La Cina dell’auto elettrica fa sul serio, giocando una partita commerciale globale su più tavoli. Su quello domestico i costruttori locali stanno progressivamente sopravanzando i marchi stranieri, anche grazie a un mercato che nei primi otto mesi dell’anno è cresciuto raggiungendo i 12,7 milioni di nuove auto immatricolate, di cui oltre un terzo (4,27 milioni) sono 100% elettriche o ibride plug-in (ricaricabili alla spina): ben il 35% rispetto in più allo stesso periodo del 2022, con una domanda che continua ad essere molto sostenuta. La sfida, come detto, è segnata anche fuori dai confini nazionali. E riguarda soprattutto l’Europa, dove solo nel mese di luglio i brand cinesi hanno quasi raddoppiato la loro quota di mercato, raggiungendo il 2,5%: una crescita legata principalmente alle vendite di auto elettriche, in progresso del 62%, e che vede marchi come MG, Byd e Lynk & Co fare da traino sul versante dei volumi nel vecchio continente.

Non è un caso che ad ogni kermesse motoristica internazionale la pattuglia di brand cinesi sia sempre più nutrita. Un esempio? Al salone dell’auto di Monaco che si sta svolgendo in questi giorni sono addirittura sette: BYD, Dongfeng, HiPhi, Leapmotor, MG, Seres e Xpeng. Se si includono nel conteggio le vetture costruite in Cina da Smart e Polestar (marchi europei detenuti dal colosso Geely), appare ancora più chiaro quali siano le ambizioni della Repubblica Popolare nel campo automotive. In più, il 6 settembre, sempre a Monaco, va in scena la fiera cinese della mobilità elettrica, il World New Energy Vehicle Congress: è la prima volta che questa manifestazione si svolge fuori dalla Cina. Una chiara dichiarazione d’intenti, che rende palese come la mobilità a elettroni rappresenti la vera testa di ponte per la conquista del mercato nostrano da parte dei costruttori cinesi. Al punto da indurre alcuni paesi, come la Francia, a studiare escamotage (nella fattispecie le “emissioni lifecycle”, legate all’intero ciclo vita della vettura) per escluderne i modelli dagli incentivi statali per l’eco mobilità.

Ma perché l’auto elettrica cinese fa così paura? Come ha recentemente spiegato il numero uno dell’ACEA (l’associazione che raccoglie i costruttori europei) Luca De Meo, “la Cina è avanti a tutti nel mondo sulle auto elettriche perché possiede i materiali necessari alla costruzione delle batterie. Litio, cobalto, terre rare: l’Europa ne controlla il 2% a livello mondiale, con prospettive di arrivare al 5% entro il prossimo decennio. Ma non di più, perché tutto il resto è in mano a aziende cinesi, che ne controllano prezzi e distribuzione”. Un vantaggio competitivo che, secondo De Meo, si concretizza anche a livello normativo e di investimenti: “Oltre a usufruire di un mercato del lavoro meno costoso, in Cina si produce energia bruciando carbone sostanzialmente senza limiti all’inquinamento. In Europa invece abbiamo norme molto più stringenti riguardo all’eco sostenibilità. Senza dimenticare che l’industria cinese investe circa 100 miliardi di dollari all’anno sulla mobilità elettrica, una cifra monstre che l’Europa non può permettersi”.

Non argomentazioni banali, visto che il nodo principale per l’acquisto di EV rimane il prezzo: i listini dei marchi tradizionali rimangono proibitivi, mentre quelli cinesi sono oggettivamente più abbordabili. Situazione che il più grande produttore di auto elettriche al mondo, Tesla, ha provato a contrastare abbassando ripetutamente e drasticamente negli Stati Uniti i prezzi dei suoi due modelli più rappresentativi, la Model S e la Model X, a costo di sacrificare parte del loro valore residuo. L’ultimo taglio è arrivato pochi giorni fa, a stretto giro di posta dal penultimo di metà agosto e a pochi giorni dalla presentazione del restyling della Model 3 al salone di Monaco, e ha portato la riduzione del prezzo da inizio anno di 30mila dollari per la berlina e 41mila per lo sport utility. Non esattamente bruscolini. La strategia a doppio binario di Elon Musk prevede, da un lato, il contrasto diretto “al botteghino“, e dall’altro la fruizione (finora impossibile per chi acquistava certi modelli Tesla) dei sussidi statali per le auto elettriche previsti dall’Inflation Reduction Act messo a punto dai tecnici del presidente Joe Biden per agevolare la transizione energetica. Se risulterà efficace come il patron dell’azienda californiana auspica, forse potrà ispirare anche altri.

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