“Lunedì vado a Miami, e non so se torno“. Mauro Repetto salutò così Max Pezzali nell’aprile del 1994. Erano i tempi (d’oro) degli 883, eppure Repetto voleva altro dalla vita, e lo racconta in un libro intitolato Non ho ucciso l’Uomo ragno. Gli 883 e la ricerca della felicità in uscita il 19 settembre per Mondadori. “È stato uno di quegli attimi impossibili da dimenticare” spiega a Repubblica, e partendo dalla hit Gli anni fa sapere: “Da un lato mi rendevo conto che il pezzo che Max aveva concepito era un capolavoro, dall’altro l’incipit della canzone – ‘Stessa storia, stesso posto, stesso bar’ – mi dava la claustrofobia. Perché guardava indietro, mentre io volevo andare avanti. Volevo Los Angeles, Hollywood; volevo esplorare altri sogni”.
Poco dopo Repetto ci ha provato come solista, ma l’album Zuccherofilatonero non è decollato: “Una torta nuziale che è cascata per terra, e che ho provato senza troppa fortuna a rimettere in piedi”, lo definisce lui. Una scelta coraggiosa quella di mollare Pezzali nel momento di massimo successo, e di cui non si è pentito: “Se rivivessi la mia vita, credo che rifarei tutto esattamente allo stesso modo. Perché le cose che ho fatto sono quelle che in quel momento sentivo di dover fare. Non esistono scelte giuste o sbagliate, esiste quello che ti senti di fare”. Poi la nuova vita in Francia: “Ho scoperto quello che i francesi chiamano ‘métro, boulot, dodo’ – cioè ‘metropolitana, lavoro e nanna’ – e ho capito che in quel momento l’anonimato era ciò che desideravo di più al mondo. Ma anche durante la stagione degli 883: l’eccitazione stava più nel creare una canzone, nel lavorarci e vedere che prendeva forma. Più quello, che non suonarla di fronte a centomila persone“.