Siamo molto vicini ai 2 euro al litro per la benzina con il diesel segue a ruota e, come al solito, leggiamo le usuali invettive contro gli “speculatori”, gli untori di turno. Ma il problema è strutturale e non pensate che basti qualche pezza appiccicata alla buona dal governo per evitarlo. Tutto il sistema energetico mondiale sta cambiando. Anche se siamo ancora ben lontani dal poter fare a meno del petrolio, ci stiamo muovendo verso un mondo diverso dove non ne avremo più bisogno grazie alle energie rinnovabili e il trasporto elettrico.
Vediamo di entrare nei dettagli. Ci insegnano i testi di economia che i prezzi sono il risultato del gioco fra domanda e offerta. Nel caso del petrolio, l’offerta è determinata dalle capacità produttive dell’industria. Qui, il problema è che l’estrazione sta diventando sempre più costosa a causa del graduale esaurimento che forza a dover andarselo a cercare dove ce n’è ancora, ovvero da pozzi molto profondi, o in luoghi remoti, o da robaccia tipo gli scisti bituminosi.
Verso l’inizio del secolo corrente, si riteneva che i costi di estrazione crescenti avrebbero portato a raggiungere la massima produzione di petrolio (“picco del petrolio”) entro la fine del 2° decennio del secolo. Ma quelle stime sono state superate da un asso nella manica tirato fuori dall’industria petrolifera: lo “shale oil” (petrolio di scisto) negli Stati Uniti. E’ stata una rivoluzione che, fra le altre cose, ha permesso agli Stati Uniti di continuare a giocare ancora per un po’ al re del castello planetario. Con il miracolo del petrolio di scisto, oggi siamo di nuovo a livelli produttivi globali quasi pari a quelli del 2019, prima del disastro Covid. Se non succede niente di orribile, tipo una bella guerra nucleare, dovremmo riuscire a mantenere questi livelli fino al 2028, circa.
Dall’altra parte del gioco dei prezzi, c’è la domanda. Un problema è che il sistema economico globale è in difficoltà, specialmente con i guai che sta passando l’economia cinese. Ma un problema ancora più importante è che i veicoli elettrici si stanno affacciando sul mercato con la promessa di ridurre in modo sostanziale la domanda di petrolio. Certo, le auto elettriche rappresentano tuttora soltanto poco più del 2% del parco veicoli mondiale. Ma la crescita è rapidissima e ci si aspetta che causerà una sostanziale riduzione dei consumi di combustibili liquidi.
Meno domanda vuol dire prezzi più bassi e non ci deve sorprendere che gli operatori del mercato petrolifero si rendano conto che per loro il tempo dei barili grassi si avvia alla fine. E non sorprende che stiano tirando a “rientrare” dai loro investimenti cercando di fare aumentare i prezzi. Per esempio, leggiamo nelle riviste finanziarie che nessuno ha intenzione di investire ulteriormente sul petrolio di scisto: è stato un miracolo che a breve non lo sarà più. Leggiamo anche che i Sauditi hanno notevolmente ridotto le loro esportazioni. Lo sanno che le loro risorse non sono infinite e cercano di tirarne fuori la miglior resa economica possibile. In sostanza, i produttori stanno cercando di strizzare quello che possono dai consumatori, finché possono.
Così, i prezzi alti dei carburanti che vediamo oggi hanno una loro logica e ci dobbiamo aspettare di vederli ancora per alcuni anni, sia pure con le oscillazioni tipiche di un mercato speculativo come quello del petrolio. Per quelli di noi che non sono speculatori petroliferi, rimane la possibilità di difenderci attrezzandosi per fare a meno del petrolio il più possibile. Il trasporto elettrico, sia pubblico che privato, è un arma efficace che abbiamo in mano ma, curiosamente, in Italia molti hanno capito tutto al contrario. Hanno dato la colpa alle macchine elettriche che invece, semmai, tengono bassi i prezzi riducendo la domanda. Così, ci ritroviamo a essere il paese occidentale con i più bassi livelli di penetrazione dei veicoli elettrici. Sarebbe decisamente il caso di ripensarci per il bene dei nostri polmoni, del nostro portafoglio, e della bilancia commerciale di tutto il paese.
