“Nel drammatico frangente che l’Europa sta vivendo, con il protrarsi della guerra in Ucraina, siamo chiamati a un sussulto di responsabilità. La mia speranza è che si dia spazio alle voci di pace, a chi si impegna per porre fine a questo come a tanti altri conflitti, a chi non si arrende alla logica ‘cainista’ della guerra ma continua a credere, nonostante tutto, alla logica della pace, alla logica del dialogo, alla logica della diplomazia”. È l’appello che Papa Francesco ha rivolto in occasione del conferimento del Premio “è Giornalismo”. Bergoglio ne ha approfittato per tornare a parlare del conflitto in corso: “Mi preoccupano ad esempio le manipolazioni di chi propaga interessatamente fake news per orientare l’opinione pubblica. Per favore, non cediamo alla logica della contrapposizione, non lasciamoci condizionare dai linguaggi di odio”.

Ai presenti, ricevuti nella biblioteca privata del Palazzo Apostolico in Vaticano, il Papa ha anche svelato un piccolo segreto: “Dovete sapere che io, ancora prima di diventare vescovo di Roma, ero solito declinare l’offerta di premi. Mai ne ho ricevuti, non volevo. E ho continuato a fare così anche da Papa. C’è però un motivo che mi ha spinto ad accettare il vostro, ed è l’urgenza di una comunicazione costruttiva, che favorisca la cultura dell’incontro e non dello scontro; la cultura della pace e non della guerra; la cultura dell’apertura verso l’altro e non del pregiudizio. Voi siete tutti illustri esponenti del giornalismo italiano. Permettetemi, allora, di confidarvi una speranza e anche di rivolgervi con tutta franchezza una richiesta di aiuto. Ma non vi chiedo soldi, state tranquilli!”.

La speranza di Francesco è “che oggi, in un tempo in cui tutti sembrano commentare tutto, anche a prescindere dai fatti e spesso ancora prima di essersi informati, si riscopra e si torni a coltivare sempre più il principio di realtà – la realtà è superiore all’idea, sempre –: la realtà dei fatti, il dinamismo dei fatti; che mai sono immobili e sempre si evolvono, verso il bene o verso il male, per non correre il rischio che la società dell’informazione si trasformi nella società della disinformazione. La disinformazione è uno dei peccati del giornalismo, che sono quattro: la disinformazione, quando un giornalismo non informa o informa male; la calunnia (a volte si usa questo); la diffamazione, che è diversa dalla calunnia ma distrugge; e il quarto è la coprofilia, cioè l’amore per lo scandalo, per le sporcizie, lo scandalo vende. La disinformazione è il primo dei peccati, degli sbagli – diciamo così – del giornalismo. Per far questo, però, c’è bisogno di diffondere una cultura dell’incontro, una cultura del dialogo, una cultura dell’ascolto dell’altro e delle sue ragioni. La cultura digitale ci ha portato tante nuove possibilità di scambio, ma rischia anche di trasformare la comunicazione in slogan. No, la comunicazione è sempre andata e ritorno. Io dico, ascolto e rispondo, ma sempre dialogo. Non è uno slogan”.

Bergoglio, poi, ha rivolto ai presenti la sua richiesta: aiutarlo a raccontare il processo sinodale in corso con i due Sinodi dei vescovi in programma dal 4 al 29 ottobre 2023 e nell’ottobre 2024. “Capisco benissimo – ha sottolineato il Papa – che parlare di ‘Sinodo sulla sinodalità’ può sembrare qualcosa di astruso, autoreferenziale, eccessivamente tecnico, poco interessante per il grande pubblico. Ma ciò che è accaduto nell’anno appena passato, che proseguirà con il momento assembleare del prossimo ottobre e poi con la seconda tappa del Sinodo 2024, è qualcosa di veramente importante per la Chiesa”. E ha aggiunto: “Per favore, abituarci ad ascoltarsi, a parlare, a non tagliarsi la testa per una parola. Ascoltare, discutere in modo maturo. Questa è una grazia di cui abbiamo bisogno tutti noi per andare avanti. Ed è qualcosa che la Chiesa oggi offre al mondo, un mondo tante volte così incapace di prendere decisioni, anche quando in gioco è la nostra stessa sopravvivenza. Stiamo cercando di imparare un modo nuovo di vivere le relazioni, ascoltandoci gli uni gli altri per ascoltare e seguire la voce dello Spirito. Abbiamo aperto le nostre porte, abbiamo offerto a tutti la possibilità di partecipare, abbiamo tenuto conto delle esigenze e dei suggerimenti di tutti. Vogliamo contribuire insieme a costruire la Chiesa dove tutti si sentano a casa, dove nessuno sia escluso. Quella parola del Vangelo che è tanto importante: tutti. Tutti, tutti: non ci sono cattolici di prima, di seconda e di terza classe, no. Tutti insieme. Tutti. È l’invito del Signore. Per questo – ha concluso Francesco – oso chiedere aiuto a voi, maestri di giornalismo: aiutatemi a raccontare questo processo per ciò che realmente è, uscendo dalla logica degli slogan e di racconti preconfezionati. No, la realtà. Qualcuno diceva: ‘L’unica verità è la realtà’. Sì, la realtà. Ne trarremo tutti vantaggio e, ne sono certo, anche questo ‘è giornalismo’”.

Twitter: @FrancescoGrana

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