I conservatori, con Forza Italia in testa, non hanno mai amato il pubblico impiego e i servizi pubblici rivolti gratuitamente a tutti. Meno stato e più mercato è il loro motto ormai logoro. Così anche i conservatori di sinistra, i renziani di ogni forma per fortuna ora emarginati. La scarsa considerazione, quasi un’ostilità preconcetta, nei confronti della Pubblica Amministrazione ha raggiunto la sua punta più alta con il blocco degli stipendi e della progressione economica per il pubblico impiego nel quarto Governo Berlusconi del 2010, ministro dell’economia Giulio Tremonti. Ragioni emergenziali di finanza pubblica, si diceva allora.
Sta di fatto che l’ingiusto blocco, costato più di trenta miliardi ai dipendenti pubblici e prorogato poi anche dal governo Renzi, che peraltro risorse ne aveva visto il bonus fiscale concesso, è stato eliminato solo per l’intervento della Corte Costituzionale e non certo per l’azione del Parlamento. Poi qualcosa è stato recuperato, ma il danno economico è rimasto. Tuttavia, con una inflazione quasi nulla, la perdita è risultata contenuta. Ora la destra prova a suonare la stessa musica. Il ministro della funzione pubblica Paolo Zangrillo da qualche mese sta ripetendo che non ci sono soldi per i rinnovi contrattuali per la PA che scadono nel 2024 o che comunque ci sono solo delle briciole. Le voci di altri ministri, come quella del prof. Valditara che da mesi ciancia di un maggior riconoscimento economico della professione docente, non sono pervenute.
Occorre a questo punto cercare di fare un po’ di chiarezza, anche per spiegare come stanno realmente le cose in materia di contratti della PA ai vari ministri di sanità, istruzione e funzione pubblica che rischiano di farsi abbindolare dalla retorica del MEF. Probabilmente non sono esperti in materia.
Per chiarire i termini della questione non occorre essere grandi specialisti, a dispetto di quanto può sembrare. Punto primo: di quanti soldi stiamo parlando? Ovviamente questo dipende dai parametri di calcolo presi in considerazione, in particolare dal tasso di inflazione. Prendiamo come punto di riferimento il recente rinnovo dei contratti nel settore del legno, quindi qualcosa che è già accaduto nel settore privato. I lavoratori hanno ottenuto un dignitoso incremento salariale di base del 7,3%, un bonus per il 2022 e un’apertura sull’inflazione del 2023. Per i nostri scopi prendiamo solo l’incremento salariale e applichiamolo alla PA. Dai dati di contabilità nazionale sappiamo che il monte salari della pubblica amministrazione è stato nel 2022 di 176 miliardi. Il recupero, stile lavoratori del legno, comporterebbe una spesa per lo stato di quasi 13 miliardi. Una cifra notevole? Sì, ma si tratta di una cifra lorda. Una caratteristica interessante dei contratti dei dipendenti pubblici è che la metà delle somme spese dello stato rientra sotto forma di maggiori entrate, uno sconto quantificabile attorno al 50%.
Nella nuova legge di bilancio ci sarebbe un segno meno, l’uscita, e un segno più, l’entrata, con un saldo da finanziare di 7,5 miliardi. Si tratta di una cifra perfettamente sostenibile e sicuramente inferiore ai 9 miliardi che si devono trovare per rinnovare la riduzione dei contributi sociali per tutti i lavoratori dipendenti introdotta con due manovre per il solo 2023. Meloni potrebbe riprendere l’esempio del Governo Gentiloni che nella finanziaria per il 2018 inserì una somma di 2,85 miliardi per il rinnovo dei contratti della PA, pari ad un incremento mensile medio di 85 euro. Valore ovviamente da aggiornare perché allora l’inflazione era appena dell’1,2%.