Ugo Bardi
Prof.
Economia & Lobby - 10 Settembre 2023
Benzina a 2 euro al litro, il segno che il tempo dei barili grassi si avvia alla fine. Cosa possiamo fare?
Siamo molto vicini ai 2 euro al litro per la benzina con il diesel segue a ruota e, come al solito, leggiamo le usuali invettive contro gli “speculatori”, gli untori di turno. Ma il problema è strutturale e non pensate che basti qualche pezza appiccicata alla buona dal governo per evitarlo. Tutto il sistema energetico mondiale sta cambiando. Anche se siamo ancora ben lontani dal poter fare a meno del petrolio, ci stiamo muovendo verso un mondo diverso dove non ne avremo più bisogno grazie alle energie rinnovabili e il trasporto elettrico.
Vediamo di entrare nei dettagli. Ci insegnano i testi di economia che i prezzi sono il risultato del gioco fra domanda e offerta. Nel caso del petrolio, l’offerta è determinata dalle capacità produttive dell’industria. Qui, il problema è che l’estrazione sta diventando sempre più costosa a causa del graduale esaurimento che forza a dover andarselo a cercare dove ce n’è ancora, ovvero da pozzi molto profondi, o in luoghi remoti, o da robaccia tipo gli scisti bituminosi.
Verso l’inizio del secolo corrente, si riteneva che i costi di estrazione crescenti avrebbero portato a raggiungere la massima produzione di petrolio (“picco del petrolio”) entro la fine del 2° decennio del secolo. Ma quelle stime sono state superate da un asso nella manica tirato fuori dall’industria petrolifera: lo “shale oil” (petrolio di scisto) negli Stati Uniti. E’ stata una rivoluzione che, fra le altre cose, ha permesso agli Stati Uniti di continuare a giocare ancora per un po’ al re del castello planetario. Con il miracolo del petrolio di scisto, oggi siamo di nuovo a livelli produttivi globali quasi pari a quelli del 2019, prima del disastro Covid. Se non succede niente di orribile, tipo una bella guerra nucleare, dovremmo riuscire a mantenere questi livelli fino al 2028, circa.
Dall’altra parte del gioco dei prezzi, c’è la domanda. Un problema è che il sistema economico globale è in difficoltà, specialmente con i guai che sta passando l’economia cinese. Ma un problema ancora più importante è che i veicoli elettrici si stanno affacciando sul mercato con la promessa di ridurre in modo sostanziale la domanda di petrolio. Certo, le auto elettriche rappresentano tuttora soltanto poco più del 2% del parco veicoli mondiale. Ma la crescita è rapidissima e ci si aspetta che causerà una sostanziale riduzione dei consumi di combustibili liquidi.
Meno domanda vuol dire prezzi più bassi e non ci deve sorprendere che gli operatori del mercato petrolifero si rendano conto che per loro il tempo dei barili grassi si avvia alla fine. E non sorprende che stiano tirando a “rientrare” dai loro investimenti cercando di fare aumentare i prezzi. Per esempio, leggiamo nelle riviste finanziarie che nessuno ha intenzione di investire ulteriormente sul petrolio di scisto: è stato un miracolo che a breve non lo sarà più. Leggiamo anche che i Sauditi hanno notevolmente ridotto le loro esportazioni. Lo sanno che le loro risorse non sono infinite e cercano di tirarne fuori la miglior resa economica possibile. In sostanza, i produttori stanno cercando di strizzare quello che possono dai consumatori, finché possono.
