E’ il quinto golpe della serie nel Niger dopo l’indipendenza ottenuta dalla Francia, come molti altri Paesi africani, nel 1960. Lo stadio nazionale di Niamey porta il nome del presidente Seyni Kountché, il militare autore del primo colpo di stato una dozzina d’anni dopo l’indipendenza citata. Nel breve arco della Repubblica si è visto il possibile e l’inimmaginabile in uno stato di diritto. Il Presidente militare Baré Mainassara, ad esempio, è stato barbaramente trucidato nel 1999 all’aeroporto della capitale dalla sua guardia ravvicinata. Gli autori del delitto e i mandanti non sono mai stati, a tutt’oggi, perseguiti penalmente. Il quinto golpe, in fase di sviluppo, appare singolare anche per la creativa modalità di esecuzione.
Il Presidente deposto, Mohamed Bazoum, si trova infatti prigioniero nel piano inferiore del suo palazzo e chi ha compiuto il golpe sono i militari della Guardia Presidenziale, in sé destinati a proteggerlo da quanto accaduto. Gli altri corpi militari si sono gradualmente allineati con gli autori del putsch che ha rovesciato il regime della settima Repubblica e sospeso la Costituzione con i partiti politici. Le minacce di intervento armato e le sanzioni economiche e politiche non hanno dato, almeno finora, nessun risultato di rilievo se non quello di compattare buona parte della popolazione attorno ai militari. Quanto al golpe stesso, atipico nell’esecuzione, contribuisce a creare, nel cuore della città, un misto di sentimenti ed emozioni.
Nel frattempo, il Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria, Cnps, ha provveduto alla nomina di un nuovo primo ministro, del ministri e dei governatori (militari) nelle differenti regioni in cui è suddivisa l’amministrazione del Paese. Ogni domenica e a volte anche durante la settimana, si assiste a manifestazioni popolari di appoggio alla giunta militare, specie quanto più forte suonano i ‘tamburi di guerra’ della Comunità degli Stati dell’Africa Occidentale – Cedeao. Per il resto, per la gente comune, tutto continua come sempre e la quotidiana lotta per l’esistenza si conferma e rafforza con le interruzioni più lunghe di luce, l’aumento dei prezzi e le frontiere che bloccano i camion pieni di mercanzie deperibili.
Nell’aria della capitale c’è un senso di incompiutezza e di attesa di ulteriori sviluppi che bene potrebbe esprimere il dramma di Samuel Beckett ‘Aspettando Godot’. Il protagonista che ha invitato i personaggi sulla scena e che non arriverà mai. I suoi vari porta parola ripetono che Godot manda a dire che arriverà non ora, ma ‘certamente domani’. Proprio questo sentimento di accadimento di un qualcosa o qualcuno sembra caratterizzare il momento di questo strano putsch. Tra tentativi di mediazione più o meno felici e minacce ricorrenti di intervento armato, scorre come il fiume Niger il sopravvivere quotidiano della gente qualunque. Chi più di lei, la sabbia, che tutto ascolta, sopporta e accoglie può comprendere che il colpo di stato si realizza nell’attesa di ‘Godot’ che, certamente, arriverà domani…