Non è una ritrattazione completa, ma almeno una mezza marcia indietro. Sulla strage di Ustica e le possibili responsabilità dei francesi Giuliano Amato aggiusta il tiro. “Io ho solo rimesso sul tavolo una ipotesi già fortemente ritenuta credibile, non perché avessi nuovi elementi, ma per sollecitare chi li ha a parlare, a dire la verità. Non altro”, dicel’ex presidente del consiglio al quotidiano La Verità. Toni completamente diversi da quelli usati due giorni fa, quando con un’intervista a Repubblica il presidente emerito della Consulta aveva riaperto il caso dell’aereo con 81 passeggeri inabissatosi nei mari di Ustica. Amato aveva detto senza mezzi termini di considerare come “la versione più credibile” quella “della responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli”. E dunque sarebbe stato un missile francese, destinato a uccidere il dittatore libico Muammar Gheddafi, a colpire per sbaglio il DC-9 dell’Itavia con a bordo 81 persone, la sera del 27 giugno 1980.

Le parole di Amato, per due volte presidente del consiglio in passato, hanno scatenato la polemica, provocando anche il commento di Giorgia Meloni. “Chiedo al presidente Amato di sapere se, oltre alle deduzioni, sia in possesso di elementi che permettano di tornare sulle conclusioni della magistratura e del Parlamento, e di metterli eventualmente a disposizione, perché il governo possa compiere tutti i passi eventuali e conseguenti”, ha detto la premier. Ma oggi il presidente emerito della Consulta spiega di non avere alcun elemento inedito da fornire: “Io – dice – non ho raccontato nulla di nuovo. Non era nelle mie possibilità, non era nelle mie intenzioni. Volevo riportare il tema all’attenzione, sollecitare chi potrebbe convalidare quell’ipotesi a parlare”.

Ma allora perché un uomo dell’esperienza di Amato ha deciso di riaprire la vicenda di Ustica a 43 anni di distanza? “Gli anni passano – spiega – le famiglie sono lì convinte che la verità non sia ancora venuta fuori, e i testimoni rimasti possono andarsene presto. Come può capitare a me, data la mia età”. L’ex premier cerca di minimizzare la rilevanza della sua intervista, spiegando che “dei titoli con cui un articolo o un’intervista vengono presentati non risponde l’autore“. Poi fa marcia indietro anche sulle sue dichiarazioni relative a Bettino Craxi, indicato come l’informatore di Gheddafi: il leader del Psi avrebbe “soffiato” al dittatore libico il piano di morte organizzato nei cieli italiani, salvandogli la vita. “Purtroppo – dice oggi Amato – non ricordo chi mi disse che era stato Craxi a informare Gheddafi, anche se il ricordo è rimasto. Su chi informò Gheddafi è ben possibile che ci sia stata confusione di date, fra l’86 e l’80, quando, secondo Luigi Zanda (ex portavoce di Francesco Cossiga, ndr) oggi, furono i servizi. Onestamente non riesco a dire se la confusione l’ho fatta io o se l’ha fatta chi mi parlò di Craxi come informatore di Gheddafi”. Ma perché dunque Amato ha deciso di rilasciare quell’intervista su Ustica a Repubblica provocando inevitabili polemiche? Per mettere in difficoltà Meloni nei rapporti con Parigi? Il diretto interessato smentisce, assicurando che con le sue parole non aveva “nessuna intenzione di creare difficoltà al governo. Perché mai?”.

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