Detto questo, tocchiamo il secondo punto egualmente importante. I soldi per rinnovare i contratti, il governo li ha oppure no? Siamo nella paralisi finanziaria provocata dalle infauste scelte del governo come nel 2011? Per fortuna non siamo nella situazione di allora, anche per la semplice ragione che i conti pubblici hanno il vento in poppa. L’inflazione bellica non ha gonfiato solo i profitti delle imprese, ma anche le entrate pubbliche. Questo è stato certificato dal MEF, quindi da Giorgetti stesso. In un comunicato del ministero di marzo 2023 si osservava come nel 2022 le entrate tributarie accertate abbiano avuto un incremento del 9,8%, cioè di 48 miliardi (!!). Per il 2023, la situazione sembra analoga. La favola della difficoltà dei conti dello stato che la destra conservatrice ha sempre usato contro i dipendenti pubblici è del tutto fasulla e quasi indecente dal punto di vista economico.
Se le risorse contrattuali oggettivamente ci sono, documentate e documentabili, per i 140 mila addetti del settore del legno come pure per i 3,2 milioni di pubblici dipendenti, allora la loro destinazione è una scelta puramente politica. Un governo serio e credibile sa cosa fare. Prima di tutto onora gli impegni legislativi nei confronti dei suoi dipendenti, li gratifica e riconosce il loro impegno, e poi destina la parte rimanente alle sue priorità politiche. Invertire il procedimento credo non sia una scelta razionale e anche controproducente sul piano politico in un’epoca di inflazione a due cifre. Per esempio, ridurre il cuneo fiscale è pienamente legittimo, e forse doveroso, ma non con i soldi scippati ai dipendenti pubblici.
Sarebbe molto curioso che anche una leader sovranista e populista si mettesse contro lo stato nella sua concreta realtà, cioè contro i dipendenti pubblici. Avremo un sovranismo nostrano e pavido, non molto diverso dalla deriva liberista dei figliocci di Berlusconi che chiedono, come il ministro Tajani, la riduzione del cuneo non tanto per aumentare il potere di acquisto dei lavoratori, ma per servilismo nei confronti di una Confindustria con poche idee ma molto attiva sul tema.
C’è da scommettere che se il governo destinerà come nel 2023 un misero bonus dell’1,5% all’aumento dei salari, stavolta il mondo variegato della PA non starà a guardare subendo passivamente un’enorme perdita economica, come è successo nel 2010.
Mario Pomini
Docente di Economia, Università di Padova
Economia & Lobby - 6 Settembre 2023
Rinnovo dei contratti nella pubblica amministrazione: è il caso di fare chiarezza
I conservatori, con Forza Italia in testa, non hanno mai amato il pubblico impiego e i servizi pubblici rivolti gratuitamente a tutti. Meno stato e più mercato è il loro motto ormai logoro. Così anche i conservatori di sinistra, i renziani di ogni forma per fortuna ora emarginati. La scarsa considerazione, quasi un’ostilità preconcetta, nei confronti della Pubblica Amministrazione ha raggiunto la sua punta più alta con il blocco degli stipendi e della progressione economica per il pubblico impiego nel quarto Governo Berlusconi del 2010, ministro dell’economia Giulio Tremonti. Ragioni emergenziali di finanza pubblica, si diceva allora.
Sta di fatto che l’ingiusto blocco, costato più di trenta miliardi ai dipendenti pubblici e prorogato poi anche dal governo Renzi, che peraltro risorse ne aveva visto il bonus fiscale concesso, è stato eliminato solo per l’intervento della Corte Costituzionale e non certo per l’azione del Parlamento. Poi qualcosa è stato recuperato, ma il danno economico è rimasto. Tuttavia, con una inflazione quasi nulla, la perdita è risultata contenuta. Ora la destra prova a suonare la stessa musica. Il ministro della funzione pubblica Paolo Zangrillo da qualche mese sta ripetendo che non ci sono soldi per i rinnovi contrattuali per la PA che scadono nel 2024 o che comunque ci sono solo delle briciole. Le voci di altri ministri, come quella del prof. Valditara che da mesi ciancia di un maggior riconoscimento economico della professione docente, non sono pervenute.
Occorre a questo punto cercare di fare un po’ di chiarezza, anche per spiegare come stanno realmente le cose in materia di contratti della PA ai vari ministri di sanità, istruzione e funzione pubblica che rischiano di farsi abbindolare dalla retorica del MEF. Probabilmente non sono esperti in materia.
