“Vicino a un allevamento intensivo, probabilmente una casa non la comprerei”. Davanti a una domanda diretta, così ha risposto Lorenzo Fiordelmondo, sindaco di Jesi, in provincia di Ancona, nel corso del convegno organizzato dal Comitato per la Vallesina dal titolo Allevamenti intensivi nella Vallesina: opportunità o rischio?. La prima vera occasione di dialogo a queste latitudini, nel cuore della cosiddetta valle dei polli, dove i cittadini lamentano da tempo gli impatti degli allevamenti intensivi sulle loro vite, in primis a causa delle emissioni di ammoniaca e del cattivo odore. Alla tavola rotonda, moderata con la collaborazione de ilfattoquotidiano.it, che segue da tempo il tema degli allevamenti intensivi anche nelle Marche, hanno partecipato la giornalista Giulia Innocenzi, autrice dell’inchiesta Che polli!, andato in onda a gennaio 2023 nel corso della trasmissione Rai Report, Eleonora Evi, deputata e portavoce di Europa Verde, Carmen di Lauro, deputata del Movimento 5 Stelle e il professor Mauro Coltorti, portavoce del M5S di Jesi. Sebbene nella Marche si allevino 19 milioni di polli da carne all’anno e circa 13 milioni e 300mila si trovino proprio nella provincia di Ancona, il sindaco di Jesi è stato l’unico rappresentante istituzionale a partecipare al confronto, in alcuni momenti particolarmente acceso. Si è detto disponibile al confronto, pur ribadendo la sua linea: “Il principio di legalità e la volontà di trovare una condizione di equilibrio nella complessità. L’amministrazione è sempre a disposizione di tutti gli interlocutori”. “Dobbiamo tenerci la puzza?” gli è stato chiesto. “No, assolutamente, non bisogna tenersela la puzza”.
L’allevamento di polli di Ripa Bianca, il nodo dei rilevamenti – Si tratta dell’allevamento Fileni dove la scorsa estate la centralina dell’Arpa Lazio (quella dell’Arpam non aveva funzionato, ndr) ha riscontrato livelli di ammoniaca molto superiori a quelli indicati dell’Autorizzazione integrata ambientale. A marzo 2023, la Regione ha dato sei mesi di tempo all’azienda per rientrare in quei limiti. Una prassi che, denuncia il Comitato per la Vallesina “non esiste per la legge”. Il monitoraggio, inoltre, è stato affidato a una società che “collabora da anni con il Gruppo Fileni nella stesura dei progetti dei numerosi allevamenti aperti nella Vallesina”. I risultati sono stati pubblicati il 30 agosto scorso. Ora i valori rientrano nei limiti indicati dall’Aia, ma questi dati non hanno per nulla tranquillizzato i cittadini e il comitato ha chiesto l’accesso agli atti per capire come siano state eseguite le rilevazioni. “Le emissioni di un’azienda – ha commentato Giulia Innocenzi parlando di come funzionino i controlli in Italia – non le può controllare l’azienda stessa o un’azienda terza pagata dalla società interessata”. Il sindaco è massima autorità sanitaria locale. “La presenza delle produzioni odorigene è oggettiva. Mi sono rivolto alle autorità sanitarie competenti per capire se ci fosse un problema di salute pubblica – ha detto – ma siamo al di fuori del danno e, dunque, non posso applicare il mio potere di ordinanza contingibile e urgente”. Ma per i cittadini il danno c’è, eccome. Mauro Coltorti, portavoce M5S di Jesi, ha affrontato il tema dei diversi impatti sul territorio, da quello sulle risorse idriche, ai rischi per la salute legati alle emissioni di ammoniaca e alle polveri sottili, in assenza di controlli adeguati. “In Vallesina è stato monitorato un unico stabilimento, ma solo a Jesi ce ne sono cinque!” ha commentato. E a Jesi si producono “150 polli ogni anno, per ogni abitante, rispetto ad una media nazionale di 6” ha ricordato Tesei.
A Monte Roberto il Comune approva la variante che serviva a Fileni – Nel frattempo, altrove l’amministrazione comunale si muove, ma non nella direzione dei cittadini. A Monte Roberto, sempre in provincia di Ancona, il Consiglio di Stato aveva annullato il provvedimento autorizzatorio unico regionale per un allevamento e la Regione, di conseguenza, dopo aver dato l’ok ne aveva dovuto disporre la chiusura entro il 31 ottobre 2022. Quello che mancava al progetto di Fileni era una variante al Piano regolatore del comune, perché l’allevamento è all’interno di una fascia fluviale protetta. A novembre, però, è stata la deputata Eleonora Evi a chiamare i carabinieri, che nello stabilimento hanno trovato 400mila polli. Dopo l’intervento, ripreso dalle telecamere di Report e raccontato da ilfattoquotidiano.it, il Consiglio di Stato ha ribadito che l’allevamento deve restare chiuso, ma il Comune ha approvato la variante al Piano Regolatore. Così un gruppo di cittadini ha presentato ricorso al Tar.
Il modello degli allevamenti intensivi – Eleonora Evi ha ricordato che gli allevamenti intensivi sono industrie, ma sono il modello produttivo maggiormente sostenuto dalla Politica agricola comune, mentre – rispetto all’inquinamento – a luglio scorso l’Europarlamento ha votato contro l’inclusione degli allevamenti bovini nella direttiva sulle emissioni industriali, bocciando la proposta della Commissione Ue. “In pratica si è votato per lo status quo” ha detto, ricordando che “restano nel campo di applicazione della normativa solo gli allevamenti di suini con più di 2mila capi o 750 scrofe e quelli di pollame con più di 40mila capi, esattamente come avviene già”. La deputata del M5S, Carmen Di Lauro ha ricordato il ruolo dell’ammoniaca nella formazione delle polveri sottili e il caso eclatante della Lombardia, ma ha anche sottolineando “l’importanza e la difficoltà di parlare di questi temi, anche attraverso i media nazionali, a causa delle pressioni delle lobby del settore”.
Leggi ambigue e controlli insufficienti. Anche sul bio – Il problema dei controlli è legato a quello di una normativa inadeguata e si riscontra in tutta la filiera. “Le leggi sono scritte appositamente in modo ambiguo – ha spiegato Giulia Innocenzi – per mettere in difficoltà chi deve fare i controlli e che spesso è costretto a fidarsi di quanto dichiarato dagli allevatori”. E vale anche per il biologico. “La Legge prevede che il pollo allevato con metodo biologico passi a terra un terzo della propria vita. Ma un terzo di cosa? Della giornata? Un giorno intero ogni tre? E chi controlla il biologico? Un’azienda pagata dall’azienda stessa, non l’ente pubblico”. E l’etichettatura non garantisce trasparenza al consumatore. “Una legge sull’etichettatura trasparente non verrà mai adottata – ha aggiunto – perché il consumatore che legge che la carne proviene da un allevamento intensivo scappa, ma il 90% di carne e latte che troviamo al supermercato viene proprio da quel tipo di produzione”.