Così, i prezzi alti dei carburanti che vediamo oggi hanno una loro logica e ci dobbiamo aspettare di vederli ancora per alcuni anni, sia pure con le oscillazioni tipiche di un mercato speculativo come quello del petrolio. Per quelli di noi che non sono speculatori petroliferi, rimane la possibilità di difenderci attrezzandosi per fare a meno del petrolio il più possibile. Il trasporto elettrico, sia pubblico che privato, è un arma efficace che abbiamo in mano ma, curiosamente, in Italia molti hanno capito tutto al contrario. Hanno dato la colpa alle macchine elettriche che invece, semmai, tengono bassi i prezzi riducendo la domanda. Così, ci ritroviamo a essere il paese occidentale con i più bassi livelli di penetrazione dei veicoli elettrici. Sarebbe decisamente il caso di ripensarci per il bene dei nostri polmoni, del nostro portafoglio, e della bilancia commerciale di tutto il paese.
Articolo Precedente
“L’aggressione della Russia all’Ucraina è il fattore più destabilizzante per la crescita globale”: il segretario del Tesoro Usa al G20
Articolo Successivo
Meloni rimprovera Gentiloni per i ritardi su Ita. Ma Bruxelles precisa: “Il dossier è competenza di un altro commissario”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Trump: “Colloqui produttivi con Putin, buone chance di finire la guerra”. Da Mosca “cauto ottimismo”. Kiev: “Pronti a tregua di 30 giorni”
Politica
Giustizia, Delmastro boccia la riforma Nordio: “Così i pm divoreranno i giudici”. Poi tenta il dietrofront, ma spunta l’audio. Anm: “Il governo cala la maschera”
Lavoro & Precari
Urso ha la soluzione per l’auto in crisi: “Incentivi a chi si riconverte nella difesa, comparto in crescita”
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Previste oltre 10.000 persone, con molte adesioni dal mondo dei liberi sindacati, della piccola media impresa, della cultura, e con la spontanea partecipazione di decine di comitati di cittadini. Nonostante il black out dell'informazione che accende i riflettori solo sulla manifestazione guerrafondaia voluta da 'Repubblica' e Michele Serra, noi saremo l'unica piazza della pace e della sovranità del popolo italiano contro un'Europa del riarmo che dimentica ogni questione sociale e vuole spendere in armamenti i soldi destinati a sanità, stato sociale, politiche per il lavoro e attività produttive. L'Italia apartitica, quella della bandiera italiana citata nella Costituzione che ripudia i conflitti bellici come risoluzione delle controversie sarà a la Bocca della Verità, sabato 15 alle ore 15:30, contro l'Europa di Von der Leyen che vorrebbe mandarci a morire per l'Ue". Ad affermarlo, Marco Rizzo e Francesco Toscano, che hanno indetto la manifestazione apartitica sotto il tricolore per la pace e la sovranità.
Roma, 12 mar. (Adnkronos Salute) - "Mirikizumab ed è un anticorpo monoclonale che blocca in maniera selettiva l’interleuchina 23 (Il-23), uno dei fattori principalmente coinvolti nell'indurre e mantenere l'infiammazione cronica dell'intestino" che è "responsabile di una serie di sintomi invalidanti come la diarrea, il dolore addominale, ma anche di sequele a lungo termine come stenosi e fistole che spesso richiedono l'intervento chirurgico. Già approvato in una malattia simile, la colite ulcerosa, oggi trova approvazione" in Europa "anche per la malattia di Crohn". Così all’Adnkronos Salute Massimo Claudio Fantini, segretario generale di Ig-Ibd (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease) e professore ordinario di Gastroenterologia, università degli Studi di Cagliari, direttore della Sc di Gastroenterologia, Aou di Cagliari, commenta il via libera in Europa della terapia con cui "potremo finalmente trattare" anche i pazienti con malattia di Crohn.
