per lo più bambine. Dai lineamenti sembrano somali o eritrei… cerco di fare una foto veloce e un punto di riferimento con il mio GPS ma con mossa fulminea alcune guardie, correndo verso di noi, circondano la macchina. Con tono intimidatorio e sotto la minaccia delle armi ci chiedono di spostarci e allontanarci. E di farlo velocemente. Mi minacciano di arresto con sequestro di auto e cellulare. L’autista yemenita negozia la ritirata e promettiamo di tornare indietro.
Gli uomini armati hanno abbassato gli AK arrugginiti e abbiamo così interrotto il nostro viaggio lì. A volte è meglio lasciare le cose non dette, poiché i pensieri sono angosciosi.
L’autista prega di dimenticare quella posizione. Racconta di aver sentito dire di bambini schiavi venduti a famiglie per lavori domestici o schiavi del sesso. Parla anche di traffico di organi. Secondo lui, molti dei bambini finiscono oltre i confini e scompaiono… ma preferisce tacere per il resto del viaggio di ritorno. Chiaramente non vuole essere coinvolto nella mia ricerca di informazioni. Ha una famiglia numerosa che dipende da lui.
La mattina dopo, ad Aden, contatto una amica che lavora con una Ong. Riferisco in dettaglio del campo recintato. Posizione, situazione… Cordialmente mi viene detto che questa è un’informazione molto sensibile, che sarà segnalata alle autorità locali. Non c’è molto che possa essere fatto: occorre mantenere buoni rapporti con il Paese ospitante. Non possiamo mettere a rischio presenza e progetti qui.
Sono oramai lontano dalle convinzioni religiose. Da anni. Cresciuto in una realtà cristiana, mi dicevano spesso dei nostri doveri verso Dio. Ma come esseri umani abbiamo dei diritti, come una vita dignitosa e giusta?
Il blog Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’offerta Sostenitore e diventando così parte attiva della nostra community. Tra i post inviati, Peter Gomez e la redazione selezioneranno e pubblicheranno quelli più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Diventare Sostenitore significa anche metterci la faccia, la firma o l’impegno: aderisci alle nostre campagne, pensate perché tu abbia un ruolo attivo! Se vuoi partecipare, al prezzo di “un cappuccino alla settimana” potrai anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione del giovedì – mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee – e accedere al Forum riservato dove discutere e interagire con la redazione. Scopri tutti i vantaggi!
Sostenitore
I post scritti dai lettori
Mondo - 23 Agosto 2023
In Yemen ho visto orde di profughi e bimbi prigionieri: il loro è un destino sconosciuto
di Massimiliano
Anni fa un amico Monsignore mi disse: “Prima o poi tutto finisce. Tutto finisce e tutto scorre. Su questa Terra siamo solo debitori, siamo quelli che hanno preso in prestito le cose… e prima o poi queste cose saranno restituite al Signore”.
Viaggio sulla strada costiera che va da Aden, Yemen del Sud, verso l’Arabia Saudita. Orde di profughi dalla Somalia, dall’Etiopia, dal Sudan. Chi di loro ha qualcosa da offrire cerca di contrattare un passaggio verso nord, tra i tanti camion in circolazione sulla carrabile. Ci fermiamo in una stazione di servizio polverosa. Come in una moderna oasi si può trovare un po’ di acqua pulita, ombra e una piccola moschea. Partono con una bottiglia d’acqua tenuta a tracolla con una cordicella e le ciabattine infradito. Lentamente, come chi va verso un destino sconosciuto.
Figure esili e spettrali sull’asfalto caldo, che non deve mai essere abbandonato dai viandanti, a causa delle mine disseminate nella sabbia. Si alza una tempesta di polvere, ma loro percorreranno più di 1000 chilometri. Si tengono per mano, come bambini spaventati. E lo sono: vanno verso l’ignoto. L’aria calda è soffocante e la sabbia nel vento secca la pelle e gli occhi, niente più lacrime da risparmiare pensando ad una casa lontana, ad una famiglia lasciata indietro. In Arabia Saudita c’è speranza. Ma la speranza sarà solo fatica per gli schiavi dei nuovi faraoni. Hotel, case, centri commerciali, dove la ricchezza è spesso oscenamente ostentata e di cattivo gusto. Per loro nessuna identità, nessun nome, ma ci saranno almeno 12 ore di lavoro sotto un sole cocente, senza paga sindacale né ferie. Basta lavorare e sperare. Se è vero che esiste il Dio del mio amico Monsignore, allora penso che queste persone abbiano un credito con lui e non un debito.
