Il governo tedesco potrebbe arrivare a un tetto al prezzo dell’energia per le industrie energivore impegnate nella transizione energetica. Dopo la proposta del ministro dell’Economia Robert Habeck (Verdi), arriva anche il via libera della direzione del gruppo parlamentare dell’Spd che ora mette in imbarazzo il cancelliere Olaf Scholz che finora si è sempre detto contrario alla misura. Il progetto ora sarà discusso dall’intero gruppo degli eletti socialdemocratici. Secondo la proposta del direttivo dell’Spd al Bundestag si introdurrebbe un prezzo sovvenzionato di 5 cent kWh mentre lo Stato si farebbe carico della differenza rispetto al prezzo di mercato che attualmente è di circa 8,95 cent kWh. Il prezzo calmierato dovrebbe essere applicato inizialmente per cinque anni nei quali lo sviluppo delle energie rinnovabili avanzi a ritmo serrato. Dopo due anni, il tetto sarebbe verificato e nel caso modificato, e dopo altri due venir deciso se necessario prolungarlo. Il finanziamento sarebbe garantito attraverso il fondo federale straordinario di stabilizzazione economica, già esistente. Appena una settimana fa Scholz si era detto scettico rispetto ad interventi sul prezzo dell’energia all’industria: “Non possiamo permetterci un fuoco di paglia finanziato col debito che rinfocolerebbe l’inflazione – aveva spiegato – oppure una sovvenzione permanente a pioggia dei prezzi energetici; perciò, non ci sarà. Sarebbe economicamente sbagliato, fiscalmente instabile e porrebbe sicuramente gli incentivi sbagliati”.
Proprio da queste obiezioni prende tuttavia ora le mosse il progetto del suo stesso partito: “Nessuno vuole sovvenzioni permanenti né alimentare un fuoco di paglia – ha sottolineato il capogruppo Rolf Mützenich ai giornali del gruppo Funke – Occorre appoggiare in modo intelligente la nostra economia ed accelerare lo sviluppo delle energie rinnovabili”. Mützenich ha sottolineato che il partito non vuole fare pressione sul cancelliere e però la proposta dell’Spd è ancora più radicale di quella iniziale del ministro Habeck che prevedeva un prezzo di 6 cent kWh e che finora ha trovato aperto scetticismo anche dagli alleati di governo dei liberali della Fdp.
Il partito socialdemocratico fa dunque propria la tesi di Habeck per cui le industrie energivore che lavorano in settori vitali per la trasformazione energetica – come la produzione di batterie, turbine eoliche o pompe di calore – devono essere sostenute anche dopo il venire meno nella prossima primavera del “freno al prezzo dell’energia” che fu deciso all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina. Ciò per poter permettere all’economia tedesca di conservare competitività alla luce di costi energetici che in Germania sono complessivamente più alti rispetto alla media internazionale ed “un veleno per le decisioni di investimento”. Habeck aveva ipotizzato fin da maggio l’introduzione di un “prezzo ponte dell’energia” di 6 cent kWh fino al 2030 per un nucleo di percettori chiaramente definito, prevedendo che il finanziamento attraverso il fondo di stabilizzazione economica costerebbe mediamente allo Stato 4 miliardi di euro all’anno. I costi all’inizio potrebbero essere più alti, ma poi calerebbero nel lungo termine al “prezzo dell’energia di trasformazione” allorché l’industria si gioverebbe del costo più economico derivante dalle energie rinnovabili.
Il presidente della Bdi, la Confindustria tedesca, Siegfried Russwurm ha obiettato che l’espansione veloce delle energie rinnovabili e dello stoccaggio sono essenziali, come la costruzione di impianti di produzione di centrali elettriche a gas di grande capacità capaci di essere alimentate con l’idrogeno, ma le imprese di qualsiasi dimensione minacciate da esorbitanti prezzi energetici nella loro competitività ed esistenza hanno bisogno di sollievo immediato. Da dati Eurostat il carico fiscale sull’energia in Germania nella seconda metà del 2022 era al 10% ed il sesto più elevato dell’Ue. D’altronde la seconda industria tedesca dell’acciaio, la Salzgitter, o l’Associazione dell’industria chimica tedesca ritengono un price-cap energetico irrinunciabile ed auspicano un tetto tra 4 e 6 cent kWh. L’anno scorso (dati Associazione federale dell’energia e dell’acqua) il settore chimico pagò la corrente elettrica oltre 18 cent kWh.
Per il primo dirigente del sindacato dei metallurgici IG Metall, Jörg Hofmann, l’impostazione di Habeck di concentrarsi sull’industria energivora è corretta, accoppiando le sovvenzioni pubbliche al prezzo dell’energia per concreti progetti di trasformazione dell’industria metallurgica e metalmeccanica a garanzie di localizzazione, impiego ed osservanza dei salari. Adesso pure il sindacato delle industrie chimiche ed energetiche Igbce saluta con favore anche la nuova proposta della Spd.
In verità il costo dell’energia industriale in Germania è nella media europea anche se dal 2021 è in continua ascesa; l’Eurostat indica per l’utenza industriale un prezzo nella seconda metà del 2022 pari a 20 cent kWh superiore solo rispetto ad altri 11 Stati Ue. L’Italia nello stesso periodo era al di sopra dei 30 cent kWh. In generale in Europa l’energia costa comunque il triplo rispetto ad Usa e Canada ed almeno un terzo in più del Giappone. Berlino, nonostante la conclusione di accordi con giganti come Intel, Tsmc, Wolfspeed e Tesla (i primi ancora in attesa di via libera Ue), teme dunque che diverse realtà industriali possano definitivamente girarle le spalle. Un’indagine della Camera dell’industria e del commercio tedesca – ripresa dall’Handesblatt – registrava già ad aprile che il 32% delle imprese tedesche investe all’estero per risparmiare sui costi. Ciò, anche a fronte di carenze di manodopera qualificata ed infrastrutturali, a cui pure la coalizione semaforo sta cercando di porre riparo con forti investimenti e leggi, come quella appena concordata, per facilitare l’acquisizione della cittadinanza. Il Paese d’altronde ha ancora una forte burocrazia per le concessioni che grava sui tempi di realizzazione dei siti di energie rinnovabili. Per i trasporti speciali delle componenti di una torre eolica, ad esempio, i vettori devono affrontare centinaia di pagine di formulari di richiesta diversi per ogni Land ed operazioni di pianificazione delle tratte che mediamente richiedono oltre un mese. Nella vicina Olanda per operazioni analoghe basta spesso solo una settimana. Il Pil tedesco da aprile a giugno è fermo rispetto al trimestre anteriore, le esportazioni sono calate dell’1,1% e le importazioni stagnano.
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Nella foto in alto | Il vapore sale da una centrale elettrica a carbone vicino alle pale eoliche a Niederaussem, non lontano da Colonia.