La crisi dei semiconduttori è costata una mancata produzione di oltre 9 milioni di veicoli: nel 2022 ne sono stati fabbricati 85 milioni a livello globale, il 6% in più rispetto al 2021, ma ancora l’8% in meno a confronto con il 2019 (92 milioni). La stima è della società di analisi statunitense Automotive Forecast Solutions, il cui quartier generale si trova in Pennsylvania. Il dato riguarda 32 mesi, dall’inizio del 2021 fino all’agosto di quest’anno. Malgrado la disponibilità di microprocessori sia nel frattempo tornata a livelli quasi normali (per effetto dell’elettrificazione è cresciuta anche la domanda), anche per quest’anno la AFS ha previsto una nuova contrazione forzata della produzione: circa 580.000 auto in meno.

Il dato peggiore è che quei 9,08 milioni di mancata produzione non potranno più venire recuperati: si tratta di 3,66 milioni di veicoli in Nord America, 2,73 milioni in Europa e 1,17 milioni in Cina. L’Asia è risultata la regione meno esposta sia perché è quella da dove arriva la maggior parte di questi componenti sia perché anche durante il Covid la Corea del Sud (ad esempio) aveva ridotto in modo significativo le restrizioni per gli operatori del settore che dovevano viaggiare. Non è probabilmente un caso che Hyundai, l’ottavo gruppo più colpito, sia riuscito a recuperare gran parte della produzione persa.

Almeno dal punto di vista italiano e francese, il dato ancora peggiore è quello che riguarda Stellantis, il gruppo al mondo che con la sua molteplicità di marchi è risultato il più penalizzato in assoluto dalla crisi, che è costato alla multinazionale dell’auto oltre 2,25 milioni di veicoli (2,4 stimati dalla AFS) di cui quasi 1,5 milioni non potranno più venire recuperati: volumi e ricavi persi, insomma.

Il primo gruppo al mondo, ossia il colosso nipponico Toyota, è il secondo maggiormente colpito in termini assoluti (2,2 milioni), ma la perdita secca è quasi la metà rispetto a Stellantis, circa 800.000 pezzi. L’americana General Motors è tuttavia la casa automobilistica generalista e di volumi che archivierà la crisi con il peggior rapporto tra mancata produzione e produzione persa, oltre il 70%: 1,9 e 1,4 milioni. Poi, nell’ordine, Nissan/Mitsubishi (1,4 milioni, 650.000), il gruppo Volkswagen (1,3 milioni, 800.000), Ford, Honda, la citata Hyundai, la joint venture cinese tra Volkswagen e FAW e Mercedes-Benz, che seppur con volumi contenuti (circa 300.000 unità di mancata produzione) seconda la AFS ne ha dovuti contabilizzare due terzi sfumati per sempre. Il primo gruppo interamente cinese censito dalla società di analisi compare al ventesimo posto: è Geely, proprietaria di Volvo Cars, che controlla Lotus e azionista fra gli altri di Mercedes-Benz (ha anche il 50% di smart) e di Aston Martin, peraltro con una mancata produzione di appena 200.000 veicoli, l’80% dei quali poi recuperati.

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