Il gendarme yemenita che è seduto accanto a me, sorseggiando il tè, li guarda con uno sguardo di commiserazione e con aria di disprezzo e mi dice: “Questa gente… guardali, non hanno secoli di storia e tradizione alle spalle come noi Arabi… Portano Aids, prostituzione, miseria… speriamo che scompaiano nel deserto.” E fino a pochi minuti fa si parlava di un Dio misericordioso…
Passa un costoso Suv bianco con aria condizionata e pneumatici da pista nuovissimi. E’ di una organizzazione internazionale, una Ong. Guarda le anime erranti, rallenta e si ferma. Una giovane espatriata pallida e gracile, vestita con un abaya nero, si avvicina al gruppo, con l’aiuto di un assistente locale, distribuisce acqua in bottiglia e qualche cracker. Con attenzione maniacale, stima e registra numeri e posizione. Inoltre, li chiamerà IDP. Internationally Displaced People. Ha fretta di ritornare in un ufficio confortevole, dove verranno compilate le pratiche burocratiche, i donatori saranno soddisfatti e stanzieranno maggiori fondi ben giustificati.
Ordigni inesplosi sono sparsi lungo tutta la strada principale. Le mine vengono piantate da fazioni scissioniste e non conoscono la differenza tra una vittima innocente o un militare armato di tutto punto. A bordo strada le ossa dei cammelli, sbiancate dal sole e spezzate dall’esplosivo, sono i segni. Gli enti locali non sono interessati a qualsiasi rapporto rilasciato dalle Ong su tali rischi. La maggior parte degli ordigni vengono scambiati per giocattoli dai bambini o verranno raccolti per essere venduti come ferrovecchio dagli abitanti dei villaggi. Molte vittime, spesso senza nome, da queste pratiche malsane.
E’ bizzarro che molte delle bombe inesplose incontrate provengano da fabbriche occidentali. Quello stesso occidente che tra un aperitivo e un momento solidale dice basta alla guerra. Guidando verso Hodeida, ci imbattiamo in uno strano panorama. Attraversando un piccolo insediamento, ci fermiamo e notiamo un piccolo accampamento polveroso. Recintato con filo spinato, sorvegliato da uomini armati. All’interno, alcune tende stanche e sporche. Lacere come antichi sudari sostenuti da rami di rovo e qualche spago.
Un grande serbatoio di plastica per l’acqua, una bambina che lava i panni con acqua che proviene da un tubo rotto. Guardie magre come lupi affamati ci osservano da lontano. Dentro il campo, solo donne e bambini piccoli. Occhi tristi e corpi magri. Corpi scossi dal vento e dalla paura. Per lo più bambine. Dai lineamenti sembrano somali o eritrei… cerco di fare una foto veloce e un punto di riferimento con il mio GPS ma con mossa fulminea alcune guardie, correndo verso di noi, circondano la macchina. Con tono intimidatorio e sotto la minaccia delle armi ci chiedono di spostarci e allontanarci. E di farlo velocemente. Mi minacciano di arresto con sequestro di auto e cellulare. L’autista yemenita negozia la ritirata e promettiamo di tornare indietro.
Gli uomini armati hanno abbassato gli AK arrugginiti e abbiamo così interrotto il nostro viaggio lì. A volte è meglio lasciare le cose non dette, poiché i pensieri sono angosciosi.
L’autista prega di dimenticare quella posizione. Racconta di aver sentito dire di bambini schiavi venduti a famiglie per lavori domestici o schiavi del sesso. Parla anche di traffico di organi. Secondo lui, molti dei bambini finiscono oltre i confini e scompaiono… ma preferisce tacere per il resto del viaggio di ritorno. Chiaramente non vuole essere coinvolto nella mia ricerca di informazioni. Ha una famiglia numerosa che dipende da lui.
La mattina dopo, ad Aden, contatto una amica che lavora con una Ong. Riferisco in dettaglio del campo recintato. Posizione, situazione… Cordialmente mi viene detto che questa è un’informazione molto sensibile, che sarà segnalata alle autorità locali. Non c’è molto che possa essere fatto: occorre mantenere buoni rapporti con il Paese ospitante. Non possiamo mettere a rischio presenza e progetti qui.
