I prezzi proibitivi per i servizi offerti dai “peggiori delinquenti” – così definisce la Cnn i titolari degli stabilimenti balneari italiani che, per il noleggio giornaliero di lettino e ombrellone, chiedono in media tra i 50 e i 150 euro – non sono neppure la peggiore delle storture prodotte da decenni di privilegi e rendite accordati alla lobby dei balneari. Mentre l’orientamento di Francia, Spagna, Portogallo, Grecia e Croazia è nella direzione della tutela del carattere pubblico delle coste e contro la privatizzazione del demanio, attraverso il rilascio di licenze e concessioni regolate da rigidi criteri che mettono in primo piano la salvaguardia dell’ambiente, l’Italia, in cambio di una “mancia” di Stato, ai balneari concede tutto, anche di indirizzare l’estetica dominante dei nostri litorali, spesso squalificati e mortificati proprio dagli stessi stabilimenti.
La concessione è il titolo che permette la realizzazione di costruzioni stabili finalizzate allo sviluppo di attività turistiche, ed è questo il guasto peggiore che è stato inflitto alle nostre spiagge, perché le amministrazioni hanno delegato la responsabilità del decoro ai titolari degli stabilimenti. Nel corso degli anni il proliferare indiscriminato, spesso sciatto e approssimativo, di ampliamenti, ammodernamenti e sopraelevazioni degli impianti, ha generato un paesaggio disorganico, frammentato, sconnesso, con il risultato che i nostri litorali, nella maggior parte dei casi, mancano di armonia e continuità.
In un breve tratto di pochi chilometri è possibile imbattersi nello stabilimento in calcestruzzo, “discreto” come un autogrill della Roma-Napoli e subito dopo in quello in legno, “grazioso” come una baita di montagna. Seguito dall’immancabile impianto con la successione di archi in “stile messicano” e da quello pretenzioso, completo di timpani, colonne e capitelli; inevitabile lo stabilimento “sovietico”, privo di qualsiasi connotazione estetica perché doveva costare niente.
La totale mancanza di progettualità e di visione d’insieme delle amministrazioni ha consentito che negli anni le spiagge date in concessione divenissero l’estensione domestica dei loro titolari. Le recinzioni e i volumi accessori dello stabilimento sono stati realizzati secondo la loro disponibilità economica e gusto personale: chi ha usato l’incannucciata, chi l’inferriata, chi ha preferito il vetro, chi ha deciso per la muratura – rendendo la vista del mare, in alcuni tratti, un miraggio. E per finire, la scelta del colore: cabine, palizzate, cancellate; stabilimenti tinteggiati di rosso, bianco, azzurro. Non importa, come in un grande negozio di Leroy Merlin, le spiagge in concessione fanno somigliare i nostri litorali a una galleria espositiva della grande distribuzione specializzata in bricolage, fai-da-te, edilizia, giardinaggio, decorazione.
Sono questi i “custodi “dei nostri litorali? Sono i balneari, quelli che – nell’idea della titolare del Turismo Daniela Santanchè – salveranno le nostre spiagge da “tossici e rifiuti”?