Sul caso del pm di Brescia che ha chiesto l’assoluzione per un uomo imputato per maltrattamenti perché spinto da “un impianto culturale”, è intervento il procuratore capo, Francesco Prete. La Procura di Brescia “ripudia qualunque forma di relativismo giuridico” e “non ammette scriminanti estranee alla nostra legge“. In una nota Prete dissocia il suo ufficio dalle conclusioni del pubblico ministero Antonio Bassolino che in un caso di violenza di genere e maltrattamenti all’interno di una coppia originaria del Bangladesh ha chiesto l’assoluzione dell’uomo (per non aver provato il reato “oltre ogni ragionevole dubbio”) aggiungendo riflessioni sul fatto che “la disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura” tanto “che la medesima parte offesa aveva persino accettato in origine” alcuni comportamenti prima di denunciare.
La Procura di Brescia “è sempre stata fermissima nel perseguire la violenza, morale e materiale, di chiunque, a prescindere da qualsiasi riferimento ‘culturale’, nei confronti delle donne” continua il procuratore Prete ricordando come “in base alle norme del codice di procedura penale” il pm “esercita le sue funzioni con piena autonomia” e quindi le sue conclusioni “non possono essere attribuite all’ufficio nella sua interezza, ma solo al magistrato che svolge le funzioni in udienza“. “Le richieste di ispezioni ministeriali tese a verificare tale assunto – conclude prete – ci lasciano assolutamente tranquilli, essendo tutti i magistrati dell’ufficio sicuri di avere sempre agito nel rispetto della legalità, secondo i parametri fornitici dalla Costituzione e dalla legge”.