Sono oramai lontano dalle convinzioni religiose. Da anni. Cresciuto in una realtà cristiana, mi dicevano spesso dei nostri doveri verso Dio. Ma come esseri umani abbiamo dei diritti, come una vita dignitosa e giusta?
Il blog Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’offerta Sostenitore e diventando così parte attiva della nostra community. Tra i post inviati, Peter Gomez e la redazione selezioneranno e pubblicheranno quelli più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Diventare Sostenitore significa anche metterci la faccia, la firma o l’impegno: aderisci alle nostre campagne, pensate perché tu abbia un ruolo attivo! Se vuoi partecipare, al prezzo di “un cappuccino alla settimana” potrai anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione del giovedì – mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee – e accedere al Forum riservato dove discutere e interagire con la redazione. Scopri tutti i vantaggi!
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Mondo
Corea del Sud, aereo si schianta mentre atterra a Muan: 176 morti. “Soltanto 2 superstiti sui 181 passeggeri”. Ipotesi bird strike e maltempo
Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
Trenta partiti per trenta milioni: record di ammissioni per spartirsi la torta del 2 per mille. Dalla Stella Alpina alla Balena bianca, anche i senza-voti vogliono i soldi
Da Il Fatto Quotidiano in Edicola
Cecilia Sala e l’allerta sugli italiani a Teheran 48 ore prima dell’arresto. Droni e missili: ecco perché l’iraniano teme l’ergastolo negli Usa
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - "Una dinamica sconcertante: l’esercito israeliano, dopo aver ucciso venerdì scorso circa 50 persone in un attacco aereo in prossimità dell’ospedale Kamal Adwan a Beit Lahia, nel Nord di Gaza, anch’esso parzialmente danneggiato, dà l’ordine di evacuare la struttura medica entro 15 minuti. Un ordine che riguarda tutti: malati, pure quelli molto gravi, parenti che li assistono e personale medico". Lo dichiara Laura Boldrini, deputata Pd e Presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo.
"E chi è in terapia intensiva? Chi è attaccato a un ventilatore, chi è in coma, cosa si fa di queste persone? L’ordine è perentorio: tutti fuori entro 15 minuti. Pazienti trasportati in barella nel cortile, buttati per strada, alcuni trasportati all’ospedale Indonesia già danneggiato e non equipaggiato per i malati, medici e paramedici arrestati e portati via con l’accusa di essere terroristi, incluso il direttore, l’instancabile dottor Hussam Abu Safiya, che non ha mai lasciato il suo ospedale nonostante l’esercito israeliano abbia ucciso suo figlio, e di cui ora non si hanno più notizie. Con questa operazione militare, sottolinea l’OMS, l’esercito israeliano mette fuori uso l’unico ospedale che era rimasto ancora funzionante a Gaza nord".
"Una scena raccapricciante quella dell’evacuazione dell’ospedale Kamal Adwan, la degenerazione dell’uso della forza, una prova di cieca ferocia, di volontà di disumanizzare persino i più vulnerabili. Di fronte a tutto questo non si può non sentire un enorme dolore, un profondo disagio ma anche indignazione e rabbia. Che cosa si aspetta a reagire, a vietare la vendita di armi a Israele che le usa contro i civili, a imporre sanzioni a Netanyahu e ai suoi ministri che diffondono odio contro la popolazione palestinese, a sospendere l’accordo di associazione Ue-Israele basato sul rispetto dei diritti umani? L’abisso di Gaza è destinato a lasciare un segno indelebile in ognuno di noi che, impotenti, abbiamo denunciato atrocità e crimini, chiedendo in tutti i modi di fermare questo massacro. Un segno che pesa sulle coscienze di chi poteva agire e non l'ha fatto e arriverà anche alle future generazioni che di tutto ciò subiranno le amare conseguenze".
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - "Penso che la proposta di Renato Brunetta oggi sul Sole24ore vada ripresa, sostenuta, resa effettiva. Spero che opposizione e maggioranza possano convergere su un obiettivo minimo di umanità, civiltà, decenza. Chi ci sta?". Lo scrive sui social il senatore Pd, Filippo Sensi.
