Il sogno azzurro resta chiuso nel cassetto, sepolto sotto una tonnellata di buoni tiri costruiti e sbagliati nei primi due quarti di fronte alla nazionale più forte del globo. L’Italbasket dice addio al Mondiale ai quarti di finale contro gli Usa, come da pronostico. Le dimensioni del k.o. fotografano come gli uomini di Gianmarco Pozzecco non siano riusciti mai a impensierire il Dream Team: finisce 100-63 dopo un primo quarto accettabile al quale sono seguiti dieci minuti di dominio statunitense per il +24 dell’intervallo e una seconda metà di partita senza storia. Gli Stati Uniti sono stati solidi, ma senza far nulla di eccezionale in attacco quando l’hanno spaccata in due. La strada l’ha spianata l’Italia stessa con percentuali al tiro insufficienti (23/75 dal campo, appena il 18% da 3) per provare almeno a capire se si sarebbe potuto dare un senso alla serata.

La precisione deficitaria degli azzurri ha avuto anche un effetto collaterale: ha permesso agli Stati Uniti di raccogliere rimbalzi, correre in campo aperto e costruire all’intervallo il doppiaggio sul 48-24 che è stata una pietra tombale sui secondi venti minuti. Il resto è pura accademia, anche perché Simone Fontecchio e compagni hanno finito per affrettare tutto alla ricerca di un recupero – che non ha mai avuto uno spioncino per concretizzarsi – concedendo ancora più campo e spazio agli Usa: un invito a nozze per scatenare il proprio talento.

L’Italia si era illusa in avvio con Tonut e Melli (8-7) ma le seconde chances Usa avevano già segnalato una spia di ciò che gli azzurri non avrebbero dovuto fare. Gli altri guai sono tutti raccolti nelle percentuali di tiro, deficitarie sia in area che da 3. E se sulle prime c’era da giurarci anche alla vigilia della palla a due, riguardo alle seconde sono state il problema dei problemi. Il primo strappo di Team Usa è firmato da Haliburton (14-8) e gli unici due sprazzi di Fontecchio sono l’ultimo fuoco fatuo. Alla prima sirena il risultato dice 24-14 per gli Stati Uniti e al rientro va ancora peggio. La fisicità degli uomini di Kerr, attenti in fase di non possesso e con difesa allungata a rallentare la manovra italiana, destabilizza gli azzurri che non fanno mai canestro, anche quando costruiscono buoni tiri.

A metà secondo quarto l’Italia ha raccolto la miseria di 4 punti in 5′ e così il Dream Team allunga fino a doppiare l’Italbasket sul 36-18. All’intervallo la fotografia della partita è tutta nelle percentuali azzurre: 2/19 da 3 e 9/37 totale. Con un’imprecisione del genere, è impensabile poter rintuzzare gli Usa. La radice del problema sembra essere tutta nell’approccio: l’Italia è in paranoia, nonostante tensioni e pressioni avrebbero dovuto aleggiare solo sulla panchina americana. Al rientro gli Usa ripartono con tre triple e un Mikal Bridges dominante e l’Italia sprofonda sul 31-60, nonostante un minimo di tonicità in più grazie al verve di Fontecchio. Tanti saluti alla partita e alla semifinale.

Gli ultimi 18 minuti si trasformano così in un mix di quello ciò che al di là dell’oceano chiamano garbage time e showtime, il tempo “spazzatura” e quello dello spettacolo. Qualcosa di immeritato per ciò che gli Azzurri hanno fatto vedere nelle cinque precedenti partite del Mondiale ma che fotografa la differenza di valori in campo, al di là dell’illusione maturata a causa della sconfitta Usa contro la Lituania. Adesso inizia un altro Mondiale, quello degli umani, con il torneo che deciderà i piazzamenti dal quinto all’ottavo posto. Magra consolazione, anche perché non ci sono posti in palio per le Olimpiadi di Parigi, ma l’avventura in qualche maniera continua.

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