Per chiarire i termini della questione non occorre essere grandi specialisti, a dispetto di quanto può sembrare. Punto primo: di quanti soldi stiamo parlando? Ovviamente questo dipende dai parametri di calcolo presi in considerazione, in particolare dal tasso di inflazione. Prendiamo come punto di riferimento il recente rinnovo dei contratti nel settore del legno, quindi qualcosa che è già accaduto nel settore privato. I lavoratori hanno ottenuto un dignitoso incremento salariale di base del 7,3%, un bonus per il 2022 e un’apertura sull’inflazione del 2023. Per i nostri scopi prendiamo solo l’incremento salariale e applichiamolo alla PA. Dai dati di contabilità nazionale sappiamo che il monte salari della pubblica amministrazione è stato nel 2022 di 176 miliardi. Il recupero, stile lavoratori del legno, comporterebbe una spesa per lo stato di quasi 13 miliardi. Una cifra notevole? Sì, ma si tratta di una cifra lorda. Una caratteristica interessante dei contratti dei dipendenti pubblici è che la metà delle somme spese dello stato rientra sotto forma di maggiori entrate, uno sconto quantificabile attorno al 50%.
Nella nuova legge di bilancio ci sarebbe un segno meno, l’uscita, e un segno più, l’entrata, con un saldo da finanziare di 7,5 miliardi. Si tratta di una cifra perfettamente sostenibile e sicuramente inferiore ai 9 miliardi che si devono trovare per rinnovare la riduzione dei contributi sociali per tutti i lavoratori dipendenti introdotta con due manovre per il solo 2023. Meloni potrebbe riprendere l’esempio del Governo Gentiloni che nella finanziaria per il 2018 inserì una somma di 2,85 miliardi per il rinnovo dei contratti della PA, pari ad un incremento mensile medio di 85 euro. Valore ovviamente da aggiornare perché allora l’inflazione era appena dell’1,2%.
Detto questo, tocchiamo il secondo punto egualmente importante. I soldi per rinnovare i contratti, il governo li ha oppure no? Siamo nella paralisi finanziaria provocata dalle infauste scelte del governo come nel 2011? Per fortuna non siamo nella situazione di allora, anche per la semplice ragione che i conti pubblici hanno il vento in poppa. L’inflazione bellica non ha gonfiato solo i profitti delle imprese, ma anche le entrate pubbliche. Questo è stato certificato dal MEF, quindi da Giorgetti stesso. In un comunicato del ministero di marzo 2023 si osservava come nel 2022 le entrate tributarie accertate abbiano avuto un incremento del 9,8%, cioè di 48 miliardi (!!). Per il 2023, la situazione sembra analoga. La favola della difficoltà dei conti dello stato che la destra conservatrice ha sempre usato contro i dipendenti pubblici è del tutto fasulla e quasi indecente dal punto di vista economico.
Se le risorse contrattuali oggettivamente ci sono, documentate e documentabili, per i 140 mila addetti del settore del legno come pure per i 3,2 milioni di pubblici dipendenti, allora la loro destinazione è una scelta puramente politica. Un governo serio e credibile sa cosa fare. Prima di tutto onora gli impegni legislativi nei confronti dei suoi dipendenti, li gratifica e riconosce il loro impegno, e poi destina la parte rimanente alle sue priorità politiche. Invertire il procedimento credo non sia una scelta razionale e anche controproducente sul piano politico in un’epoca di inflazione a due cifre. Per esempio, ridurre il cuneo fiscale è pienamente legittimo, e forse doveroso, ma non con i soldi scippati ai dipendenti pubblici.
Sarebbe molto curioso che anche una leader sovranista e populista si mettesse contro lo stato nella sua concreta realtà, cioè contro i dipendenti pubblici. Avremo un sovranismo nostrano e pavido, non molto diverso dalla deriva liberista dei figliocci di Berlusconi che chiedono, come il ministro Tajani, la riduzione del cuneo non tanto per aumentare il potere di acquisto dei lavoratori, ma per servilismo nei confronti di una Confindustria con poche idee ma molto attiva sul tema.
C’è da scommettere che se il governo destinerà come nel 2023 un misero bonus dell’1,5% all’aumento dei salari, stavolta il mondo variegato della PA non starà a guardare subendo passivamente un’enorme perdita economica, come è successo nel 2010.
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Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.