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - "La norma che le sorelle Meloni hanno voluto contro di me è illiberale. Per la prima volta in 70 anni di storia repubblicana il capo del governo esige una legge ad hoc contro un dirigente dell’opposizione. Non era mai accaduto prima. Stupisce il silenzio dei liberali". Lo scrive sui social Matteo Renzi.
Roma, 30 dic. (Adnkronos) - "Parlare si può parlare di tutto, ma oggi non si profilano le condizioni, mancano proprio i presupposti per procedere a un rimpasto". Lo dice Galeazzo Bignami, presidente del gruppo FdI alla Camera, al Corriere a proposito del pressing leghista perchè Matteo Salvini torni al Viminale. "Tutto si fa se è necessario, ma mi pare che gli attuali due ministri stiano lavorando più che bene. Piantedosi, peraltro, l’ha indicato il segretario della Lega".
"Salvini esprime una legittima ambizione. È stato assolto e può giustamente rivendicare di aver agito da ministro dell’Interno nel rispetto delle leggi. Anche noi siamo ben lieti di quella assoluzione, sulla quale avevamo pochi dubbi. Ma la squadra di governo si rivede se ci sono i presupposti. E non ci sono. Invece la stabilità che nessun altro esecutivo in Europa può vantare, va protetta. Già solo parlare di rimpasto non vorrei mettesse in discussione questa immagine unanimemente riconosciuta, per la prima volta dopo tanti anni, all’Italia".
Il pressing di Salvini non comporterà turbolenze nella maggioranza di governo? "No. Nella coalizione il clima è buono. Tutte le decisioni vengono assunte in piena condivisione. Si discute, ci si confronta. Non significa litigare. Se noi diciamo che non c’è l’esigenza di un rimpasto perché due ministri della Lega stanno lavorando bene, poi, che turbolenze possono esserci?".
Roma, 29 dic. (Adnkronos) - “Nel 1300, proprio in questa Basilica, Bonifacio VIII indisse il primo Giubileo con l’urgenza di aprire un tempo di perdono e di riscatto. Ma il Giubileo cattolico discende da una festività ebraica, durante la quale, in origine, venivano azzerati tutti i debiti economici con lo Stato, per favorire una più equa distribuzione delle ricchezze nella società (era verosimilmente una misura per smussare i conflitti sociali). Il giubileo nasce quindi come tempo di libertà e di riscatto per gli ultimi". Così la vicepresidente del Senato, Mariolina Castellone, presente alla Cattedrale di San Giovanni in Laterano per l'apertura Porta Santa.
"Sono passati 8 secoli, ma l'urgenza di riscatto sociale rimane, perché viviamo in una società che amplia le distanze tra ricchi e poveri, con forme di disuguaglianza sempre più marcate. Troppe famiglie monoreddito, troppi lavoratori che, pur avendo un impiego, non riescono a coprire le spese essenziali".
"Eppure la legge di bilancio appena approvata, anziché di affrontare queste urgenze, destina 7,5 miliardi per le spese militari, 2 miliardi per il ponte sullo Stretto, mezzo milione per aumentare lo stipendio dei ministri e nulla per chi ha veramente bisogno. Il Movimento 5 Stelle continuerà a battersi per aiutare chi è in difficoltà perché oggi più che mai serve un tempo di riscatto. Come ha detto ieri il cardinale Reina: 'Speriamo che questo Anno Santo possa davvero segnare un tempo di riscatto per chi è rimasto indietro”, e spetta a noi costruire una società più giusta'".
(Adnkronos) - Incidente in Corea del Sud dove un aereo Jeju Air, con a bordo 175 passeggeri e sei membri dell'equipaggio, si è schiantato oggi all'aeroporto internazionale di Muan.
Si ritiene che quasi tutte le 181 persone a bordo siano morte, ha riferito l'agenzia di stampa Yonhap, citando i vigili del fuoco. Due persone sono state tratte in salvo.
L'aereo è uscito di pista durante l'atterraggio e si è schiantato contro una recinzione all'aeroporto. Il volo Jeju Air stava tornando da Bangkok.
Per l'incidente si ipotizza un bird strike. I due sopravvissuti, un passeggero e un assistente di volo, sono stati trasportati in ospedale. Uno dei due, secondo un rapporto, ha scoperto del fumo proveniente da uno dei motori.
