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Investimenti nella sanità, l’Italia solo al sedicesimo posto tra i Paesi europei dell’Ocse. E il gap è aumentato anche dopo il Covid

L’Italia è soltanto sedicesima tra i 27 Paesi europei dell’Ocse per la spesa sanitaria pro-capite e fanalino di coda nel G7. Un gap che è continuato a crescere anche e nonostante l’emergenza Covid. A rilevarlo è l’ultima analisi della Fondazione Gimbe in vista della discussione della Legge di Bilancio 2024. “Il nostro Paese deve al più presto invertire la rotta”, si legge. “Altrimenti sarà l’addio al diritto costituzionale alla tutela della salute”. L’obiettivo, spiega il presidente della Fondazione Nino Cartabellotta, “è fornire dati oggettivi utili al confronto politico e al dibattito pubblico ed evitare strumentalizzazioni”. E alla luce degli ultimi dati, sono le opposizioni a chiedere al governo un intervento immediato. “Una situazione inaccettabile”, ha dichiarato la segretaria dem Elly Schlein. E per il M5s si tratta di “dati enormemente allarmanti”. Infine Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi Sinistra: “Gli italiani sono stati fin troppo pazienti”.

Il report – La spesa sanitaria pubblica del nostro Paese nel 2022, secondo il report di Gimbe, si attesta al 6,8% del Pil, sotto di 0,3 punti percentuali sia rispetto alla media Ocse del 7,1% che alla media europea del 7,1%. Sono 13 i Paesi dell’Europa che in percentuale del Pil investono più dell’Italia, con un gap che va dai +4,1 punti percentuali della Germania (10,9% del Pil) ai +0,3 dell’Islanda (7,1%).

Il gap è forte anche per la spesa sanitaria pro-capite: in Italia è pari a 3.255 dollari , rimanendo al di sotto sia della media Ocse (3.899 dollari) con una differenza di 644, sia della media dei paesi europei (4.128) con una differenza di 873. E in Europa sono ben 15 Paesi a investire più di noi in sanità in termini assoluti, con un gap che va dai +583 della Repubblica Ceca (3.838) ai +3.675 della Germania (6.930). “Al cambio corrente dollaro/euro – precisa Cartabellotta – il gap con la media dei paesi europei dell’area OCSE oggi ammonta ad oltre 808 euro pro-capite che, tenendo conto di una popolazione residente Istat al primo gennaio 2023 di oltre 58,8 milioni di abitanti, si traduce nella cifra di oltre 47,6 miliardi di euro”. Quindi continua Cartabellotta, “tra i Paesi del G7, di cui nel 2024 avremo la presidenza, siamo fanalino di coda con gap ormai incolmabili, frutto della miopia della politica degli ultimi 20 anni che ha tagliato e/o non investito in sanità ignorando – a differenza di altri paesi – che il grado di salute e benessere della popolazione condizionano la crescita del Pil”. Una situazione che ha determinato la scarsa efficenza dell’Italia: “I confronti internazionali sulla spesa sanitaria pubblica pro-capite relativi al 2022 – aggiunge – confermano che l’Italia in Europa precede solo i paesi dell’Est (Repubblica Ceca esclusa), oltre a Spagna, Portogallo e Grecia”.

