Ci ricorderemo dell’estate del 2023 per alcuni record di temperatura impressionanti. Vedremo poi come si piazzerà quest’anno nella classifica degli anni più caldi, ma sicuramente parecchio in alto. Nel frattempo, tuttavia, c’è chi si ingegna a contestare i dati e la loro interpretazione. Fra questi, Franco Battaglia è uno dei più attivi con le sue elucubrazioni presentate in una forma che può ingannare chi non è tanto familiare con la scienza del clima. Quindi, proviamo a dare uno sguardo al suo ultimo sforzo pubblicato sulla Verità del 19 agosto.

La tesi di Battaglia è una versione dell’argomentazione che vuole che il biossido di carbonio (CO2, anche detto “anidride carbonica”) sia troppo poco concentrato nell’atmosfera per avere gli effetti riscaldanti che gli sono attribuiti. Battaglia ci ragiona sopra sulle basi di alcune considerazioni sull’assorbimento della radiazione infrarossa, arrivando alla conclusione che abbiamo già raggiunto il limite massimo dell’effetto riscaldante e che quindi non dobbiamo preoccuparci se aumenta ulteriormente. Non solo, ma dovremmo smettere di cercare di ridurre le emissioni perché se la concentrazione di CO2 scendesse oltre certi limiti, la vita sulla terra sparirebbe.

Prima di entrare nei dettagli, vi invito a considerare che di riscaldamento globale si parla da oltre un secolo (per l’esattezza, dal 1896, quando il chimico svedese Arrhenius lo notò per primo). Da allora ne sono stati fatti di studi sul clima. Possibile che le migliaia (forse decine di migliaia) di scienziati coinvolti abbiano dovuto aspettare il 2023 per accorgersi che avevano sbagliato tutto? E che se ne siano accorti solo quando una persona non esperta di clima (come Battaglia stesso ammette di essere) glielo fa notare sulla base di qualche conto fatto a spanne? Non vi sembra più probabile che siano le considerazioni di Battaglia a essere tutte sbagliate?

Entrando nel merito, la faccenda delle bande di assorbimento del CO2 non è così semplice come la racconta Battaglia. Diciamo che è vero che l’effetto riscaldante diminuisce con la concentrazione del CO2, ma non si stabilizza mai (potete vedere qui i dettagli). E’ vero anche che per valori molto bassi della concentrazione di CO2 non ci potrebbe essere vita sulla Terra. Ma questo non è mai successo negli ultimi tre miliardi di anni almeno e non è certo una cosa di cui ci dovremmo preoccupare adesso. Piuttosto, l’errore fondamentale di Battaglia è che trascura tutti gli effetti indiretti del CO2. Ragiona come se esaminasse un fiammifero acceso dicendo, “che danno potrebbe mai fare una fiammella così piccola?” Nessuno, ovviamente, eccetto dar fuoco alla casa.

Il clima è uno di quei sistemi che reagiscono alle perturbazioni smorzandole o amplificandole. La perturbazione creata dal CO2 non solo scalda l’atmosfera, ma genera altri fattori riscaldanti che ne amplificano l’effetto. Con la temperatura aumenta l’umidità atmosferica e l’acqua è un gas serra più potente del CO2. Poi, con la temperatura, i ghiacci si fondono e la superficie terrestre diventa meno riflettente (si dice che “l’albedo diminuisce”), e anche questo fa aumentare ulteriormente la temperatura. Non finisce qui, ci sono altri effetti, ma avete capito il concetto: le temperature terrestri possono aumentare ben oltre i valori che il CO2 potrebbe generare da solo. E’ un punto che Battaglia si guarda bene dal considerare.

Il bello dell’articolo di Battaglia è che lui stesso contraddice la sua tesi. In una figura, fa vedere come circa 100 milioni di anni fa la concentrazione di CO2 era almeno tre o quattro volte più grande di quella attuale. Eppure, dice Battaglia, i primati esistevano già, e allora quale sarebbe il problema? Beh, il problema è che se andate a vedere i dati delle temperature di quei tempi trovate che erano anche 10-15 gradi centigradi più alte di oggi (!!). I primati di quell’epoca erano sicuramente adattati a questi valori ma, per noi, arrivarci sarebbe un tantino traumatico, per non dire altro.

Vedete quindi come la scienza del clima è una faccenda complicata che si presta male alle entrate a gamba tesa di quelli che pretendono di demolire cento anni di ricerca in un paio di paginette. Non si presta nemmeno a quel tipo di semplificazione radicale che molti hanno fatto sulla base dell’idea che la scienza è un imbroglio per definizione. La scienza è tuttora la nostra interfaccia con il mondo fisico e ne abbiamo disperatamente bisogno in questo momento difficile. Più di tutto, abbiamo bisogno di fiducia, non tanto in un’entità astratta chiamata “scienza”, ma nelle persone che la rappresentano, molte delle quali ultimamente sembrano aver fatto del loro meglio per non meritarsela. Siamo ancora in tempo a recuperare la fiducia nella scienza? Su questo punto, si gioca il futuro dell’intera umanità.

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