L’economia italiana frena più del previsto. Nel secondo trimestre del 2023 il pil è diminuito dello 0,4% rispetto al trimestre precedente: l’Istat infatti ha al ribasso la stima diffusa in via preliminare il 31 luglio che “vedeva” una riduzione congiunturale dello 0,3%. La flessione è stata determinata soprattutto “dall’andamento della domanda interna (incluse le scorte), mentre quella estera ha fornito un contributo nullo”, commenta l’istituto di statistica. Che aggiunge: “La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto 0,7 punti percentuali alla variazione del Pil: nullo il contributo dei consumi delle famiglie e delle istituzioni sociali private, -0,4 quello degli investimenti fissi lordi e -0,3 quello della spesa delle amministrazioni pubbliche. Le scorte hanno contribuito positivamente (per 0,3 punti percentuali)”.

I consumi al palo e gli investimenti in calo sono un bagno di realtà per il governo di Giorgia Meloni. Che nella Nota di aggiornamento in arrivo entro fine settembre dovrà prendere atto del rallentamento dell’economia: un fattore che rende ancora più complicata la caccia alle coperture per la manovra. Anche perché giovedì dall’Istat è arrivata un’altra doccia fredda: complice il calo del pil in primavera e una stagione turistica più fiacca delle attese, gli occupati sono diminuiti per la prima volta dallo scorso novembre: se ne contano 73mila in meno. Rispetto al primo trimestre dell’anno, prosegue l’analisi dell’istituto sull’economia italiana, tutti i principali aggregati della domanda interna sono in diminuzione, con un calo dello 0,3% dei consumi finali nazionali e dell’1,8% degli investimenti fissi lordi. Le importazioni e le esportazioni sono anch’esse diminuite, entrambe in misura pari allo 0,4%. Si registrano andamenti congiunturali negativi per il valore aggiunto in tutti i principali comparti produttivi, con agricoltura, industria e servizi diminuiti rispettivamente dell’1,3%, dell’1,4% e dello 0,1%.

Tra aprile e giugno l’economia italiana ha registrato una performance inferiore a quella della media europea e dei principali partner. A fronte del -0,4% registrato dall’Italia, il Pil – ricorda l’Istat – è cresciuto in termini congiunturali dello 0,6% negli Stati Uniti, dello 0,5% in Francia ed è rimasto stabile in Germania. La variazione acquisita del Pil italiano per il 2023 è pari, alla luce dei dati aggiornati del secondo trimestre, a +0,7%. Lo calcola l’Istat rivedendo al ribasso la stima di fine luglio, pari a +0,8%. Nel confronto anno su anno il Pil del secondo trimestre è cresciuto dello 0,4% rispetto al 2022, mentre a fine luglio l’Istat aveva previsto una crescita tendenziale dello 0,6%. In termini tendenziali si è registrata una crescita del 2,6% negli Stati Uniti e dello 0,9% in Francia, mentre si registra una diminuzione dello 0,1% in Germania. Nel complesso, il Pil dei paesi dell’area euro è cresciuto dello 0,6% nel confronto con il secondo trimestre del 2022.

La congiuntura internazionale, con la Germania in recessione e l’intera area Ocse che rallenta mentre le previsioni sulla crescita cinese peggiorano, porta a pensare che per l’economia italiana sia solo l’inizio. La fiducia delle imprese in agosto è crollata in tutti i comparti, dalla manifattura alle costruzioni, e altri segnali di allarme arrivano dai servizi: il fatturato, che aumentava senza interruzioni da più di due anni, tra aprile e giugno è calato. Il trend delle vendite alimentari al dettaglio, in volume, è in calo già dall’inizio del 2022 come diretta conseguenza del boom dei prezzi. L’export in volume perde terreno da aprile. “L’industria sta ormai andando in recessione, non solo in Italia, mentre servizi e costruzioni sono in graduale rallentamento”, spiegava giovedì a ilfattoquotidiano.it l’economista Fedele De Novellis, responsabile del gruppo di lavoro Previsioni e analisi macroeconomiche di Ref Ricerche.

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