“Domenico De Masi voleva che la sua Scuola del Fatto Quotidiano andasse avanti. Ha fatto un capolavoro in un anno, noi continueremo a portarla avanti, con le sue indicazioni, con l’eredità che ci ha lasciato. Non sarà facile, ma ce la faremo grazie all’aiuto di tutte le persone amiche che vogliono che questo progetto continui”. Queste le parole di Cinzia Monteverdi, amministratrice delegata di Seif, nel corso della commemorazione a Roma, al Tempio di Adriano, dedicata a De Masi, già Direttore della Scuola del Fatto Quotidiano e professore emerito di Sociologia del lavoro a La Sapienza, morto a 85 anni lo scorso 9 settembre.
Nel corso della cerimonia laica era stata la moglie di De Masi, Susi Del Santo, a voler ringraziare tutta la redazione de Il Fatto Quotidiano per aver permesso a “Mimmo di realizzare un sogno all’età di 85 anni: creare una scuola per formare cittadini consapevoli”. Un’iniziativa ricordata anche dal direttore del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio: “Era immerso in questo progetto della Scuola, uno dei tanti regali che ci ha fatto nel poco tempo in cui abbiamo lavorato insieme”. Per poi ricordare: “Non divideva le persone tra destra e sinistra. Una volta mi raccontò che Giorgia Meloni, anni fa, gli chiese di nascosto di andare a casa sua per darle delle ripetizioni e spiegarle dei libri di politica e sociologia. Lui ci era andato, perché era un professore. L’unica selezione che faceva era tra le persone per bene o per male. E non era settario“.
Travaglio ha quindi difeso De Masi da alcuni commenti ricevuti sulla stampa dopo la sua morte: “È stato definito teorico del “fancazzismo”? Pensate l’idiozia di queste persone che non hanno capito niente di quello che De Masi aveva capito prima di tutti: e cioè cosa sarebbe successo nell’era post industriale, dell’automazione, della digitalizzazione, per quanto riguarda da un lato le opportunità di avere più tempo e dall’altra la tragedia della perdita dei posti di lavoro e la necessità di creare altre forme. Per cui aveva capito prima temi come la riduzione dell’orario di lavoro, il reddito di cittadinanza, il salario minimo“.