E’ veramente una vergogna. Ma, con tutto quello che sta succedendo, come è possibile pensare di sversare a mare 1.343.227 metri cubi di acque reflue radioattive prodotte dalla centrale Fukushima Daiichi distrutta dal terremoto del 2011, di cui, come ricorda Greenpeace, visto il fallimento della tecnologia di trattamento Alps, solo il 30% risulta in qualche modo trattato?

Ed è ancora più vergognoso che questo accada addirittura con il consenso dell’International Atomic Energy Agency (Iaea) la quale, tuttavia, ha condotto solo indagini parziali e senza effettuare una completa valutazione di impatto ambientale, come richiesto dagli obblighi legali internazionali. Tanto più che, comunque, in tal modo, “nei prossimi anni, altre decine di migliaia di tonnellate di acqua contaminata continueranno ad accumularsi senza alcuna soluzione efficace”.

Del resto, non c’è bisogno di essere grandi scienziati per capire che nessuno può seriamente garantire che la immissione in mare di una quantità così massiccia di acque contenenti trizio, carbonio-14, stronzio-90 e iodio-129 sia priva di conseguenza per l’ambiente e per coloro che in questo ambiente vivono o da esso dipendono. Tanto è vero che il principio di precauzione è uno dei cardini fondanti della politica comunitaria; e pertanto, “conformemente a tale principio, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte, quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi”; con la conseguenza, evidenziata dal Consiglio di Stato (Sez. IV, n. 4227, 21 agosto 2013), che “l’applicazione del principio di precauzione comporta che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali”.

Con l’aggravante, in questo caso, che si tratta di uno sversamento radioattivo inquinante così massiccio che certamente non si può calcolare a tavolino quali saranno le conseguenze, specie a lungo termine, su un ambiente che, come constatiamo ogni giorno, già è ai limiti della sopravvivenza.

Non a caso, molto opportunamente, dal febbraio 2022, la nostra Costituzione “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni”, aggiungendo che “l’iniziativa economica privata non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute e all’ambiente”. Proprio il contrario di quello che si accinge a fare il Giappone, commettendo un gravissimo crimine contro l’ambiente e l’umanità.

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