“Noi siamo gli invisibili. Pur lavorando per 800 euro al mese sono costretto a vivere in una tenda”. Salvatore (nome di fantasia) ha cinquant’anni e ogni sera monta la sua tenda di fronte a una vetrina di un negozio di moda a due passi da piazza San Babila, a Milano. Lavora come scaffalista notturno in un grande magazzino. “Dalle nove di sera alle due del mattino”. È uno degli almeno 3 milioni di italiani ridotti all’indigenza nonostante abbiano un’occupazione, come Il Fatto Quotidiano sta raccontando a puntate proprio in questi giorni raccogliendo le voci di chi è sfruttato e sottopagato. Lavorava come benzinaio ma allo scoppio della pandemia è stato licenziato ed è finito in strada. Dopo qualche anno, oggi è riuscito a trovare un posto ma questo, complice un mercato degli affitti fuori controllo, non basta per potersi permettere una casa.

Così ogni sera torna a dormire nella sua tenda. “Soltanto qualche ora perché poi alle sette ce le fanno smontare per aprire i negozi” ragiona, mentre prende un piatto di pasta dai volontari dell’associazione Mutuo Soccorso Milano che ogni settimana distribuiscono cibo e vestiti ai senza dimora della città. “In questa città per prendere una stanza dovrei pagare dai 600 ai 700 euro al mese – racconta – ma con ottocento euro non posso permettermelo”. Una storia estrema? In realtà nella sua situazione ci sono sempre più persone: “In questo periodo vediamo per strada tanta gente nuova”, spiega Salvatore.

“Ci sono due Milano: quella ricca e quella povera che non viene mai considerata – dice Salvatore – né il sindaco né gli assessori si sono degnati di prendere un monopattino e venire qui a chiedere di che cosa abbiamo bisogno”. Le priorità? “Mancano i bagni pubblici. In centro non ce ne sono e i locali non fanno entrare se non si consuma. Abbiamo bisogno di luoghi così. Non è bello vedere le donne che si mettono dietro alle colonne per fare i propri bisogni”. E poi c’è il tema della casa. “Perché non ci mettono a disposizione strutture abbandonate a se stesse? – si chiede Salvatore – Anche se dovessimo ristrutturarle con le nostre mani almeno ci darebbe la possibilità di avere un tetto. Così la gente non dovrebbe essere più costretta a vedere persone che vivono per strada”.

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