Roman Polanski doveva avvisarci. Altro che Per favore non mordermi sul collo. The Palace, Fuori Concorso a Venezia 80, è un Vacanze di Natale versione deluxe. Sgomberiamo il campo dagli equivoci. I Vanzina sono stati maestri di una commedia di costume dove ricchi, ed arricchiti, finivano con spigliata disinvoltura nello stesso calderone della risata crassa. L’89enne Polanski, qui in trio alla scrittura con il connazionale Jerzy Skolimowski e la moglie Ewa Piaskowska, aggiorna la saga cinepanettonesca, con un capitolo tra Vacanze di Natale 91 e Vacanze di Natale a Cortina, tirando a lucido il vero hotel della rinomata e ricchissima Gstaad sulle Alpi Svizzere, il Gstaad Palace. Gente che viene, gente che va. Siamo nelle ultime dodici ore del 1999 e l’hotel si appresta a gestire l’arrivo dei facoltosi clienti che passeranno il fatidico capodanno da millennium bug del 2000.
Ci sono, tra gli altri, l’affarista imbroglione (Mickey Rourke, mostruoso con parrucca bionda) a cui non hanno riservato la solita suite; il riccastro John Cleese, con giovane moglie, che vede bene di tirare le cuoia mentre copula poco prima di mezzanotte facendo rimanere “incastrata” la consorte alla sua… erezione; un oramai ex attore dal pene elefantiaco (Luca Barbareschi travestito come nel suo vecchio programma tv Il trasformista); una signora assatanata di sesso (Fanny Ardant) con cagnolino che fa la cacca solo in camera; un gruppo di loschi russi con prostitute al seguito e una decina di valigie piene da mettere in cassaforte.
Per il direttore dell’hotel dirimere richieste, caos e follie dei clienti sarà puro delirio. The Palace è una sgangherata e grossolana farsa su un gruppo di altolocati individui, perlopiù anglosassoni, dove fin dalle prime battute si assiste al deragliamento dell’effetto comico dai binari delle nobili erotiche pochade o commedie degli equivoci sul campo aperto del flusso incontrollato delle fesserie un tanto al chilo (c’è pure la vecchia che vomita alla Triangle of sadness che, già fatta da Ostlund, pareva roba stantia). Peccato, davvero. Perché in una sequenza su due ci era sembrato di rivedere con piacere interi blocchi di storici titoli italiani e non sul tema: Spaghetti a mezzanotte, La moglie in vacanza l’amante in città, ma anche il più prosaico Weekend con il morto. Nell’inquadratura finale un chihuahua si inchiappetta un pinguino e in mezzo a mille spettatori per questo umorismo alla polacca non ha riso nessuno.