C’era una volta l’embargo, El Bloqueo come lo chiamano qui, simbolo della guerra commerciale condotta dagli Stati Uniti contro Cuba, sancita da l’iniquo Helms-Burton Act che puniva duramente le aziende statunitensi che lo violavano. Oggi i suoi effetti nefasti infieriscono ancora di più sul tessuto sociale cubano, ma c’è una novità.
Il Support For The Cuban People, introdotto nella legislazione Usa per facilitare i viaggi a Cuba a chi utilizza durante il soggiorno strutture non governative quali bed & breakfast e paladares (ristoranti), ha favorito nuovi flussi durante il secondo mandato di Obama e continuando sottotraccia dopo, malgrado Trump avesse interrotto le aperture del suo predecessore. Tutto ciò ha favorito la crescita economica di tali categorie, supportate dalle agenzie statunitensi di logistica come Cuballama i cui clienti – comprando la merce su Amazon che compare in automatico nella pagina web – la spediscono al magazzino di Miami che da lì viaggia per Cuba, aggirando così l’embargo grazie a l’escamotage del supporto umanitario.
B come bistecca
La ristorazione è lo zoccolo duro della nuova imprenditoria cubana: l’arrivo di cibarie da Miami attraverso il connubio Cuballama-Amazon fa sì che i ristoranti non siano solo i fruitori finali della merce ma anche i distributori della stessa sul territorio. Ovviamente, visti i costi proibitivi per un cubano medio (un pacco di alimenti costa in media $160), la cuccagna è diretta verso l’élite della clientela. Per gli altri restano i mercati locali, anch’essi cari arrabbiati.
E il governo che fa? Sono state in pratica dimezzate le quote di alimenti essenziali al mantenimento nutrizionale, inseriti nella Canasta básica che fa parte della libreta de abastecimiento, il quaderno dove mensilmente sono registrati i generi alimentari che spettano a ogni nucleo familiare. Lo stato un tempo permetteva di acquistare a prezzi calmierati razioni di riso, fagioli, latte, pollo, tonno, caffè. Es: tre chili di latte in polvere, cinque di pollo.
Ora tutto è stato decurtato; il pollo, depennato dalla lista, dopo un tira e molla durato un mese è stato ripristinato a razioni ridotte: mezzo chilo a testa per gli adulti, uno per i bambini. Un tubo di picadillo (carne macinata) 400 grammi, solo per donne incinte, bambini fino a 14 anni e malati in dieta. E i prezzi alla Borsa Nera volano: un pacchetto di pollo da 4,5 chili costa 3000 Cup, al cambio € 14. Mezzo stipendio.
Con l’arrivo tre anni fa della fabbrica messicana Rich Meat nella zona speciale di Mariel a un’ora dall’Avana, alla ristorazione viene fornita merce di qualità. Secondo l’addetta alle vendite che ho incontrato, i tagli migliori di carne bovina – filetto e bistecche – oltre alle chuletas de cerdo (braciole di maiale) sono lavorati da carne importata, soprattutto polacca. La ditta riserva una donazione per lo stato cubano di picadillos e hot dog ricavati dagli scarti. Parte di questa è destinata alla libreta e al mercado particular che a loro volta la rivendono alla gente. I pagamenti dei privati avvengono tramite bonifico a Città Del Messico, tolta una percentuale dell’1,5% che va al governo.
L’orgoglio di essere cubano
Ho individuato nel Barrio di S. Isidro a l’Habana Vieja la casa del pittore Otero Alcántara, leader del Movimiento de S. Isidro – circolo culturale – condannato a cinque anni per oltraggio alla bandiera e sedizione. Arrestato con altri artisti e rapper dopo i moti di protesta dell’11 luglio 2021, è rinchiuso da due anni nel carcere speciale di Guanajay, una comunità rurale a un’ora di macchina dalla capitale.
Secondo l’attivista Yanelys Núñez, da luglio di quest’anno non si hanno più notizie di lui a seguito di uno sciopero della fame che lo aveva fortemente debilitato. Il direttore del carcere, Guillermo Mondoy, avrebbe negato anche alla zia di vederlo dicendole che era malato. Il processo che lo ha condannato a maggio dello scorso anno si è svolto a porte chiuse, con accesso vietato a familiari, Ong e addetti stampa.
Mi sono recato a Guanajay e, dopo aver localizzato il carcere, ho chiesto al piantone di guardia all’ingresso di parlare con il direttore. Dopo aver atteso invano per due ore, ho rinunciato.
Al pittore fu offerta la possibilità della sospensione della pena in cambio dell’esilio, ma a differenza di altri dissidenti rifugiati in Spagna e negli Stati Uniti, egli avrebbe dichiarato: “Sono cubano e non ho commesso alcun crimine. Ho solo esercitato il mio diritto di protesta, per cui rimango nel mio paese”.
La società dei magnaccioni
Molti osservatori superficiali che transitano per Cuba asseriscono che tutto è come prima: le stesse file dei poveracci, gli stessi privilegi dei soliti noti; in realtà, dall’entrata in campo dei
cuentapropistas, è avvenuta una profonda trasformazione del tessuto sociale. Se prima militari e burocrati facevano la bella vita sfruttando le fatiche dei loro subordinati, oggi il testimone è passato nelle mani del ceto dei commercianti, che controllano la distribuzione alimentare attraverso ristoranti e mercati.
Lo Stato latita: la sanità pubblica è in condizioni pietose, a vantaggio delle cliniche per stranieri e cubani non residenti dove i locali non sono ammessi. La forza lavoro in questa fase di transito sta perdendo quei benefici che la distinguevano dalla working class degli altri paesi: libreta e welfare sono ridotti ai minimi termini, con l’impossibilità di accedere a quei servizi garantiti invece agli stranieri e all’élite dei loro connazionali.
È facile riconoscere i cubani che ce l’hanno fatta; che siano residenti negli States in visita ai parenti o habaneri doc, sono perlopiù sovrappeso e rigorosamente bianchi, aldilá del loro abbigliamento pacchiano. Della serie “grasso è bello”.
Una vera e propria società dei magnaccioni, che accumula reddito sfruttando i dipendenti abbandonati dal socialismo reale, ricalcando a ruoli invertiti il percorso della confraternita dei suini resa celebre da George Orwell nel suo profetico romanzo La Fattoria degli Animali.
(Testi e foto © F. Bacchetta)