Gli Stati Uniti hanno fatto capire che la rivalità commerciale con la Cina non può comunque giustificare uno scontro frontale, un decoupling tra le due potenze. E l’Italia sembra seguire la stessa linea. Lo testimonia il vertice tra il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, e quello italiano, Antonio Tajani, nel corso del quale si è parlato dei due Paesi come “ponte tra Oriente e Occidente” e della necessità di sviluppare la “cooperazione rafforzata” tra Roma e Pechino. Per questo, ha annunciato il fondatore di Forza Italia, anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel 2024 volerà nella Repubblica Popolare.
“L’antica Via della Seta fu esempio di inclusività, esplorò una via di convivenza, parte di un collegamento tra culture orientale e occidentale. Italia e Cina dovrebbero ereditare lo spirito della Via della Seta, continuare ad essere ponte di collegamento tra la civiltà orientale e quella occidentale, dialogare e imparare reciprocamente superando lo scontro di civiltà”, è l’auspicio con il quale il ministro cinese ha voluto commentare gli esiti della XI sessione del Comitato governativo Italia-Cina a Pechino. Un clima all’apparenza disteso se si pensa alle frizioni legate all’ipotesi di smantellamento del memorandum con la Repubblica Popolare voluto dal governo di Giuseppe Conte, definito “scellerato” dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Tajani ha comunque mantenuto la distanza dal piano cinese, seppur con toni meno netti: “Il partenariato strategico è molto più importante della Via della Seta – ha detto – Ho ribadito a Wang Yi le valutazioni del governo italiano e dovremo ascoltare il Parlamento per decidere. Il clima è stato molto positivo, così come lo è stato con il ministro del Commercio cinese”.
Evidentemente, un nuovo punto d’incontro può essere trovato, anche in nome di un interscambio commerciale tra i due Paesi che nel 2022 ha superato i 77 miliardi di dollari, facendo registrare un +5,3%. Il problema, almeno dal punto di vista di Roma, è che questo interscambio è caratterizzato da un export cinese dominante rispetto a quello italiano. Pechino vende nel nostro Paese merci per un valore di 50,8 miliardi di dollari (+16,7%), mentre quelle che dall’Italia arrivano in Cina hanno toccato i 27 miliardi, in calo dell’11%.
Lo storico dei rapporti commerciali è stato comunque ricordato dal ministro cinese: “Grazie allo sforzo delle parti dei due Paesi le relazioni bilaterali hanno registrato un buono sviluppo”, i contatti tra Xi Jinping, Meloni e Mattarella “hanno fissato l’orientamento delle relazioni e consolidato la fiducia reciproca” e “la cooperazione nell’ambito della nuova Via della Seta è stata ricca di risultati. Negli ultimi 5 anni l’interscambio commerciale tra i due Paesi è arrivato a 80 miliardi di dollari da 50 miliardi. L’export italiano verso la Cina è aumentato del 30%”. Cina e Italia “sono due potenze economiche importanti” e “dovranno consolidare e approfondire il partenariato strategico globale”, ha poi concluso.
Dal canto suo, Tajani ha ribadito che si può considerare aperta “una nuova stagione per la nostra cooperazione rafforzata. E anche nel contesto dell’Unione europea, l’Italia è sostenitrice del dialogo con Pechino, come pure di un confronto franco e aperto su principi e valori”. E ha poi chiesto al suo omologo “di affrontare in maniera collaborativa gli attuali scenari internazionali con particolare riguardo a stabilità e sviluppo in Africa. Sull’Ucraina, ho incoraggiato ad utilizzare l’influenza della Cina a favore di una pace giusta”.