Uno dei ricercati più pericolosi al mondo, il narcotrafficante colombiano Angel Maria Martinez Quiroz, sarà presto liberato dal penitenziario di Bogotà, dopo la scadenza dei termini di custodia in carcere. Quiroz fu sottoposto a fermo il 7 settembre 2022, a Medellin, nel corso della più grande operazione antidroga in Italia: un’operazione coordinata dalla Procura di Trieste e terminata con 38 arresti, con il sequestro di 4.3 tonnellate di cocaina e con l’ordine di cattura nei confronti di Quiroz, emesso proprio dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale triestino Marco Casavecchia. Adesso, però, come si legge sull’Ansa, il gip ha emesso un’ordine di scarcerazione provvisorio, inviandolo al ministero dell’Interno, che lo trasmetterà alle autorità colombiane.
Se sulla scarcerazione di Quiroz non ci sono dubbi, ciò che ha fatto discutere sono invece le ragioni di questa decisione, con una polemica che ha coinvolto il quotidiano Il Gazzettino e la stessa Procura di Trieste. Secondo quanto riportato sul giornale veneto, i motivi della scarcerazione sono tutti da imputare alla Direzione distrettuale antimafia di Trieste, che avrebbe fatto scadere i termini della custodia cautelare in carcere, il 6 settembre 2023. La Procura di Trieste ha però rilasciato un comunicato con cui ha smentito questa ricostruzione: la decorrenza del termine di custodia cautelare non sarebbe dipesa da un errore della Procura, ma dalla mancata tempestiva risposta, da parte delle autorità giudiziarie colombiane, nei termini previsti dal nostro codice.
Come si legge nella nota rilasciata dal Procuratore Antonio De Nicolo, il ministro della Giustizia avrebbe infatti “tempestivamente avanzato domanda estradizionale”, il 23 settembre 2022, e nonostante le “reiterate istanze di aggiornamento”, a quasi un anno di distanza l’autorità colombiana non avrebbe “ancora comunicato formalmente la propria decisione”. De Nicolo ha inoltre precisato che la Procura aveva chiesto al Gip “tempestivamente e di propria iniziativa (senza dunque attendere alcuna istanza difensiva, in ossequio ai principi costituzionali che governano il diritto alla libertà personale) la cessazione della custodia cautelare”, il 6 settembre. La scarcerazione era dunque “doverosa”, proprio a causa della mancata risposta delle autorità colombiane. Il Procuratore ha quindi espresso “sorpresa e sdegno” per quella che ha definito una “falsa notizia”, deplorando “il comportamento superficiale e malaccorto” di alcuni organi di informazione.
La Procura ha inoltre rivendicato una “estrema attenzione” per il caso, precisando che la scarcerazione non impedisce a Quiroz “di presentarsi nel nostro Paese e di rendere dichiarazioni collaborative, come parrebbe essere intenzionato a fare stando alle asserzioni dei suoi difensori apparse sulla stampa”. Un riferimento, questo, a quanto dichiarato da Alessandro Tirelli, direttore dell’Alta Scuola di Estradizione delle Camere Penali Internazionali e avvocato del narcotrafficante (insieme alla collega Federica Tartara). Quiroz “intende continuare nel suo atteggiamento collaborativo con la Procura”, ha infatti dichiarato Tirelli, confermando la notizia della scarcerazione. “Sono contentissimo come avvocato”, ha aggiunto il legale, “ma come cittadino italiano sono allibito. Quiroz è stato catturato con grandi difficoltà, grazie anche a infiltrati e la Colombia aveva già deciso per l’estradizione”.
Il boss colombiano, un uomo di 68 anni inserito dall’Interpol nella lista dei ricercati più pericolosi al mondo, era un membro di spicco del cosiddetto “clan del Golfo”, il più potente cartello di narcotrafficanti attivo in Colombia. Come riferisce Il Gazzettino, nel corso dell’operazione che portò all’arresto di Quiroz vennero sequestrate 4.3 tonnellate di cocaina. La droga viaggiava su nave attraverso l’Oceano Atlantico, per poi approdare al porto di Trieste. Da lì veniva poi indirizzata verso Milano e altre città, mediante una fitta rete criminale che coinvolgeva anche trafficanti croati, sloveni, olandesi e bulgari, oltre ad acquirenti legati alla ‘ndrangheta. Scoperta anche grazie a tre investigatori della Guardia di Finanza che riuscirono a infiltrarsi fra i narcos, la cocaina viaggiava nascosta in una spedizione di trivelle da miniera. Delle 4.3 tonnellate sequestrate, 2.5 furono distrutte in un inceneritore, il 23 agosto 2023: il loro valore sul mercato si aggirava intorno ai due miliardi di euro.