Scuola

Come funzionerà “l’educazione alle relazioni” nelle scuole? Gruppi di discussione tra studenti, docenti, psicologi. Le anticipazioni

Dai primi di novembre nelle scuole superiori partirà il progetto di educazione alle relazioni con docenti formati, psicologi, giuristi ed altri esperti, dando la possibilità ai ragazzi di farlo con il metodo “peer education”. Dopo i casi di violenza sessuale di Palermo e Caivano, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara aveva annunciato un intervento all’indomani della ripresa delle lezioni. In un’intervista a “Il Messaggero”, l’inquilino di viale Trastevere aveva parlato di corsi di formazione specifica sulla parità di genere e di contrasto a ogni residuo di “machismo e maschilismo”. Un intervento accompagnato da linee guida che il professore leghista aveva promesso di inviare a tutti i presidi al più presto. Parole pronunciate sull’onda dei terribili fatti avvenuti in Campania e Sicilia ma fino a ora rimaste sulla pagina di un quotidiano. Molti docenti ma anche genitori si sono chiesti cosa avesse in testa il ministro.

Ora “Il Fatto Quotidiano.it”, grazie ad autorevoli fonti, è in grado di svelare in esclusiva quanto è sulla scrivania del leghista, entrando nel dettaglio del piano ideato a Roma. Stiamo parlando di un progetto che prenderà il nome di “Educare alle relazioni” e sarà rivolto a tutte le scuole superiori del Paese. Le linee guida sono già state scritte ma saranno presto condivise con le associazioni degli studenti e dei genitori prima di essere emanate entro la fine di ottobre in modo da far partire il tutto con i primi giorni di novembre. Che accadrà? Ogni scuola sarà invitata, nella sua autonomia, ad avviare dei gruppi di discussione e di autoconsapevolezza sulla scorta del metodo Balint. Di che si tratta? Una collaudata metodologia di formazione esperienziale creata originariamente dallo psicoanalista Michael Balint centrata sull’azione del gruppo come strumento facilitatore del pensiero. Nelle scuole ciò che sarà essenziale per parlare di rispetto dell’altro, della percezione di genere, di stereotipi, sarà proprio il lavoro di gruppo. In ogni istituto si attiveranno più “team” di ragazzi composti da sei- dodici studenti al massimo (possibilmente di età omogenee) che si incontreranno almeno una volta ogni due settimane per una o due ore, fino al mese di marzo. Compito dei dirigenti sarà individuare un referente per ogni istituto che insieme ad altri docenti che aderiranno volontariamente al progetto, sarà formato per il lavoro che sarà messo in campo. Non solo: saranno i presidi con gli organi collegiali a decidere se prevedere questa attività durante le ore di lezione o nel pomeriggio. A dare la disponibilità al ministero ad andare in questa direzione è già intervenuto il Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi. Ciò significa che questi “esperti” potranno entrare a scuola e fare da consulenti ai docenti ma anche ai gruppi di studenti, qualora ce ne fosse la necessità.