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Yevgeny Prigozhin: dal chiosco di hot dog al Cremlino, il ritratto del mercenario di Putin

È riuscito ad accreditarsi presso il Cremlino, a istituire un gruppo di mercenari – la Wagner – che rappresenta gli interessi di Mosca in diversi Paesi africani. E si era tramutato nell’uomo di fiducia di Putin fino allo scorso 24 giugno, quando ha tentato di marciare sulla capitale russa per un colpo di Stato. Da allora le informazioni che lo riguardavano erano sempre più diradate e nebulose. Ma come è riuscito Yevgeny Prigozhin a guadagnarsi la fiducia di Putin?

Le cronache pietroburghesi raccontano che tutto cominciò da un chioschetto di hot dog. Yevgeny Prigozhin non aveva neanche 30 anni ed era appena uscito di galera. Da quel chiosco la sua fortuna si moltiplicò rapidamente in una serie di ristoranti aperti a San Pietroburgo e poi in società di catering per il Cremlino e l’esercito. Così Prigozhin entrò nelle stanze del potere, conquistando il soprannome di ‘chef di Putin’. E costruendo la potente brigata Wagner, braccio armato del presidente russo che, nella sua veste di milizia privata, è intervenuta in Siria, Africa e infine in Ucraina. Fino alla recente, repentina trasformazione, con lo stesso Prigozhin diventato il nemico numero uno dello zar dopo il tentato ammutinamento del 24 giugno.

Il carcere e i ristoranti – Nato nella stessa città del presidente russo, San Pietroburgo, nel 1961, Prigozhin aveva nove anni in meno di Putin. Ma le prime fasi della sua vita si svolgono ad anni luce dal Cremlino e sempre sul filo dell’illegalità. Nel 1981, secondo il sito investigativo Meduza, viene arrestato e condannato a 13 anni di carcere per furto e altri crimini. La pena viene ridotta a nove anni e Prigozhin, tornato libero, decide di star lontano dai guai, aprendo con l’aiuto del padre un chiosco di hot dog. Gli affari vanno bene e Prigozhin si dimostra un abile investitore. Apre un primo ristorante, ‘La vecchia dogana’. Poi un secondo locale, questa volta di lusso, situato su un battello sulla Neva: ‘New Island’. E’ lì che Putin ama portare i suoi illustri ospiti, da Jaques Chirac a George W. Bush. Ma lo chef di Putin non si ferma: apre più società di catering al servizio dei militari e delle mense del potere. E allarga il suo raggio di azione. Istituendo una fabbrica di troll che, secondo gli Usa e l’Occidente, avrebbe interferito pesantemente nelle elezioni americane e in altri Paesi alleati.

I mercenari – La creatura più famosa di Prigozhin resta però la brigata Wagner. “Senza pietà , senza vergogna, senza legge”, si legge in una descrizione del New York Times. La Wagner non è inquadrata istituzionalmente nell’esercito russo ma riceve copiosi finanziamenti dal Cremlino. Nel 2018, parlando di Prigozhin in un incontro con Donald Trump, Putin si limitava a descriverlo come “un privato cittadino”. Il gruppo però, nel frattempo, estende i suoi tentacoli in Medio Oriente, in Libia, nell’Africa sub-sahariana. E in Ucraina. Con l’inizio dell’invasione russa, il 24 febbraio 2022, lo chef di Putin diventa uno dei protagonisti della guerra. In primavera Prigozhin si fa fotografare in mimetica, nel Donbass. Mettendo in chiaro, anche nei confronti del Cremlino, che l’operazione speciale si regge anche sulla Wagner e – a detta del suo fondatore – sui 50mila uomini da lui schierati. A novembre, la Wagner viene inclusa dall’Eurocamera nella lista delle organizzazioni terroristiche. Prigozhin risponde mostrando il suo regalo agli eurodeputati: la custodia di un violino, con dentro un martello insanguinato.

Dall’Ucraina i video dello chef di Putin aumentano esponenzialmente, così come la crudezza delle immagini da lui postate. E anche le sue invettive: prima contro le colombe russe, poi contro i vertici militari, più volte tacciati di incompetenza. A partire dal ministro della Difesa Sergei Shoigu, colpevole a suo dire di aver abbandonato la Wagner sul fronte di Bakhmut senza munizioni né supporto aereo, e perfino di aver bombardato una sua base. È l’inizio della fine dell’idillio tra Prigozhin e il Cremlino. La marcia degli ammutinati verso Mosca del 24 giugno segna il punto di non ritorno: da quel giorno, per chi conosce le cose russe, Prigozhin diventa “un morto che cammina”.