Il paesaggio dei ghiacciai in Italia, con il loro costante ritiro e fusione dovuta al grande caldo, sta cambiando repentinamente. Lo evidenzia una spedizione congiunta di Greenpeace Italia e del Comitato Glaciologico Italiano (CGI) organizzata su due dei maggiori ghiacciai italiani. Al termine della prima tappa, che si è svolta dal 21 al 24 agosto al ghiacciaio dei Forni, in Alta Valtellina, nel Parco Nazionale dello Stelvio, durante l’eccezionale ondata di calore che ha sconvolto le montagne di tutta Italia, le conclusioni sono preoccupanti.

Il ghiacciaio dei Forni sta perdendo il 50% in più di spessore per fusione rispetto al 2022. Nella zona più bassa della lingua glaciale non coperta da detrito, le nostre misurazioni di questi giorni hanno segnalato la perdita di 37 centimetri di spessore di ghiaccio in appena quattro giorni, un dato decisamente superiore alla media, che di solito era di 6 centimetri al giorno”, afferma Guglielmina Diolaiuti, glaciologa e professoressa di geografia all’Università degli Studi di Milano, componente del CGI in un video reportage realizzato da Greenpeace.

Le trasformazioni sul ghiacciaio sono evidenti anche a occhio nudo. “Veniamo dall’estate terrificante del 2022 e speravamo che il 2023 avrebbe comportato una situazione diversa per i nostri ghiacciai, ma purtroppo sta peggiorando – spiega invece il glaciologo Claudio Smiraglia, già presidente del CGI e membro del network di esperti ed esperte Voci per il clima promosso da Greenpeace Italia – In queste giornate lo zero termico è stato sempre oltre i 4.000 metri, a volte oltre i 5.000 metri, perciò tutto il ghiacciaio dei Forni è ai livelli di fusione. Questo libera una grande quantità di acqua che nei prossimi anni causerà una riduzione enorme dei volumi del ghiacciaio e quindi anche un minor rilascio idrico estivo con impatti non trascurabili anche in pianura. Se le temperature nei prossimi giorni continueranno a seguire questa tendenza al rialzo, il ghiacciaio subirà delle conseguenze gravissime“.

Nel lungo periodo, infatti, se il ghiacciaio si assottigliasse troppo, verrebbe meno un’importante riserva d’acqua, “essenziale sia per gli ecosistemi sia per le attività umane, a partire dall’agricoltura”, scrive Greenpeace in una nota.

Le proiezioni basate sugli scenari climatici “suggeriscono che entro il 2060 fino all’80% della superficie dei ghiacciai italiani alpini sarà scomparsa, con enormi impatti sui volumi di acqua di fusione rilasciata”. La conseguenza? “Tra 30-40 anni avremo delle siccità sempre più intense anche a valle – continua Diolaiuti – Dobbiamo renderci conto che la responsabilità è in gran parte nostra: è indubbio che le attività antropiche, in primis le emissioni derivanti dalla combustione dei combustibili fossili, abbiano determinato un aumento di gas climalteranti che sono i principali responsabili del riscaldamento atmosferico attuale. La temperatura sta aumentando in maniera molto rapida, un aumento mai visto nel recente passato che va di pari passo proprio con il ritiro dei ghiacciai, migliori testimoni dei cambiamenti climatici”.

Un caldo estremo che Smiraglia, in quota, non ha mai vissuto: “Nell’arco di pochi anni la lingua dei Forni sarà senza alimentazione e diventerà ghiaccio morto, simbolo della crisi climatica che stiamo vivendo», conclude Smiraglia”.

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