L'approvazione di mirikizumab "si basa sui risultati ottenuti da un complesso programma di sviluppo" con gli studi "Vivid 1 e 2. Il primo ha esplorato l'efficacia di questo farmaco nella malattia di Crohn nel breve e nel lungo termine, inteso come un anno - illustra Fantini - Vivid 2 è un programma di estensione dello studio in cui i pazienti sono stati trattati oltre 2 anni. I risultati principali di questo programma di studio hanno dimostrato una ottima efficacia del farmaco. Lo studio è stato disegnato proprio per mimare quella che è la normale pratica clinica, la normale gestione di questi pazienti in ambulatorio. In particolare ha dimostrato come quasi il 50% dei pazienti che ottengono una risposta clinica a 12 settimane, raggiungono una remissione completa dei sintomi a un anno". In particolare "abbiamo notato" che si tratta di una "remissione senza bisogno di corticosteroidi, una delle terapie che cerchiamo di evitare proprio a causa degli importanti effetti collaterali che possono dare".
Oltre all’efficacia clinica si è ottenuta una "remissione endoscopica, cioè la guarigione delle ulcere a livello intestinale - precisa lo specialista - Sono stati presi anche in considerazione nuovi” sintomi “clinici, come l'urgenza evacuativa, estremamente invalidante”, che si riduce “già nelle prime settimane di trattamento, con il miglioramento della qualità di vita del paziente". I dati dal Vivid 2, "quindi sul trattamento oltre l'anno - aggiunge Fantini - hanno dimostrato che circa l’80-90% dei pazienti che inizialmente avevano iniziato la terapia, rimane in remissione". Questo significa che "se nel paziente questa terapia funziona, funziona per un lungo periodo di tempo, e che quindi c'è la possibilità di trattare per molto tempo questi pazienti con ottimi risultati". Tutti i pazienti affetti da queste malattie infiammatorie dell’intestino "sanno benissimo come purtroppo non ci sia una cura definitiva - conclude - La possibilità di avere a disposizione nuovi farmaci, con nuovi meccanismi di azione, rappresenta una possibilità in più per i nostri pazienti di avere la prospettiva di rimanere in remissione, con lo stesso farmaco, più a lungo".
Roma, 12 mar. (Adnkronos Salute) - Il nuovo farmaco "permette ai medici e ai pazienti di avere una nuova arma con la quale è possibile bloccare la malattia di Crohn”. I due studi che hanno portato all'approvazione di mirikizumab, il Vivid 1 e Vivid 2 “dimostrano prima di tutto che questo farmaco è efficace, che è superiore rispetto al placebo nell'induzione e poi nel mantenimento della remissione clinica e della risposta endoscopica a lungo termine, migliorando la qualità della vita dei pazienti". Lo spiega all’Adnkronos Salute Silvio Danese, direttore dell’Unità di Gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell’Irccs Ospedale San Raffaele e professore ordinario di Gastroenterologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele commentando l’approvazione, da parte della Commissione europea, di mirikizumab, un anticorpo monoclonale che blocca selettivamente l'interleuchina 23, per il trattamento della malattia di Crohn. Questa è un patologia "infiammatoria cronica dell’intestino che colpisce tutto il tratto gastrointestinale - chiarisce - ed è fondamentale riconoscerla presto per poter iniziare i trattamenti più efficaci: prima si interviene", infatti "prima si previene la progressione di malattia".
Bisogna ricordare che "negli studi clinici registrativi il mirikizumab - sottolinea Danese - è stato utilizzato non soltanto nei pazienti naïve", quindi mai trattati, "ma anche nei pazienti che hanno fallito più linee di trattamento. Questo è un aspetto molto importante, visto che oggi abbiamo pazienti che definiamo difficili da trattare, che hanno fallito tutte le terapie". In questi casi, "farmaci come questo sono sicuramente benvenuti".
