Ci risiamo. La pornografia è ancora una volta il capro espiatorio di una società patriarcale e maschilista che non sa e non vuole cambiare. C’è chi, in questi giorni in cui gli stupri di ragazzine riempiono i giornali e i talk show a base di urlatori, rispolvera il vecchio alibi. «Non esiste un legame diretto fra porno e condotta sociale», spiega Pietro Adamo, docente di Storia delle Dottrine Politiche all’Università di Torino, nonché uno dei massimi studiosi della pornografia, tema su cui ha scritto numerosi libri (Il porno di massa, Cortina 2004, e Hard Core: istruzioni per l’uso, Mimesis 2021, solo per citarne un paio) e che nell’ultimo decennio ha anche tenuto corsi universitari sul tema.
Precisa Adamo: «Gli psicologi clinici che, tra gli anni ’70 e ’90, hanno lavorato sulla questione negli Usa e in Canada (Edward Donnerstein, Neil Malamuth) hanno sì affermato che l’esposizione al porno possa abbassare negli uomini i livelli di inibizione, ma quel che non sono riusciti a dimostrare è che esista una relazione causale tra fruizione del porno e propensione allo stupro. Se la relazione causale ci fosse, il mondo sarebbe pieno di stupratori visto l’altissimo numero di fruitori dell’hard. Il vero problema è, invece, che continuiamo a vivere in un sistema fondato storicamente su una concezione della mascolinità come elemento biologicamente e culturalmente superiore che porta a un assurdo diritto di poter asservire e assoggettare la donna, di confinarla in casa, in cucina, in camera da letto, e di sottrarle il controllo del proprio corpo (persino impedirle di abortire: vedi Polonia o Stati Uniti). Gli stupri di Caivano e Palermo, ma anche tutte le altre aggressioni sessuali di cui siamo quotidianamente testimoni o di cui nulla sappiamo perché non vengono denunciate, sono dovuti alla preminenza di questo sistema ideologico che è anche, con chiarezza, la base della diffusione del femminicidio nel nostro paese».
Il parere di Fabrizio Zanoni, già caporedattore della rivista Video Impulse che, già trent’anni fa, affrontava seriamente i temi del porno, è parzialmente diverso nell’analisi del fenomeno: «Oggi molti adolescenti sono liberi di vedere in Rete i porno estremi, per esempio di Legal Porno, video violenti, con stupri di gruppo e penetrazioni anali forzate, che, osservati da ragazzini che vivono in contesti sociali borderline di profonda ignoranza, hanno un effetto devastante». Mentre Rocco Siffredi, che ha fondato la propria carriera e riempito il proprio portafoglio grazie all’hard – in molti casi violento – si schiera oggi, un po’ ipocritamente, dalla parte della causa effetto porno-violenza.
«Prima che l’hard divenisse di massa ed era quindi visto da pochi», puntualizza ancora Adamo, «lo stupro era altrettanto abituale (forse di più) di quanto lo sia oggi. In India, uno dei Paesi che registra il maggior numero di stupri al mondo, il porno è proibito. È vero che molti adolescenti oggi affrontano l’hard core sin dalla più tenera età (con il cellulare…) senza alcuna preparazione, senza alcuna nozione di educazione sessuale che in Italia è latitante perché una cultura reazionaria si è sempre opposta a insegnarla nelle scuole. Molti ragazzi finiscono così per scambiare il porno con il sesso stesso, pensando ‘si fa così’, mentre la pornografia ha linguaggi e forme assai più complesse, sviluppate nei secoli e che la rendono una messa in scena del sesso del tutto peculiare. Tutta la pornografia contemporanea (con poche eccezioni, minoritarie, in genere alternative e femministe come certi approcci al tema di alcune registe donne e del post-porno) si fonda da decenni, superato l’idealismo emancipatore degli anni ‘70, su una concezione oggettivante del corpo della donna, proposta come iperdisponibile, assatanata, pronta a tutto, pur di soddisfare, ovviamente, il desiderio maschile».
Insomma, viviamo ancora in un patriarcato e ci si aggrappa alle presunte nefaste conseguenze della pornografia per scaricare i sensi di colpa di una società arretrata… Su questo punto Adamo non ha dubbi: «Questo mi sembra l’elemento decisivo. Il perdurare di una cultura patriarcale che produce strutturalmente maschilismo, sessismo, sciovinismo e che punta a imporre come unico modello di sessualità legittima quello eterosessuale tradizionale, con tutte le sue gerarchie costruite nei millenni, in primis quella dell’uomo sulla donna che reclama autonomia. E la destra al governo italiano segue, nei fatti, questa linea, discriminando tutto ciò che non è famiglia tradizionale, alimentando la concezione della donna e del suo corpo come proprietà dell’uomo… In altri termini, un clima da stadio o da bar sport, che incoraggia ogni stupratore e violento in circolazione. Ed è questo che lo spinge allo stupro, non certo il porno».