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Settimana della Critica di Venezia, il corto diretto dall’affermato Federico Dematté è una fulminante tranche de vie

Per una manciata di ore immersi in una notte della periferia di Milano dove la sedicenne Cora e la sua “fam” si incontra/scontra con altri due ragazzi non proprio benvoluti e insieme scavalcano una rete per entrare di nascosto in una scuola

di Davide Turrini

Fra, zio, bro. Gambe larghe, sguardi simil truci, dondolio del corpo. Bombolette spray, canne e skate. Benvenuti nel corto Pinoquo, in Concorso alla Settimana della Critica di Venezia, per una manciata di ore immersi in una notte della periferia di Milano dove la sedicenne Cora e la sua “fam” si incontra/scontra con altri due ragazzi non proprio benvoluti e insieme scavalcano una rete per entrare di nascosto in una scuola. I due gruppi si scatenano distruggendo bagni, tavoli e muri, poi si scontrano tra loro a suon di estintori e bestemmie. In mezzo ci sono i flirt di Cora con uno dei suoi amici e uno dell’altro gruppo. Divise le bande, stanchi, esausti e un po’ fatti, Cora e i regaz rimangono a fumare nei corridoi finchè sembra quasi spuntare l’alba. Il corto diretto dall’affermato Federico Dematté è una fulminante, frenetica, istintiva tranche de vie che segue la grammatica del cinema classico (dettaglio, primi piani, primissimi piani, figure intere, campi lunghi) con rapidi e minuziosi scarti di montaggio per un naturalistico e non giudicante sguardo sul e del periferico. Lei è Cora Marcaccio e sembra già, in tutto e per tutto, Lea Seydoux. Musica quasi dolce e sottopancia di In the panchine, Pop X e Iiona.

Settimana della Critica di Venezia, il corto diretto dall’affermato Federico Dematté è una fulminante tranche de vie
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