Roma, 12 mar. (Adnkronos Salute) - "Questa nuova terapia, visto l’ottimo rapporto efficacia - sicurezza, sarà un presidio in più per poter” iniziare il trattamento “con un farmaco che sappiamo a priori essere efficace e relativamente sicuro, e garantire ai pazienti, che hanno fallito altre terapie, un benessere prolungato", visti "i risultati che il farmaco ha generato e per i quali è stato approvato". Così Alessandro Armuzzi, responsabile Uo Ibd, Istituto clinico Humanitas, Rozzano e professore ordinario di Gastroenterologia, Humanitas University, all’Adnkronos Salute commenta la recente approvazione, da parte della Commissione europea, di "mirikizumab, un inibitore della subunità P19 dell'interleuchina 23, per il trattamento dei pazienti adulti con malattia di Crohn moderatamente grave, che avremo a disposizione a breve in Italia. Questa approvazione - continua il professore - è legata ai risultati del programma di studio di fase 3, il Vivid 1 e, successivamente, il Vivid 2" in cui si è dimostrato come "mirikizumab rispetto al placebo, sia in grado di dare percentuali significativamente molto più elevate, sia di remissione clinica che di remissione endoscopica, per tutto il corso dello studio e anche" nella sua estensione "fino ai 2 anni".
La malattia di Crohn "è un'infiammazione cronica dell'intestino" che interessa, "a tutto spessore, la parete intestinale - spiega Armuzzi - La patologia colpisce circa 100 mila italiani". Può interessare "qualsiasi tratto dell'intestino ma più frequentemente l'ileo terminale e il colon destro. Fa parte del gruppo delle malattie infiammatorie croniche intestinali - malattia di Crohn e colite ulcerosa - di cui ne sono affette più o meno 250 mila persone in Italia. Le cause della malattia di Crohn sono ancora parzialmente conosciute. È una malattia a patogenesi multifattoriale in cui, individui predisposti geneticamente, in senso lato, a un certo punto della loro vita - in genere giovani e giovani adulti - per fattori ambientali che ancora non sono stati ben chiariti, ma che comunque agiscono modificando la flora batterica intestinale", vanno incontro a "una risposta infiammatoria cronica recidivante che determina poi, via via, il danno intestinale e la progressiva perdita di funzione dell'intestino - conclude - se non si interviene precocemente".
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Nelle pazienti con tumore del seno in stadio precoce, il test genomico Oncotype DX Breast Recurrence Score® eseguito prima dell'intervento chirurgico, cioè sulla biopsia diagnostica (core biopsy), permette di abbreviare i tempi di avvio della terapia adiuvante, con vantaggi importanti in termini di riduzione del disagio psicologico delle pazienti. Lo dimostrano i dati presentati alla 19esima St. Gallen International Breast Cancer Conference, in corso a Vienna (Austria), relativi a uno studio del Regno Unito che ha analizzato i vantaggi dell'anticipazione del test al setting pre-chirurgico, utilizzando Oncotype DX su campioni di core biopsy.
Lo studio controllato, multicentrico, prospettico randomizzato (PreDX) - riporta una nota - ha incluso 341 pazienti eleggibili per il test Oncotype DX provenienti da 17 centri Uk. I risultati hanno mostrato che l'utilizzo della core biopsy ha portato a una riduzione di 8 giorni del tempo dall'intervento chirurgico all'inizio del trattamento adiuvante. Oltre a questo risultato clinicamente significativo, effettuare il test prima dell'intervento chirurgico ha migliorato l'esperienza della paziente, con una riduzione dei punteggi di ansia e depressione.
