Il 10 settembre 1993 veniva trasmessa per la prima volta X-Files, la serie destinata a rappresentare un punto di svolta e riferimento nell’immaginario collettivo degli anni ‘90. Di poco successiva allo sconvolgente avvento di Twin Peaks (di cui condivide inizialmente luoghi e scenari), X-Files riuscirà a portare gli elementi mistici e perturbanti del capolavoro lynchiano sul piano della fruizione regolare da serie tv: l’impatto culturale della serie sarà tale da aver generato il cosiddetto “Scully effect”, ovvero l’incremento esponenziale di iscrizioni femminili alle facoltà di Legge, Medicina e materie scientifiche in generale, per chiara emulazione di un personaggio iconico della serie.

Ecco, per parlare di X-Files dobbiamo inevitabilmente iniziare col parlare dei due indimenticabili protagonisti: l’agente Fox Mulder (interpretato magistralmente da David Duchovny, già apprezzato proprio in Twin Peaks), brillante e ribelle agente F.B.I. relegato, per la sua ossessiva ricerca di prove dell’esistenza di entità extraterrestri, alla sezione dei casi inspiegabili, “soprannaturali” (gli X-Files, appunto): e, appunto, la geniale quanto rigida Dana Scully (dalle affascinanti fattezze di Gillian Anderson), agente speciale eccellente nella medicina forense, rigorosamente scettica (almeno nel suo approccio iniziale) e iper-razionalista (benché profondamente credente).

Gran parte del successo della serie verte sull’articolata dialettica fra i due protagonisti, entrambi belli e intelligentissimi, ciascuno dal profilo psicologico complesso e peculiare. Un rapporto di contrapposizione epistemologica ma di solida stima reciproca, di profondo rispetto e affetto disinteressato, pur innervato da una crescente, inevitabile tensione erotica, gestita dagli autori con sapiente sadismo nei confronti degli spettatori.

Il padre della serie è Chris Carter, il quale dichiarerà di essersi ispirato alle avventure del personaggio Kolchak, protagonista di film per la tv sceneggiati da un maestro della narrativa horror e sci-fi come Richard Matheson.

Eppure, il pregio di X-Files, troppo spesso considerato solo una sorta di “Bibbia dei complottisti”, è quello di saper conciliare le diverse, evidenti, continue citazioni dai classici del genere con una freschezza originale distintiva: i giochi di parole infantili di Mulder e il suo entusiasmo donchisciottesco; le dotte argomentazioni di Scully esposte con rigore accademico per smontare, roteando gli occhi, qualsiasi possibile scenario soprannaturale; il nervosismo costante del Direttore Skinner, costretto dalle circostanze a un costante doppio gioco; le sigarette fumate da, per appunto, L’Uomo che Fuma (sorta di machiavellica maschera del Deep State) come ritmo incessante delle sue macchinazioni; la sigla memorabile e ipnotica di Mark Snow… ogni dettaglio di X-Files è immediatamente riconoscibile e ci cala pienamente, con l’effetto di una madeleine proustiana diffuso in ben 218 episodi, nell’atmosfera degli anni ‘90 e primi 2000.

Certo, la natura televisiva e la longevità della serie non ha consentito il mantenimento della qualità sempre allo stesso livello, come in serie successive quali I Sopranos, Breaking Bad o Madmen, per intenderci: gli autori, sapientemente, hanno distinto in episodi costruiti attorno alla formula “mostro della settimana” e in puntate “verticali”, quelle che portano avanti la narrazione principale: il rapporto fra Mulder e Scully, le loro peripezie individuali, la ricerca di contatto con gli extraterrestri, il disvelamento progressivo di scenari inquietanti e apocalittici.

La serie è proseguita regolarmente dal ‘93 al 2002, per poi riprendere, dopo sedici lunghi anni, dal 2016 al 2018 (con in mezzo due film, uno del ‘98 e uno del 2016).

Per celebrare il trentennale della serie tv, su Spotify è ascoltabile un podcast curato, con grande passione e cura, da Citizen Babu (all’anagrafe Chiara Babuin): The X-Files, la Verità trent’anni dopo. Ho avuto occasione di rivedere e riscoprire con l’autrice del podcast la serie nella sua interezza e posso, senza tema di essere smentito, raccomandarne l’ascolto a chiunque voglia esplorare i significati ulteriori di una serie narrativamente avvincente quanto filosoficamente intrigante.

Del resto se è vero, come affermava lo slogan più celebre di X-Files, che “la Verità è là fuori”, che siate disposti a credere come Mulder o radicalmente scettici come Scully, non vi rimane che andare a cercarla.

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