Appena si è avuta notizia dell’indagine della Corte dei Conti su Open to meraviglia, la campagna del ministero del Turismo finita nella bufera social negli scorsi mesi, è ricomparsa sui social la Venere voluta da Daniela Santanchè. Un caso, certamente. Fatto sta che nella notte tra martedì e mercoledì, dopo mesi di assenza, riecco un post sui social di Venere Italia, come si chiama il canale Instagram della campagna. “So che avete sentito la mia mancanza – si legge sotto la foto della Venere di Botticelli ‘pop’ in un aeroporto – e mi fa piacere che vi siate così tanto preoccupati per me. Ecco la verità: avevo promesso di portare le bellezze della nostra Italia in giro per il mondo e così ho fatto”. Nelle immagini successive, ecco sei scatti della pubblicità in stazioni ferroviarie, aeroporti e autostrade. Si tratta del primo ‘intervento’ sui social della campagna dallo scorso 27 giugno. “Una scelta ponderata”, secondo la ministra. Una pausa di esattamente due mesi, i due più caldi della stagione turistica italiana che la campagna di Santanchè si riprometteva di valorizzare e rilanciare. Lo stop è finito a poche ore di distanza dal momento in cui si è venuto a sapere che il procuratore regionale per il Lazio Pio Silvestri ha avviato un’istruttoria e presto verranno chieste spiegazioni direttamente al ministero del Turismo, con sullo sfondo l’ipotesi del danno erariale.

La campagna Open to meraviglia, d’altronde, si era rivelata un flop fin dall’inizio: il dominio non registrato, le immagini della Venere del Botticelli prese dai cataloghi gratuiti in Rete, alcuni frame del video di accompagnamento (di una cantina slovena) acquistati da una piattaforma stock. E ancora: le foto a bassa risoluzione da whatsapp messe online senza essere rinominate, le traduzioni talquali dall’italiano al tedesco, con il risultato comico di Camerino che diventa Garderobe e Prato che si trasforma in Rasen. Nel frattempo però, con il nickname “Venere Italia 23″, erano quantomeno cominciati i post che ritraevano alcune tra le più belle località della Penisola, da Polignano a Pompei. Intanto Repubblica riporta che la sola ideazione della campagna (esclusa la distribuzione) è costata alle casse dello Stato oltre mezzo milione di euro, e non “solo” 138mila come si pensava finora: la commessa, infatti, è stata suddivisa in quattro affidamenti diretti dal valore inferiore a 140mila euro, cioè la soglia sotto la quale non è obbligatorio bandire una gara pubblica. Oltre al “servizio di ideazione e realizzazione di un video promozionale” commissionato alla società Armando Testa dal Dipartimento Editoria di palazzo Chigi (di cui aveva dato notizia il Fatto) la stessa azienda ha firmato anche un altro contratto di affidamento con l’Enit (l’Ente nazionale per il Turismo, che fa capo al ministero di Santanché) con oggetto “Servizi creativi di brand identity per il ministero del Turismo e creazione di una campagna sul brand Italia”, dall’importo di altri 138mila euro. A queste due commesse se ne aggiungono altre due per le spese di affissione, affidate ad altre due società, rispettivamente da 130mila e 135mila euro.

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