Società

La Francia vieta l’abaya a scuola e io penso alle parole di Giambruno: dove si situa la vera libertà?

La recente decisione del ministro francese di vietare l’abaya (la tunica tipica della tradizione islamica) nelle scuole della repubblica in un primo momento mi ha lasciato perplesso. Mi chiedevo: se fosse una limitazione della libertà delle ragazzine di esprimere il loro modo di sentire e di vivere? Se imporre di togliere il velo davanti al volto aveva un senso, per poter riconoscere lo studente, quello di limitare il modo con cui vestirsi mi appariva come un’inutile coercizione. Una paziente operatore scolastica di origine iraniana, che vive in Italia da molti anni, mi ha fatto riflettere. Mi ha detto che in realtà, secondo lei, alla maggior parte delle ragazzine questo abbigliamento è imposto. Ci saranno anche alcune che lo scelgono ma molte sono condizionate dal contesto sociale o addirittura costrette dal padre. L’abito islamico Abaya ha un aspetto tradizionale, ma anche un significato religioso di appartenenza alla fede mussulmana ed è l’emblema di come le donne siano in una posizione d’inferiorità rispetto agli uomini che possono vestirsi come vogliono. La decisione francese di vietare la tunica, oltre che un divieto di simboli religiosi avrebbe quindi, secondo la mia paziente, un senso libertario per le donne.

In questi giorni è sorta una polemica per le parole di apparente senso comune (non buon senso, che è cosa diversa) pronunciate dal compagno della presidente del consiglio riguardo alle ragazze stuprate. Se non avessero bevuto, questo è il ragionamento, presumibilmente non sarebbero state stuprate. Forse se anche si fossero vestite con la Abaya non avrebbero attirato le attenzioni dei male intenzionati. Certo, se fossero rimaste a casa a fare la maglia e non fossero andate alla festa quella sera non sarebbe successo nulla. Dietro questo ragionamento si nasconde un becero atteggiamento paternalistico per cui le donne devono autolimitare la propria libertà perché “i maschi sono fatti così”.

Quando il bimbo diviene, durante l’adolescenza, adulto, scopre di non bastare più a se stesso. Il suo corpo e la sua mente lo portano inevitabilmente a cercare altri esseri umani con cui intrattenere relazioni sentimentali di amicizia e affetto o immaginare di attuare con qualcuno un approccio sessuale. Esistono dei rituali sociali di seduzione reciproca. Nella nostra società le ragazzine mettono in mostra il corpo e i maschi si atteggiano ad apparire sicuri di sé.

Ricordo circa quindici anni fa, quando andai davanti a una discoteca per caricare mio figlio assieme ad amici e amiche per portarli a casa. Erano le tre di una notte gelida con il ghiaccio per strada. Vidi uscire stuoli di ragazzine vestite con abiti super succinti. Trasmettevano la sensazione di freddo solo a vederle, però capivo che l’ambiente e la situazione richiedeva quella “mise” a dispetto della temperatura. L’abito, assieme agli accessori, è il più potente messaggio non verbale che la nostra specie abbia a disposizione. Siamo abituati, senza rendercene conto, a valutare i nostri interlocutori attraverso il loro modo di vestirsi. L’abito fa quasi sempre il monaco (a dispetto del proverbio). I meccanismi della seduzione richiedono che la ragazza mandi il messaggio di essere pronta a un’eventuale relazione attraverso la messa in mostra delle sue bellezze. Allo stesso tempo però la stessa ragazza deve mostrare di essere difficile da conquistare e disponibile solo per un ragazzo meritevole delle sue attenzioni. Insomma la seduzione richiede un difficile equilibrio fra poli opposti con messaggi non verbali e verbali ambigui.

In un mondo ideale le ragazze dovrebbero vestirsi come vogliono, ma nella realtà sono condizionate, o addirittura costrette. Il condizionamento deriva dalla pubblicità e dai mezzi di comunicazione come la tv o internet che propongono un modello cui in adolescenza occorre attenersi, pena il fatto di essere considerati “anormali”. La costrizione proviene dal senso di insicurezza che certi eventi, come gli stupri, trasmettono e dall’atteggiamento paternalistico/maschilista di chi pensa sempre che la ragazza “se la sia cercata”.

E’ facile ribadire in termini astratti che ragazzi e ragazze devono essere liberi. Ma qual sia la vera libertà e dove si situi è uno degli interrogativi che tutti dobbiamo porci.