Tutto ruota attorno a tre telefonate, già acquisite dalla Procura di Ivrea. Da un parte Antonio Massa, l’uomo-scorta di Rete ferroviaria italiana, dall’altra la tecnica di Rfi che dalla sala di controllo della stazione di Chivasso ribadisce più volte il suo “no“: non si può procedere con i lavori, sono in arrivo altri treni. Poi, in diretta telefonica, un suono che sembra quello di un’esplosione. Michael Zanera, Giuseppe Sorvillo, Saverio Giuseppe Lombardo, Giuseppe Aversa e Kevin Laganà sono già a lavoro sui binari e vengono travolti dal treno. “Sono morti tutti! Sono morti tutti sui binari!”, sono le tragiche parole di Massa nelle telefonate successive. Da queste registrazioni arrivano così le conferme di quello che era il sospetto della prima ora: nessuno aveva autorizzato l’avvio dei lavori al binario 1 della stazione di Brandizzo, nel Torinese, dove nella notte tra mercoledì e giovedì un treno in transito ha travolto e ucciso i cinque operai.

Queste registrazioni della notte del 30 agosto sono gli elementi principali che hanno portato agli avvisi di garanzia per i due indagati: Antonio Massa e il caposquadra della Si.gi.fer Andrea Gibin, accusati di omicidio plurimo e disastro ferroviario con dolo eventuale. La Procura sta cercando di ricostruire tutti i passaggi e, al momento, pare essere chiaro che i 5 operai morti non dovevano stare in quel momento su quel binario. Il modulo M40 Int., quello che decreta l’interruzione di linea e quindi la possibilità per gli operai di iniziare a lavorare, Massa non ce l’ha. Probabilmente non esiste, perché come appare ormai chiaro a chi indaga era stata data un’autorizzazione verbale alla squadra di tecnici in attesa di ricevere il via libera dal settore Armamento di Rfi.

La prima telefonata, come riporta Repubblica, avviene tra le 23.26 e le 23.29. Alla domanda di Massa se gli operai possono cominciare a lavorare la tecnica di Chivasso risponde: «State fermi. Deve ancora passare un treno, che è in ritardo. Aggiorniamoci dopo». Parole chiare ma, da quello che emerge dalle immagini delle telecamere della stazione di Brandizzo, gli operai – ricevendo probabilmente un ok verbale dei loro superiori – iniziano a lavorare sul binario. Alle 23.30 un’altra chiamata con un’altra richiesta di Massa: “Adesso possiamo andare?”. E arriva un altro “no”: “Bisogna aspettare dopo la mezzanotte. Ci sono due fasce orarie possibili in cui lavorare dopo quell’ora, o prima o dopo l’una e mezza, ora in cui passerà un altro treno. Scegliete voi quale preferite”. Parole non prese in considerazione. La terza telefonata è quella della tragedia: pochi secondi, poi un boato. Il treno ha colpito gli operai e cade subito la linea. “Sono morti tutti sui binari”, urlerà disperato Massa nelle due chiamate successive.

Massa – sentito nelle ore immediatamente successive il disastro, mentre ancora si trovava in ospedale a Chivasso – ha ribadito più volte di avere “mandato a morire quei ragazzi”. C’è chi dice che di notte, lungo i binari italiani, quella di procedere senza il nulla osta ufficiale sia sostanzialmente una prassi. E non è detto che l’inchiesta non si allarghi per scandagliare anche questo aspetto. La Guardia di Finanza ha avviato i controlli sulla ditta di Borgo Vercelli (dove lavoravano le vittime) e negli uffici di Rfi. Se dovessero arrivare conferme, anche le società finirebbero indagate. Intanto per quanto riguarda i funerali dei cinque operai invece si dovrà attendere ancora qualche settimana, perché c’è un oggettivo problema con l’identificazione dei resti. Un pool specializzato di medici legali è al lavoro, con diverse tecniche, per riuscire a identificarli in maniera ragionevole: le procedure dureranno parecchio tempo.

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