È scoppiato appena pochi giorni fa il caso del dipendente del British Museum licenziato con l’accusa di aver rubato numerosi reperti dalle collezioni non esposte del Museo, ma ora, riporta il Times citando fonti della polizia inglese, sembra che la sottrazione di opere sia andata avanti per almeno vent’anni. “Molti degli oggetti – afferma la fonte citata dal quotidiano – sono stati venduti per poche centinaia di sterline. Alcuni sono stati semplicemente fusi”.

Ma non è tutto. Già nel febbraio 2021 il mercante d’arte Ittai Gradel aveva inviato all’istituzione museale un’email di avvertimento in cui si diceva preoccupato per aver individuato in vendita su eBay parti di gioielli risalenti ad epoca romana. Il vicedirettore Jonathan Williams, sempre secondo la ricostruzione del Times, ha però risposto all’email solo cinque mesi dopo, affermando di aver condotto un’indagine approfondita sulla questione che non aveva rilevato alcun indizio di eventuali illeciti.

Peter John Higgs, questo il nome del dipendente di 56 anni licenziato, era un curatore addetto alle collezioni sulla Grecia antica. Il suo caso ha suscitato la preoccupazione degli esperti d’arte e non solo, arrivando a scatenare anche una vera e propria polemica internazionale. “L’istituzione non può più affermare che i reperti ellenici sono protetti”, ha denunciato la direttrice dell’Associazione degli archeologi greci Despina Koutsoumba, rilanciando così l’annosa diatriba sui marmi del Partenone custoditi a Londra e rivendicati dalla Grecia. “Devono essere restituiti perché non sono al sicuro”, ha dichiarato l’archeologa in un’intervista a Bbc Radio. A risponderle è stato il deputato conservatore Tim Loughton, presidente del gruppo di lavoro parlamentare per il British Museum, il quale ha obiettato che la scomparsa dei reperti, per quanto rappresenti un fatto grave, “non mette certo in discussione la sicurezza offerta dal museo di Londra per i tesori custoditi al suo interno”, additando inoltre la parte greca di “palese opportunismo”.

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