La necessità di fondi – Nel report si parla inoltre della necessità di maggiori finanziamenti. “I princìpi fondamentali del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)”, dichiara ancora Cartabellotta, “universalità, uguaglianza, equità, sono stati traditi e oggi sono ben altre le parole chiave del nostro Ssn: infinite liste di attesa, affollamento dei pronto soccorsi, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, rinuncia alle cure”. In questo contesto, il tema del finanziamento pubblico per la sanità infiamma da mesi il dibattito politico, vista l’enorme difficoltà delle Regioni a garantire un’adeguata qualità dei servizi, la mancata erogazione da parte del Governo dei ‘ristori Covid’e, più in generale l’assenza del tema ‘sanità’ dall’agenda dell’Esecutivo. A fronte di un netto incremento della spesa sanitaria in Italia, gli altri paesi europei hanno comunque investito più del nostro. Impietoso il confronto con gli altri paesi del G7 sul trend della spesa pubblica 2008-2022, da cui emergono alcuni dati di particolare rilievo. Innanzitutto, negli altri paesi del G7 (eccetto il Regno Unito) la crisi finanziaria del 2008 non ha minimamente scalfito la spesa pubblica pro-capite per la sanità: infatti dopo il 2008 il trend di crescita si è mantenuto o ha addirittura subìto un’impennata. In Italia, invece, il trend si è sostanzialmente appiattito dal 2008, lasciando il nostro Paese sempre in ultima posizione. In secondo luogo, spiega Cartabellotta, “l’Italia tra i paesi del G7 è stata sempre ultima per spesa pubblica pro-capite: ma se nel 2008 le differenze con gli altri paesi erano modeste, con il costante e progressivo definanziamento pubblico degli ultimi 15 anni sono ormai divenute incolmabili”. Infatti, nel 2008 tutti i Paesi del G7 destinavano alla spesa pubblica pro-capite una cifra compresa tra $ 2.000 e $ 3.500 e il nostro Paese era fanalino di coda insieme al Giappone; nel 2022 mentre l’Italia rimane ultima con una spesa pro-capite di $ 3.255, la Germania l’ha più che raddoppiata sfiorando i $ 7.000. Infine, commenta il Presidente “se per fronteggiare la pandemia tutti i Paesi del G7 hanno aumentato la spesa pubblica pro-capite dal 2019 al 2022, l’Italia è penultima poco sopra il Giappone”. Ma soprattutto, dopo l’emergenza COVID-19 il gap con gli altri paesi europei del G7 continua a crescere: infatti, nel nostro Paese la spesa sanitaria pubblica nel 2022, rispetto al 2019, è aumentata di $ 625, quasi la metà di quella francese ($ 1.197) e 2,5 volte in meno di quella tedesca ($ 1.540).

Le reazioni – Protestano Pd, M5s e Alleanza Verdi Sinistra. “Nonostante il tentativo di inversione di tendenza fatto dai governi Conte 2 e Draghi”, ha dichiarato Marco Furfaro della segreteria dem, “la situazione di difficoltà è rimasta inalterata. Difficoltà che ovviamente ricadono sulle persone che troppo spesso sono costrette a rivolgersi ai privati o a volte anche a rinunciare alle cure. Come Partito democratico da tempo stiamo provando ad alzare l’attenzione sulla questione per scongiurare quella che può diventare una calamità sociale, un vero e proprio collasso del sistema sanitario pubblico. Noi non ci stancheremo mai di ripeterlo, l’importanza del nostro servizio sanitario l’abbiamo toccata con mano durante la pandemia e questo, purtroppo, il governo Meloni sembra averlo dimenticato troppo presto. Il Pd farà la sua parte, in parlamento e nel paese, per chiedere un aumento pluriennale del fondo sanitario nazionale fino almeno al 7,5% del Pil, la riduzione delle liste d’attesa e l’assunzione del personale necessario. Per noi la salute deve tornare ad essere centrale per la politica perché è un diritto che la nostra costituzione garantisce ad ogni singolo cittadino”. I deputati M5s in commissione Affari sociali hanno dichiarato di “unirsi al presidente Cartabellotta nel chiedere un immediato e drastico cambio di rotta, perché se la tendenza continuerà a essere questa sarà messo a rischio il diritto alla Salute, l’unico che la nostra Costituzione definisce ‘fondamentale’. Evidentemente la pandemia non ha insegnato niente e il governo dei Fratelli di tagli, al di là dei vuoti slogan con i quali si riempie la bocca, preferisce continuare a sacrificare la sanità e la salute degli italiani sull’altare della spesa militare e dei finanziamenti alle squadre di calcio”.

Per il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, parlamentare dell’Alleanza Verdi Sinistra, “l’entità della cifra mancante alla sanità pubblica del nostro Paese, calcolata dalla Fondazione Gimbe è mostruosa: ben 47 miliardi di euro. Di fronte ad un allarme del genere bisognerebbe che dalle parti di Palazzo Chigi ci fossero dei segnali di intervento e di iniziativa. Nulla di tutto questo, eppure siamo sull’orlo di un dramma vero e proprio, certo causato da troppi anni di tagli, ma che sta assumendo contorni sempre più preoccupanti e ingovernabili. Il diritto alla salute per i cittadini è a rischio. Questo è il punto e un tema del genere dovrebbe togliere il sonno a chi governa, che invece si preoccupa di aumentare le spese militari, ed è affaccendato volutamente in questioni di ben altro e basso livello. C’è da essere invece molto preoccupati e gli italiani sono stati finora fin troppo pazienti“.