Mentre i due ormai ex duellano da qualche giorno in tribunale per i 700 mila euro di cui la Seymandi si sarebbe appropriata e che ora Segre rivuole indietro, emergono altri dettagli inediti
“Ho dovuto far intervenire la Polizia per accompagnarmi e permettermi di recuperare i miei effetti personali”. Saranno anche due personaggi della “Torino bene”, ma la vicenda che ha come protagonisti Massimo Segre e Cristina Seymandi continua ad avere i contorni di una soap opera che più nazional popolare non si può. Dopo l’ormai celebre video, che dalla collina torinese è rotolato giù in città per poi diventare virale, è accaduto di tutto. O meglio, quasi tutto. E mentre i due ormai ex duellano da qualche giorno in tribunale per i 700 mila euro di cui la Seymandi si sarebbe appropriata e che ora Segre rivuole indietro, emergono altri dettagli inediti. Che a divulgare è ancora una volta la diretta interessata, con una seconda lettera al Corriere della Sera (diffusa ieri sera da lei stessa con un lungo messaggio vocale trasmesso da Zona Bianca, su Rete4) in cui precisa e smentisce diverse notizie degli ultimi giorni. A cominciare dall’anello di fidanzamento, uno zaffiro appartenuto alla madre del commercialista torinese, che pare essere misteriosamente sparito nel nulla quindici giorni prima della festa fatale.
“C’è chi ha ‘letto’ nelle mie parole un’accusa a Massimo Segre di averlo ripreso in sua disponibilità. Ma tra i tanti difetti che ho non c’è la mancanza di schiettezza, e se avessi voluto accusare Massimo di essersi appropriato dell’anello lo avrei detto platealmente. Sono stata chiara: quell’anello è sparito 15 giorni prima di quella maledetta serata del 27 luglio, ed è vero”, scrive la Seymandi, specificando di non averlo preso né perso. Poi la rivelazione inaspettata: “Da quella serata non mi è stato più permesso di entrare nella casa dove risiedevo con Massimo, e ho dovuto far intervenire la Polizia per accompagnarmi e permettermi di recuperare i miei effetti personali”. Ma chi l’ha preso? Non si capisce. “Chi se ne appropriato – danneggiando sia me, perché tenevo molto a quell’oggetto, che Massimo, perché per lui era un caro ricordo di famiglia – farà i conti con la propria coscienza”. Poi l’imprenditrice va dritta al punto sui 700mila euro e bolla come bufala l’appropriazione con trasferimento su un suo conto senza che Segre ne sapesse nulla: “Quel trasferimento di denaro era vecchio di 5 mesi, molto precedente quindi alla nostra separazione, resa eclatante dalla scelta di Massimo di celebrarla in pubblico, ed era un trasferimento di denaro espressamente autorizzato da Massimo stesso, rientrante in movimenti di carattere patrimoniale all’interno della nostra coppia, legata come tutti ormai sapere sapete sia sotto il profilo affettivo che sotto quello imprenditoriale”. A stabilire chi ha ragione saranno i giudici del tribunale di Torino. Intanto la soap continua.