Un rovescio in diagonale. È quello che Cameron Norrie – uno che oggi è numero 16 del mondo ma che appena un anno fa era in top 10 e in semifinale a Wimbledon – osserva andare a segno. La sua testa si china immediatamente, seguendo il resto del corpo verso il centro del campo. Ha perso. No, di più, è stato letteralmente dominato per tre set, 6-3 6-4 6-3. Dall’altra parte della rete il 22enne azzurro Matteo Arnaldi fissa il proprio angolo. Ha le braccia al cielo e uno sguardo in cui traspare tutta la sua soddisfazione e incredulità. Ha appena conquistato il primo ottavo di finale Slam della carriera. Un risultato che solo due settimane fa sembrava inverosimile. Ma non ha fatto solo questo. Per la prima volta entra in top 50 (virtualmente è alla posizione numero 47 del mondo), a inizio anno era al n. 134. Questo exploit insomma non arriva per caso, ma è il frutto di un processo di crescita verticale, che dura da mesi.
Nato a Sanremo il 22 febbraio 2001, Arnaldi ha qualche mese in più di Jannik Sinner, capostipite insieme a Lorenzo Musetti, Matteo Berrettini e Lorenzo Sonego dell’attuale generazione italiana. Inizia a giocare a tennis all’età di 5 anni, ma non è l’unico che sport che lo appassiona. Pratica anche nuoto, sci, calcio e judo, poi a 12 anni ecco la scelta definitiva: la racchetta. E i risultati non tardano ad arrivare. A 13 anni vince i campionati italiani U.13 in singolare e in doppio. La carriera juniores prosegue in maniera regolare, senza particolari clamori. Nel 2018 diventa professionista, vincendo il suo primo incontro all’ITF Futures Tunisia F33. Nell’aprile del 2021 fa il suo esordio in singolare in un torneo Challenger a Barletta, mentre tre mesi dopo riesce a conquistare anche il primo titolo professionista. È il torneo ITF sulla terra rossa di Bolzano, concedendo un solo game in finale al connazionale Alexander Weis. È il primo punto di svolta. Il segnale che la strada è finalmente quella giusta.
L’anno dopo riceve una wild card per esordire nel circuito ATP agli Internazionali d’Italia e conquista a Francavilla al Mare il suo primo titolo Challenger. Lentamente la classifica inizia ad essere scalata. A fine 2022 raggiunge il suo best ranking al n. 131 e subentra come sostituto di Holger Rune alle Next Generation ATP Finals. E poco male se non supera la fase a gironi perdendo tutti e tre i match contro Brandon Nakashima, Francesco Passaro e Jiří Lehečka, per Matteo Arnaldi quella milanese si rivela un’esperienza preziosa, che ha l’effetto di una molla. Il 2023 è l’anno della prima vera raccolta dopo tanti anni di sacrifici e abnegazione. Tre Challenger a Tenerife, Murcia e Heilbronn. Il primo sul cemento, gli altri due sulla terra rossa. All’Atp 500 di Barcellona vince il suo primo incontro nel circuito maggiore contro Jaume Munar e poi, nel Masters 1000 di Madrid pochi gioni dopo, concede solo sette giochi al n. 4 del mondo Casper Ruud. È il primo top 10 sconfitto in carriera. I progressi in classifica ora sono netti e gli valgono il primo accesso nel tabellone di uno Slam, al Roland Garros. Qui sconfigge Galán e perde al secondo contro Denis Shapovalov. Infine, nel 250 di Umago, raggiunge la prima semifinale a livello ATP. Una parabola insomma lunga e faticosa che adesso regala ad Arnaldi la sfida contro il numero 1 del mondo Carlos Alcaraz, probabilmente sul prestigioso Arthur Ashe. Una partita per molti dal finale scontato, ma che apre comunque un nuovo capitolo nella sua carriera. Insomma, comunque vada sarà un successo. Il tennis italiano ha a disposizione un nuovo protagonista, l’ennesimo di un periodo d’oro.