Gianmarco Tamberi è campione del mondo: “Pazzesco, non riesco neanche a sentirmelo dire”. L’azzurro medaglia d’oro nel salto in alto a Budapest commenta a caldo una prestazione già entrata nella storia dell’atletica italiana. “È una sensazione unica, riuscire a battere atleti che sembrano supereroi”, dice Gimbo. Che ha saltato fino a 2,36, mettendosi alle spalle tra gli altri anche Mutaz Essa Barshim, il qatariota grande favorito e grande amico con cui aveva condiviso l’oro olimpico di Tokyo. Tamberi dopo aver vinto è un fiume in piena: il solito show teatrale in pista, con tanto di tuffo nella vasca dei 3mila siepi, il solito entusiasmo davanti ai microfoni.
“Conosco gli avversari, sapevo che poteva servire più di 2,38 per vincere. Ho cercato di essere me stesso in pedana, di rimanere concentrato, e a 2,36 mi sono reso conto che era un possibile match point. Se c’è un’opportunità, devi mettercela tutta. Mi sento ripagato di tutti i sacrifici fatti, so quanto ho investito nel mio team e questo non è uno sport individuale, se c’è un lavoro di squadra che richiede tanta dedizione. Quando si cambia guida tecnica dopo dodici anni si esce dalla comfort zone e la paura è tanta, mi sono caricato di tante responsabilità“, ha spiegato il neo campione del mondo del salto in alto.
La voce di Tamberi però cambia quando è il momento della dedica. “Mio papà Marco – ha ricordato l’azzurro – mi ha insegnato a saltare, quello che ho fatto oggi è anche grazie al percorso condotto insieme a lui”. Padre e allenatore, prima della separazione burrascosa: “Dedico la medaglia a mio padre con cui non parlo“. L’azzurro si racconta: “Non è stato facile separarmi da lui, digerire un cambiamento del genere, non ci parliamo da tanto tempo ma è merito anche di quello che mi ha insegnato”. E poi Tamberi conclude: “Devo ringraziare Giulio Ciotti e Michele Palloni per come si sono approcciati a questa nuova sfida, un team affiatatissimo”.