Cronaca

L’uomo-scorta di Rfi indagato per l’incidente a Brandizzo: “Pensavo che quel treno fosse già passato. Li ho mandati a schiantarsi”

Agli amici va ripetendo una frase da giorni: “Ho schiantato cinque vite, penso solo a quei ragazzi”. Con i pubblici ministeri, quando lo hanno ascoltato insieme agli investigatori della Polfer, invece, si è dovuto fermare prima. È bastato che ricostruisse i momenti cruciali della notte del disastro poco fuori la stazione di Brandizzo, in cui hanno perso la vita 5 operai della Sigifer, perché gli inquirenti lo fermassero: non era più una persona informata sui fatti, Antonio Massa, l’uomo-scorta di Rete ferroviaria italiana, ma un indagato. Quindi qualsiasi sua dichiarazione andrà ripetuta alla presenza del suo avvocato e potrà anche avvalersi della facoltà di non rispondere.

Quello che ha raccontato ai pubblici ministeri, sintetizza La Stampa, è questo: “Pensavo che quel treno fosse già passato, ne ero praticamente certo”. Lo ha visto o lo ha dedotto?, è la replica degli inquirenti. “No, non l’ho visto direttamente”. Il modulo M40 Int., quello che decreta l’interruzione di linea e quindi la possibilità per gli operai di iniziare a lavorare, Massa non ce l’ha. Probabilmente non esiste, perché come appare ormai chiaro a chi indaga era stata data un’autorizzazione verbale alla squadra di tecnici in attesa di ricevere il via libera dal settore Armamento di Rfi. C’è chi dice che di notte, lungo i binari italiani, sia sostanzialmente una prassi. E non è detto che l’inchiesta non si allarghi per scandagliare anche questo aspetto.

La notte del 30 agosto è così che sarebbe andata. I 6 della Sigifer, le 5 vittime più il capocantiere Andrea Girardin Gibin, indagato con Massa con l’accusa di disastro ferroviario e omicidio plurimo con dolo eventuale, vengono autorizzate a iniziare ai lavori. L’ultimo treno di linea è già passato e il convoglio tecnico che finirà per stroncare 5 vite viene considerato anche lui ormai al di là di Brandizzo. Invece non è così. Quando Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà vengono mandati sui binari, poco prima di mezzanotte, Massa non ha ancora in mano il “nulla osta” ma è in contatto proprio con la dirigente movimento della stazione di Chivasso, che deve dare l’ok. È in quel momento che passa il treno con i vagoni vuoti e falcia gli operai della Sigifer.

Massa lo racconta, sotto choc, alla sua interlocutrice: “Sono tutti morti”. Un suo collega, a due giorni di distanza dal disastro, è ancora incredulo “Ha vent’anni di esperienza sui binari, è uno scrupoloso, non può aver commesso un errore simile – dice uno di loro a La Stampa – Forse gli hanno dato una comunicazione sbagliata. Mi rifiuto di pensare che abbia fatto andare gli operai al lavoro senza avere l’autorizzazione”. Eppure in un colloquio con Repubblica, un dipendente Sigifer, senza rivelare il suo nome, spiega che quella di iniziare i lavori senza il modello di “nulla osta” controfirmato è una prassi: “Noi sappiamo che si inizia a lavorare quando il capo ci dice a voce che possiamo farlo. E ce lo dice non quando arriva un pezzo di carta, ma quando i treni hanno smesso di passare. Fanno tutti così. Passato l’ultimo treno che trasporta passeggeri, si va sui binari. Il modulo, o l’autorizzazione, arriva, ma entro la fine del nostro turno di lavoro”. Un modo per risparmiare tempo ed evitare che i lavori terminino oltre gli orari previsti, innescando ritardi sulla linea e penali pe le ditte che lavorano in appalto? È un altro degli interrogativi che dovranno sciogliere i pubblici ministeri.