“La mia prima volta a Venezia? Fu nel 1961, vinsi un premio con un documentario sul processo di Vichy, ma ero in vacanza e non venni a ritirare il premio. Tutto qui. E fu per me una rivelazione che ci fossero ancora dei nazisti in giro, del resto ce ne sono ancora in giro.. così come c’è gente che nega la Storia, nega l’esistenza dei lager, ecco i negazionismi li legherei a una poltrona davanti alle tremende verità storiche”. Così, Liliana Cavani, lapidaria e lucidissima, combattente, sarcastica e ovviamente coltissima, portatrice straordinaria di quei 90 anni senza tempo che la collocano nella costellazione degli eterni contemporanei, come Polanski e Wiseman, giusto per citare due suoi (più o meno) coetanei quest’anno anche loro in Mostra. Ma è alla grande e poliedrica cineasta modenese che Venezia 80 consegnerà mercoledì sera il Leone d’oro alla Carriera. “Sono felice di essere qui, certo è forse uno dei momenti più belli della mia carriera”.
Un riconoscimento per oltre settant’anni di lavoro tra cinema, tv, lirica, in formati e lunghezze diverse, tutti affrontati con la medesima professionalità, serietà, vivacità. Una passione per la scienza specie quando rapportata con la spiritualità, calata in un atteggiamento guidato dal libero pensiero, anticonformista, politico nel senso più profondo e intelligente del termine. Dal 1961 appunto ha affrontato personaggi della Storia diversamente intesa inquadrandoli fuori dagli schemi, dando loro quello spessore ottenuto solo attraverso la sua inimitabile autonomia di sguardo, uno su tutti Francesco D’Assisi osservato e raccontato in ben tre occasioni, nel 1966, 1989 (con Mickey Rourke) e nuovamente nel 2014. E poi naturalmente tra i tanti lavori, nel 1974 dirige il controverso e ipnotico Il portiere di notte con Charlotte Rampling che stasera le offrirà una Laudatio Honoris. “Un film che toccò una tastiera poco usata, perché tocco lo stupore, sia mia rispetto all’accoglienza, sia degli attori” ricorda la regista.
Per celebrarla, La Mostra ha anche invitato fuori concorso il suo nuovo film, L’ordine del tempo, da domani anche nelle sale italiane. “Un film sulla paura del tempo futuro, sull’oblio del tempo passato, il Tempo che convive con noi”, spiega Cavani. Si tratta di un dramedy corale quasi interamente ambientato in una villa affacciata sullo scenografico litorale di Sperlonga. Alcuni amici di lunga data si ritrovano nella giornata estiva a celebrare il 50° compleanno di Elsa, la padrona di casa, (Claudia Gerini) ma contestualmente scoprono che quel giorno potrebbe anche essere l’ultimo della loro vita a causa del probabile schianto di un meteorite sulla superficie terrestre. La notizia arriva loro da Enrico (Edoardo Leo), l’amico di una vita di Pietro, il padrone di casa (Alessandro Gassmann), che è un esimio fisico teorico e dunque pochi sono i dubbi rispetto alla falsità dell’informazione. Da qual momento, dunque, le ore della giornata, serata e notte cambiano di lunghezza e intensità nella percezione dei convitati, che a stento trattengono il panico facendo perno sulla forza dello stare insieme e sulla “dignità” del loro status di borghesi, laureati e professionisti. Ma è chiaro che tutto cambia nei loro cuori, e quanto forse non è stato detto o fatto finora, è il momento giusto per dirlo o farlo.
Ispirato dal volume L’ordine del tempo del fisico Carlo Rovelli, fisico e divulgatore scientifico, il film sceneggiato con Paolo Costella dalla stessa Cavani intende scandagliare la gamma emozionale di un gruppo di persone posti di fronte alla consapevolezza di poter morire nell’arco di poche ore. La più inquietante delle scoperte, indubbiamente, portatrice di una varietà di emozioni imprevedibili e che l’ottimo cast assemblato dalla grande Maestra del cinema italiano ha saputo restituire con autenticità, di fatto “ciascuno di loro ha trovato la giusta misura per esprimere paura, nostalgia, stupore, incertezza, speranza” sottolinea Cavani. Perché in realtà l’ordine del tempo è un disordine dettato da un senso arbitrario inconoscibile, al punto che – tra i dialoghi del film – è magnifica l’espressione che traduce un concetto facilmente applicabile alla longevità professionale di Liliana Cavani: “Al diavolo il tempo che è solo una convenzione!”. Film interessante per quanto racconta ma cinematograficamente piuttosto tradizionale e livellato sul piano “televisivo”, soprattutto la prima parte, rappresenta comunque l’ennesimo tassello della sua carriera straordinaria in cui – si diceva – in non poche occasioni ad essere protagonista è stata la curiosità scientifica della regista modenese (si vedano i biobic su Galileo, Einstein..). Arricchiscono il cast corale anche Ksenia Rappoport, Richard Sammel, Valentina Cervi, Fabrizio Rongione e Francesca Inaudi.