"Il test genomico è in grado di identificare le pazienti con malattia in stadio iniziale per le quali, dopo l'intervento chirurgico, la chemioterapia è effettivamente utile e i casi in cui è sufficiente la terapia ormonale - spiega Giancarlo Pruneri, direttore del Dipartimento di Diagnostica avanzata della Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori di Milano - Il percorso diagnostico tradizionale di una paziente con tumore della mammella è costituito da 2 momenti. Il primo è la biopsia diagnostica, che permette la classificazione della malattia e la caratterizzazione dei recettori ormonali e dello stato della proteina Her2. Il secondo è la chirurgia, che porta alla conferma della classificazione istologica eseguita sulla biopsia e fornisce informazioni relative allo stadio della malattia. Il test genomico, finora, è stato effettuato sul campione chirurgico, pertanto dopo l'intervento. Nello studio presentato a St. Gallen il test è stato anticipato sulla biopsia, quindi nel primo momento del percorso diagnostico. In questo modo è stata dimostrata una riduzione importante del 'turnaround time', cioè del tempo complessivo per l'utilizzo dei risultati di Oncotype DX. Anticipare il test migliora la performance del sistema sanitario, perché è possibile avviare la terapia adiuvante in tempi più brevi e viene ridotto il disagio psicologico della paziente, determinato anche dai tempi di attesa dei risultati dell'analisi genomica".
Anche nel nostro Paese "abbiamo promosso un'esperienza simile a quella dello studio inglese, proprio sulla biopsia nei laboratori di anatomia patologica, che sarà presto pubblicata su una rivista scientifica internazionale - sottolinea Pruneri - In Italia, a oggi, il test genomico è rimborsato solo sui campioni operatori. In Lombardia sono in corso interlocuzioni per introdurre modifiche normative, con l'obiettivo di lasciare alle Breast Unit la libertà di decidere se anticipare il test, a condizione che venga eseguito una sola volta nella paziente. I risultati dello studio presentato a St. Gallen e del lavoro italiano in pubblicazione hanno un impatto tale da consentire di anticipare l'analisi genomica anche nella pratica clinica".
Aggiunge Henry Cain, investigatore principale e Consultant Surgeon al Royal Victoria Infirmary, Newcastle upon Tyne, Uk: "I risultati mostrano che eseguire il test su core biopsy con Oncotype DX è affidabile ed evidenzia i potenziali vantaggi di questo approccio per i pazienti e per le procedure relative al tumore del seno. Soprattutto, il tempo per l'inizio della terapia adiuvante potrebbe essere ulteriormente ottimizzato riducendo gli appuntamenti clinici e impattando positivamente sull'esperienza globale del paziente". Il tasso di successo sulla core biopsy è risultato del 99,1%, confermando gli studi precedenti che mostravano come i campioni di core biopsy producono risultati di Recurrence Score altamente concordanti con quelli della chirurgia e la distribuzione del risultato di Recurrence Score rimane coerente tra i campioni di core biopsy e i campioni chirurgici analizzati per età del paziente (<50 anni versus ≥50) e coinvolgimento linfonodale. "Da paziente con tumore del seno, conoscere il risultato del test prima della chirurgia mi avrebbe dato tranquillità e fiducia - conclude Jennifer D. del Newcastle upon Tyne, Uk - Credo che effettuare il test precocemente possa avere un impatto significativo sulla vita dei pazienti, aiutando il processo decisionale e influenzando positivamente non solo i familiari più stretti, ma anche i parenti e gli amici che li amano e si prendono cura di loro".
Separatamente, un'analisi economica svedese presentata al congresso ha mostrato che ritardare l'adozione del test Oncotype DX nella pratica clinica porta a minori risparmi finanziari e influenza negativamente i risultati dei pazienti. Attraverso l'utilizzo di un modello decisionale analitico per paragonare il test Oncotype DX con altri test genomici disponibili e con l'approccio tradizionale (non-genomico), l'analisi ha dimostrato che il test Oncotype DX porta a migliori risultati per i pazienti a costi ridotti. I risultati si aggiungono a un crescente numero di prove e supportano l'integrazione del test nella pratica clinica. Questo test aiuta a prendere decisioni terapeutiche più informate, migliorando la qualità delle cure con la personalizzazione del trattamento chemioterapico, per soddisfare le necessità individuali dei pazienti, e procedendo verso un sistema sanitario più efficiente e centrato sul paziente.
