Proprio mentre in Italia gli industriali sostengono che aumentando gli stipendi salirebbero Pil e gettito per lo Stato, il che conferma quanto miope e retriva sia la posizione del governo Meloni sia sul salario minimo che sulla “guerra ai poveri”, in America il sindacato ritrova l’orgoglio che aveva perso da anni e ha ricominciato a lottare per gli operai e per il miglioramente delle loro condizioni di lavoro. La United Auto Workers, il sindacato americano del settore auto, sta facendo parlare di sé dopo aver presentato una denuncia contro General Motors, Ford e Stellantis, un’accusa alle tre Big del comparto automobilistico per “pratiche lavorative sleali”. Motivo: le aziende si rifiutano “illegalmente” di contrattare in buona fede, mentre il sindacato sostiene di cercare sostanziali aumenti salariali e miglioramenti dei benefici (fattori importanti per l’intera economia nazionale, anche stando alle conclusioni dello Studio Ambrosetti). Ricordiamo per inciso che Stellantis N.V. è una holding multinazionale da 180 miliardi di dollari di fatturato annuo, presieduta da John Elkann con sede legale ad Amsterdam, colosso nato dalla fusione tra i gruppi Fiat Chrysler Automobiles e PSA (tra i marchi: Chrysler, Peugeot, Fiat, Jeep, Citroën, Opel, Dodge, Alfa Romeo, Maserati e molti altri).

Il nuovo eroe degli operai del settore auto Usa, il presidente della UAW Shawn Fain, 54 anni, eletto appena cinque mesi fa in sostituzione del precedente capo della triplice finito in galera per un brutto caso di corruzione, ha annunciato la dura, e inusuale, mossa appena due settimane prima della scadenza dei contratti collettivi di lavoro. “Mi spiace riferire che i Tre Grandi o non ci ascoltano, o non ci prendono sul serio”, ha detto Fain. Lui, che ha iniziato la sua carriera sindacale da ragazzo come elettricista in uno stabilimento Chrysler a Kokomo, Indiana, qualcosina la sa, sull’azienda e le condizioni effettive di lavoro alla catena di montaggio. La UAW ha avanzato una serie di richieste che includono il recupero dei benefici a cui i lavoratori hanno dovuto rinunciare nelle passate trattative, autocensura per aiutare le aziende a sopravvivere nella fase di crisi per gli shutdown da Covid. Fain è molto radicale, motivato e attacca frontalmente, spinge anche per una settimana lavorativa più breve, di 32 ore, con 40 ore di paga, e per un aumento salariale orario del 46 per cento in quattro anni (sarebbe il più grande nella storia recente del comparto) più ferie retribuite e l’eliminazione di livelli di reddito che lasciano ai nuovi lavoratori retribuzioni e benefici irrisori.

Le Tre Big hanno definito le proposte di Fain “eccessive” e, se pienamente attuate, “dannose”, perché intaccano la capacità di competere con i rivali “non sindacalizzati” di General Motors, Ford e Stellantis, come Tesla, il cui costo del lavoro è molto più basso. Un analista di Wells Fargo ha stimato che le richieste sindacali, allo stato attuale, farebbero aumentare di 6-8 miliardi di dollari all’anno le spese di manodopera per ciascuna azienda. Ford è un poco più malleabile ma “il rifiuto di GM e Stellantis di contrattare in buona fede non solo è offensivo e controproducente, è anche illegale”, ha spiegato Fain, che ha presentato l’accusa di pratiche di lavoro sleali sia contro GM che contro Stellantis presso il National Labor Relations Board (Consiglio nazionale per le relazioni lavorative). La commissione del lavoro ha fatto sapere che indagherà.

Il tema è caldissimo, negli Stati Uniti come in Italia, e la questione di salari inadeguati soprattutto rispetto all’impennata dell’inflazione (circa +10% annuo sui prodotti alimentari) terrà banco ancora lungo. Il clima è teso, l’autunno sarà più che caldo. Per l’America, secondo un sondaggio Gallup pubblicato la scorsa settimana, il 75 per cento dell’opinione pubblica si schiera con i membri della UAW rispetto alla gestione dei contratti da parte delle case auto. Per il nuovo leader della UAW (chissà se Landini lo conosce) la “più forte linea di difesa” contro l’ostruzione e la lotta all’attività sindacale è “la nostra capacità di intraprendere un’azione collettiva”. “L’obiettivo della UAW non è scioperare. L’obiettivo è contrattare un contratto giusto. Ma se dobbiamo scioperare per ottenere giustizia economica e sociale, allora lo faremo” ha detto Fain.

GM e Stellantis hanno respinto al mittente le accuse di violazione della legge definendole “frivole” e senza merito. Ma il neopresidente UAW è inamovibile, battagliero e soprattutto motivato ideologicamente. Già: in un evento pubblico lo scorso marzo disse che il sindacato stava combattendo il suo “unico vero nemico: le multinazionali multimiliardarie”. Posizione radicale, la più estrema nella difficile dialettica dei rapporti di lavoro, che sembra però poggiare sul semplice “buon senso” economico, se non sulla necessità di un po’ di giustizia redistributiva. “Non è possibile che questi colossi facciano profitti per 21 miliardi di dollari in sei mesi e si aspettino che i propri lavoratori accettino un contratto mediocre”, ha affermato Fain.

L’annuncio della denuncia contro due delle tre grandi case auto è arrivato quando Ford ha risposto all’offerta della UAW con una proposta di aumento salariale del 9 per cento in quattro anni, nonché “una riduzione del tempo necessario ai lavoratori per giungere in cima alla scala salariale da otto a sei anni, l’eliminazione delle fasce di stipendio, un aumento iniziale del 20 per cento per i lavoratori temporanei fino a 20 dollari l’ora, più bonus di ratifica di 5.500 dollari e 12.000 dollari in quattro anni per quelli che l’azienda chiama “bonus di adeguamento al costo della vita” stando al Detroit News. Un lavoratore dello stabilimento Ford di Cleveland, in Ohio, ha raccontato al quotidiano che la proposta dell’azienda è “nient’altro che uno schiaffo in faccia”. “Abbiamo un sacco di lavoratori temporanei qui che guadagnano 16,70 dollari l’ora, e riescono a malapena a sopravvivere: 20 dollari, non è molto meglio”. Il nuovo capo carismatico del più forte sindacato degli Stati Uniti (400.000 membri, una frazione però di quanti erano negli anni Ottanta) come ovvia conferma, e rilancia. “Le proposte salariali di Ford non solo non soddisfano i nostri bisogni, sono un vero insulto”.

La UAW ha annunciato che il 97 per cento dei suoi iscritti che lavorano negli impianti di General Motors, Ford e Stellantis ha già votato il 25 agosto per autorizzare il maxi sciopero, se entro il 14 settembre non verrà raggiunto un accordo contrattuale adeguato. Quando gli è stato chiesto se fosse preoccupato per un possibile sciopero nel settore auto, il presidente Biden ha detto: “No, non sono preoccupato, finché non accade. Non credo che accadrà.” Invece dai rumors provenienti dalle due controparti, pare proprio che l’inquilino della Casa Bianca sarà smentito.

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