Diversi testimoni oculari a terra hanno anche riferito di aver visto fiamme provenienti da una delle turbine e di aver sentito diversi forti scoppi, ha riferito Yonhap. Sulla base dei primi riscontri, le autorità presumono che i piloti non siano riusciti a estendere il carrello di atterraggio a causa dell'impatto con uccelli che ha provocato l'incidente.
Roma, 28 dic. (Adnkronos) - "Inaugurato ad Abu Dhabi dal Ministro della Difesa Guido Crosetto il 7° Villaggio Italia, nell’ambito del Tour Mondiale di Nave Amerigo Vespucci, ambasciatore del Made in Italy nel mondo, giunto alla sua 31esima tappa e per la prima volta negli Emirati Arabi Uniti insieme alla 'Esposizione Mondiale Itinerante Pluriennale' delle eccellenze italiane alla quale aderiscono, con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, 11 Ministeri. Con questa tappa il Vespucci ha superato le 42 mila miglia marine, pari a due volte la lunghezza dell'equatore. Alla cerimonia inaugurale, condotta da Serena Autieri, era presente, tra gli altri, anche Sua Eccellenza Salem Al Jabri, Assistant Minister per gli Affari Militari e di Sicurezza in rappresentanza del Ministro degli Affari Esteri degli Emirati Arabi Uniti. Già ieri Sua Altezza lo Sceicco Ahmed Hamdan Al Nahyan Pres. Sailing and Rowing Federation aveva partecipato alla Welcome Ceremony". Lo comunica in una nota il ministero della Difesa.
Il Ministro della Difesa Guido Crosetto, nel suo discorso ha sottolineato che: “Molto spesso il mezzo con cui l'Italia porta aiuto sono le Forze Armate, perché non abbiamo paura di essere i primi quando si tratta di fare una gara di solidarietà, così come non abbiamo avuto paura in questi anni di essere i primi nelle missioni internazionali, dove c'era bisogno di uomini e donne che assicurassero la pace. L'abbiamo fatto e lo facciamo anche quando è difficile farlo. Siamo orgogliosi di farlo, e siamo orgogliosi di farlo con gli amici, e gli Emirati lo sono stati in questi anni e lo saranno nei prossimi. Perché la pace non si fa da soli. La pace si fa allargando gli interlocutori che lottano ogni giorno per la pace. La pace si fa mettendo insieme comunità, storie diverse, idee diverse, religioni diverse che sanno affrontare le crisi di un'umanità sempre più complessa. Per questo è doppiamente importante ciò che ha fatto Nave Vespucci. Noi abbiamo portato in giro l'Italia, abbiamo portato in giro la bellezza italiana. Abbiamo legato in 42.000 miglia nautiche mondi diversi, nazioni diverse. L'abbiamo affrontato e ci siamo rivolti allora a tutti nello stesso modo, raccontando cosa siamo, cosa siamo da secoli, quali sono i nostri valori, la nostra cultura, che è una cultura di integrazione, che è una cultura di pace, che è una cultura di rispetto. Noi non siamo una nazione che si è mai rivolta a nessun popolo guardandolo dall'alto in basso. Noi ci rivolgiamo a qualunque persona, in qualunque luogo del mondo, guardando al nostro interlocutore con rispetto, lo stesso che diamo ai nostri amici, lo stesso che diamo alle nostre famiglie, lo stesso che diamo ai nostri connazionali. Questo ci hanno insegnato, questo presidiano le Forze Armate, oltre alla libertà, oltre alla difesa del nostro Paese, e questo ha trasmesso nave Vespucci attraverso il suo equipaggio, le sue donne e i suoi uomini, in questi quasi due anni di navigazione”.
"Atteso per domani al Villaggio Italia di Abu Dhabi, il Presidente della Camera dei Deputati Lorenzo Fontana. Alla cerimonia odierna - prosegue il comunicato - sono intervenuti: il Ministro della Difesa Guido Crosetto; il Sottosegretario di Stato al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale On. Maria Tripodi; l’Ambasciatore d’Italia negli Emirati Arabi Uniti Lorenzo Fanara; il Comandante in Capo della Squadra Navale, Ammiraglio Aurelio De Carolis; Luca Andreoli, Amministratore Delegato di Difesa Servizi. Il Capitano di Vascello Giuseppe Lai, Comandante di Nave Amerigo Vespucci è intervenuto alla cerimonia insieme a una rappresentanza dell’equipaggio di Nave Vespucci".