La Sesta Sezione della Corte di Cassazione, competente in materia di illeciti contro la pubblica amministrazione, ha recentemente emesso una sentenza (Cass. sez. VI, 24 maggio 2023, depositata lo scorso 25 luglio, n. 32319) che potrebbe avere un impatto significativo sul futuro dei concorsi universitari per il reclutamento di professori. La sentenza ruota attorno alla questione circa i tipi di comportamento che, per tali concorsi, possono essere considerati illegali secondo l’articolo 353 del Codice penale, che riguarda il delitto di “turbata libertà degli incanti,” comunemente noto come turbativa d’asta.
In particolare, la Cassazione ha stabilito che comportamenti fraudolenti, collusivi o minacciosi durante questi concorsi non costituiscono un reato ai sensi di questa disposizione legale. Invece, l’unica accusa penale che potrebbe derivare da tali comportamenti è quella di abuso d’ufficio. Questo aspetto è particolarmente rilevante alla luce della proposta di legge presentata dal Ministro Nordio, che prevede l’abolizione di questo reato. Se questa proposta dovesse diventare legge, ci sarebbe un vuoto legale significativo in termini di responsabilità penale per comportamenti scorretti durante i concorsi universitari.
Il caso di questa sentenza, infatti, riguarda la valutazione comparativa per una posizione accademica, presso l’Università di Torino, dove sono state fatte accuse di minacce, attività fraudolente, collusioni durante il processo di selezione per un posto di professore associato alla facoltà di medicina. In primo grado, gli imputati erano stati condannati per “turbata libertà degli incanti”, un reato che riguarda in genere la manipolazione di aste e gare. Tuttavia, in appello, questa decisione è stata annullata e si è optato per perseguire i reati di abuso d’ufficio e concussione proprio perché la “turbata libertà degli incanti” non sarebbe applicabile in questo contesto. Si capisce come tale decisione arrivi in un momento cruciale per via della riforma Nordio e la conseguente abolizione dell’abuso d’ufficio. Se questa proposta dovesse passare, il vuoto legislativo nel sistema di reclutamento accademico rischierebbe di diventare davvero preoccupante, rendendo più difficile perseguire comportamenti illeciti.
La sentenza, inoltre, è significativa per diverse ragioni. In primo luogo, sottolinea le potenziali lacune nella legislazione che potrebbero derivare dall’abolizione del reato di abuso d’ufficio. In secondo luogo, influenzerà probabilmente i procedimenti penali relativi a futuri concorsi universitari, rendendo difficile applicare il reato di “turbata libertà degli incanti” in casi simili. Infine, essendo in linea con la giurisprudenza esistente, enfatizza il principio costituzionale della specificità della legge penale, ossia che il testo della legge deve essere il confine oltre il quale né l’interpretazione né le considerazioni di giustizia sostanziale possono andare. Si apre, dunque, la questione che non spetta al giudice ma al legislatore italiano affrontare il problema del comportamento scorretto durante i concorsi universitari, specialmente alla luce della proposta di abolizione del reato di abuso d’ufficio. Vi è, infatti, un crescente bisogno di regolamentazione giuridica in questo settore e l’impatto potenziale di questa decisione è amplificato dalla riforma del 2020, che ha reso più difficile configurare tale reato, limitandolo a violazioni di leggi che non lasciano spazio a discrezionalità.
Questo pone problemi nel contesto universitario, dove la selezione dei candidati è per sua natura un processo discrezionale. Di conseguenza, si crea un vuoto di responsabilità penale che potrebbe essere sfruttato da coloro che cercano di manipolare i processi di selezione. In un Paese dove la pubblica amministrazione è spesso sotto scrutinio per problemi etici e dove il merito dovrebbe essere il criterio principale per l’avanzamento accademico e professionale, la sentenza mette in luce la necessità per il legislatore di affrontare questa lacuna normativa.
Manca, nei fatti, un meccanismo penale efficace per prevenire e reprimere comportamenti illeciti nei concorsi universitari, una lacuna che potrebbe avere ripercussioni negative non solo a livello nazionale ma anche internazionale. In assenza di un quadro giuridico chiaro e rigoroso, ci sono rischi che la fiducia nel sistema educativo e nelle istituzioni pubbliche possa essere erosa. Dopo questa sentenza, e con il reato di abuso d’ufficio che potrebbe essere abolito, chi partecipa ai processi di selezione accademica potrebbe sentirsi meno vincolato dalle regole e dall’etica, un segnale preoccupante per il futuro dell’educazione e della governance nel Paese.