Verona, 14 mar. - (Adnkronos) - "LetExpo è un evento molto importante perché sono presenti tutti gli attori della filiera logistica e per noi essere qui a questi tavoli di confronto è estremamente positivo e utile. Diventa un’occasione per poter valutare quello che stiamo facendo nei nostri porti. A Palermo, in particolare, stiamo portando avanti in questo momento una serie di progetti molto importanti nel settore della sostenibilità. Abbiamo avviato un progetto, con un partner economico privato, per creare una comunità energetica per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ma stiamo andando avanti anche per l’elettrificazione delle banchine. Contiamo, da qui al prossimo anno, di avere ben cinque banchine disponibili per potere alimentare le navi elettricamente quando sono ormeggiate al porto di Palermo, dieci in tutto il network”. Lo ha sottolineato
Luca Lupi, segretario generale dell'Autorità di sistema portuale Mar di Sicilia Occidentale, al termine della conferenza dal titolo “Il mondo della green e blue economy” nel quale si è parlato dei progetti di sostenibilità all’interno dell’economia del mare. L’incontro era inserito nel programma di LetExpo, la fiera di riferimento per i trasporti, la logistica, i servizi alle imprese e la sostenibilità, promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere.
“Ringrazio il presidente di Alis, Guido Grimaldi, e il suo staff per l’invito che mi ha dato la possibilità di un confronto su argomenti su cui si gioca il futuro del mondo intero, soprattutto in questo momento di grande instabilità. In questo contesto ho esposto i passi avanti compiuti dal nostro progetto di “smart port” e gli interventi in corso, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche da quello dell’innovazione tecnologica e digitale. Solo attraverso politiche globali e investimenti sull’innovazione potremo raggiungere la totale decarbonizzazione" conclude Lupi.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Da questa quattro giorni a Verona portiamo a casa un messaggio importante: siamo d'accordo sulla sostenibilità ambientale, ma il Green deal, esasperando i temi dell'iper-tassazione, è lontano dalle esigenze reali delle aziende e purtroppo non produce effetti positivi. È necessario un equilibrio tra sostenibilità economica e sostenibilità sociale per ridare competitività alle nostre aziende e all'Europa che, in questo momento, ha bisogno di una spinta economica importante anche per rivendicare un ruolo determinante nella logica dell'economia mondiale". Ad affermarlo è Marcello Di Caterina, vicepresidente e direttore generale dell’Associazione logistica intermodalità sostenibile (Alis), partecipando alla penultima giornata di LetExpo 2025, la fiera dedicata al trasporto, alla logistica sostenibile e ai servizi alle imprese, promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere.
La manifestazione, giunta alla quarta edizione, con il suo programma ricco di talk, ha dato un'occasione di confronto agli attori del settore per confrontarsi ed esprimere le esigenze di un comparto molto importante per l’economia del Paese. Si è discusso anche di dazi che per Di Caterina "non funzionano e non possono funzionare". "L'epoca del proibizionismo è assolutamente distante - ricorda - Ha prodotto danni in passato e non vedo perché non debba produrne oggi attraverso una serie di scelte sbagliate che arrivano dall'Europa, dall'America, dalla Cina”, avverte il vicepresidente di Alis.
Forte la presenza delle istituzioni a LetExpo che con la loro presenza hanno "voluto ascoltare la voce degli imprenditori - commenta Di Caterina - Questo vuol dire che la manifestazione serve soprattutto a rilanciare il confronto tra la politica e le imprese. Un confronto che deve portare sui tavoli istituzionali le istanze che arrivano dal settore e soprattutto, le soluzioni per garantire continuità a un processo di crescita che interessa tutta la logistica e tutto il mondo del trasporto a 360 gradi. Un settore - ricorda - che incide per il 10% sul Pil nazionale" conclude Di Caterina.