C’è una recrudescenza antagonista alle donne che imperversa in Italia, un graffio lacerante alla loro libertà, alla loro stessa vita. È ovunque, basta aprire le pagine dei giornali: stupri di gruppo col plauso del branco e l’omertà della comunità, omicidi di ex compagne coi metodi più efferati, palpeggiamenti in mondovisione e baci strappati con la forza per congratulare una vittoria, ragazze rivestite di cioccolato da offrire in dono ai clienti dell’albergo.

È debordante, nauseante, ce ne sono così tanti e in modo così ostinatamente frequente che, se ci fermassimo un attimo a riflettere, troveremmo che siamo davanti a una marea di odio repressivo nei confronti di tutte quelle donne che, in una certa maniera, non sono consenzienti.

Il consenso – quando rifiutato – è capace di generare la rabbia e “l’orgoglio” di un certo tipo di maschio ferito che, sin dalla giovane età, concepisce il rapporto di coppia come la conquista di un bottino, in grado di dare uno status all’interno del gruppo di ominidi suoi simili.

Nell’abbassare la donna a oggetto, privandola di un’anima, di un’identità, si deresponsabilizza la violenza propria e degli altri.

Gli stupri per mano di ragazzi giovanissimi hanno spinto il governo ad agire, ma come spesso in questi casi – dove il fatto compiuto è l’atto finale di una piaga sociale e morale – si tenta di arginare il danno a valle, dimenticando che il problema è sempre a monte.

La ministra Roccella, in conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri, ha detto che il parental control sarà applicato a tutti i devices in automatico. Dunque da adesso tutti più tranquilli perché le immagini di violenza, pornografia, sadismo gratuito saranno eliminati dagli occhi dei nostri bambini grazie a questa app, che in realtà è già fruibile sui cellulari.

Per carità, il parental control va anche bene, ma se pensiamo di frenare le pulsioni di dominio virulento e formare uomini (non primati), ci vuole ben altro. È una gestione naif e frettolosa della questione, perché chi cerca alla fine trova sempre.

Il ministro Nordio, invece, agisce coi modi più affini alla destra: reprimendo tout court e spedendo in carcere i genitori dei figli che non frequentano più la scuola. Attendiamo numi su come, dove e con chi i ragazzini persi per strada (ma il problema ‘violenza contro le donne’ travalica classe sociale, età, geografia) continueranno nel frattempo a vivere e ad emanciparsi all’interno della società.

Il percorso punitivo, immediato perché rimuove il problema spostandolo altrove, non può sostituirsi a quello educativo. La violenza è ovunque, sulla bocca e nella testa dei ragazzi. Nelle piazze dove si trovano, nei messaggi che si scambiano in chat, nella comunicazione volgare e aggressiva che sentono, assorbono e imitano. Per quei genitori che resistono, e che si approcciano a questo mondo da neofiti senza una propria memoria storica a cui possano far riferimento, la sfida è quotidiana. E non si può indietreggiare né infiacchirsi.

Per quanto possa sembrare di andare contro i mulini a vento, come genitori e soggetti civili di una società che deve essere aggiustata, e anche in fretta, bisogna persistere nell’insegnare ai propri figli maschi a guardare e percepire le ragazze come soggetti autonomi, non inglobabili, in nessun caso oggetti da possedere. E alle ragazze, a riconoscere e difendersi da tutti gli altri.

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