Come se la passano le prime 200 mila persone che tra fine luglio e fine agosto si sono viste togliere il Reddito di cittadinanza? Molte di loro già non riescono a fare la spesa e presto finiranno sulla strada. È quanto riferisce Nonna Roma, il banco del mutuo soccorso che nella Capitale supporta ogni mese 10 mila persone anche attraverso la distribuzione alimentare. “Chi almeno quel problema l’aveva risolto ora ha bisogno di cibo”, spiega il presidente Alberto Campailla. “Tra gli ex beneficiari del Reddito le richieste di pacchi alimentari sono aumentate almeno del 30% e le cose non potranno che peggiorare”, precisa Pasquale Rosania, responsabile degli sportelli dell’associazione, presi d’assalto dopo il primo sms dell’Inps che a fine luglio ha comunicato a 170 mila persone lo stop al Reddito. Un messaggio che per molti è già una condanna esecutiva alla fame e alla strada. “La paura più grande è quella di perdere la casa perché il Reddito prevedeva un contributo che ora non c’è più. Se aggiungiamo che il governo ha azzerato i fondi per affitto e morosità incolpevole sembra un disegno volutamente architettato”, accusa Campailla, promotore della campagna nazionale ‘ci vuole un reddito‘ alla quale Nonna Roma partecipa insieme ad altre 200 realtà che torneranno a manifestare il prossimo 23 settembre.

Chi ha perso il Reddito perché “occupabile” in base alle regole della riforma, dal primo settembre può fare domanda per i 350 euro al mese (per un massimo di 12 mesi) del Supporto per la formazione e il lavoro. “Ma prima di vedere quel contributo, peraltro insufficiente, ci sono molti passaggi e richiedono tempo: il governo ha creato un sistema farraginoso che richiederà mesi a famiglie con bisogni impellenti che fin d’ora non hanno di che vivere”, rilancia Campailla. E conferma quanto scritto dal Fatto sull’esclusione dei Centri per l’impiego dalla nuova piattaforma Siisl, alla quale i cosiddetti occupabili devono iscriversi per ottenere i 350 euro, compilando e caricando il proprio curriculum e scegliendo le agenzie per il lavoro o gli enti di formazione dai quali essere contattati per un impiego o un corso professionale. Scelte nelle quali i Cpi accompagnavano i beneficiari del Reddito e che gli occupabili dell’era Meloni dovranno fare senza che qualcuno li aiuti ad orientarsi. “Non dimentichiamo – prosegue – che si tratta di una platea poco scolarizzata, scarsamente informata e per nulla digitalizzata, che il governo ha deciso di privare anche di una relazione umana fondamentale per un percorso di riattivazione”.

Ma l’associazione non si fa illusioni: “Ben poche tra le persone che aiutiamo perché private del sostegno saranno in grado di trovare un lavoro”, dichiara il responsabili dell’attività di sportello. “Per accedere al Supporto per formazione e lavoro bisogna avere un Isee sotto i seimila euro, ancora più basso di quello necessario per il Reddito come per il futuro Assegno di inclusione che dal 2024 lo sostituirà. In altre parole bisogna essere ancora più poveri e per esperienza posso dire che tra queste persone le fragilità sono tante, anche psichiche, molte delle quali non tenute in considerazione dalle normative attuali”. E condivide una previsione: “Nei 12 mesi che concede loro il governo nessuna di queste persone troverà un lavoro. Se poi parliamo di un lavoro che dia da vivre o che addirittura permetta di affrancarsi dalla povertà, la mia risposta è due volte no”. Il risultato? “A meno di non cambiare rotta, tutto ricadrà sugli enti locali, già oggi in affanno e vessati da una cronica mancanza di risorse. E poi sul terzo settore, sul volontariato”. Cosa accadrà quando anche i 350 euro del Supporto formazione e lavoro non verranno più erogati? “Queste persone usciranno dal radar dello Stato, saranno fantasmi che incroceremo nelle code davanti a un banco alimentare”. Oltre la contingenza, conclude Rosania, “dobbiamo considerare che la digitalizzazione, il dumping di altri Paesi e una competizione che l’Italia gioca tutta sul costo del lavoro non consente una quota di disoccupati inferiore a quella attuale. Senza investimenti seri sulla riqualificazione professionale continua e un welfare che non abbandoni le persone tra un impiego e l’altro l’esclusione sociale è destinata ad aumentare”.

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