Le riforme scolastiche del centro-destra sono state un disastro più o meno grande per la scuola superiore italiana, un fallimento didattico, educativo e finanziario. In particolare, con la riforma Moratti del 2003 iniziava la separazione, cara ad una certa destra, tra scuola del sapere e suola del fare, ma nella prima erano compresi anche gli istituti tecnici. Quella successiva, la Gelmini del 2008, operava un taglio di 8 miliardi, il più grande taglio alla spesa dell’istruzione mai fatto nella storia della repubblica. Ora è il turno del prof. di diritto romano, Giuseppe Valditara, che propone una riforma, come al solito epocale, per tutto il segmento tecnico-professionale.
La destra però ha cambiato nel frattempo paradigma di riferimento. Mentre Moratti voleva trasformare in licei gli istituti tecnici, Valditara segue la direzione opposta di avvicinarli all’esperienza pratica delle scuole professionali, nella maggior parte regionali. Sarà l’ennesima sciagura per studenti, docenti e famiglie? Purtroppo, pare di sì.
Intanto c’è molta confusione sul campo. Il termine istruzione tecnico-professionale è una invenzione giornalistica, utile per semplificare. Il nostro sistema scolastico distingue nettamente l’istruzione professionale, prima di tre anni e poi portata a cinque, da quella tecnica che pari non è, anche se si conclude con 5 anni di studio. La formazione professionale, in gran parte in mano alle Regioni, si conclude con l’acquisizione di una semplice qualifica professionale e non consente di accedere agli albi professionali, cosa riservata ai diplomati degli istituti tecnici, cioè ai geometri, ragionieri, periti industriali e così via. Ora il ministro vorrebbe fare di tutta un’erba un fascio con una operazione politicamente molto discutibile. Per dare un’idea dei numeri in gioco, la formazione professione è scelta dal 18% delle famiglie italiane e quella tecnica dal 35%.
Partiamo da un punto che giudico positivo della nuova riforma e poi vediamo quelli molto negativi che mi fanno pensare che il ministro non conosca per nulla la scuola superiore italiana. L’aspetto positivo è la riduzione di un anno del percorso di studi. Questo è anche il modello europeo. Soprattutto per quanto riguarda la formazione professionale, portare ragazzi e ragazze che scelgono la scuola per il lavoro a 19 anni non è stata una grande idea. Detto questo, l’aspetto molto negativo è che l’intenzione del ministro è solo quella di creare un’autostrada per gli ITS (Istituti Tecnologici Superiori), corsi biennali professionalizzanti para-universitari ma finora stagnanti. Sugli ITS Academy, su come siano una creatura ambigua ed ibrida, sono già intervenuto su questo blog. Si tratta della piccola università di Confindustria, da qui il termine Academy all’americana, che attualmente riguarda appena 20.000 studenti in tutta Italia con un costo annuale per lo stato di 15.000 euro per studente, con costi variabili a carico del corsista. Un progetto caro alle imprese ma che non è mai decollato finora. È chiaro infatti che il diplomato sceglie di norma un percorso universitario. E qui è intervenuta l’astuzia maligna del ministro: togliendo un anno alla formazione professionale, ma soprattutto a quella tecnica, si aprirebbero inedite prospettive per l’università pratica di Confindustria, con tanto di esperti e formatori da essa forniti.
La riforma ha tre grandi punti critici, nascosti dietro una verbosa narrazione retorica sulla necessità delle imprese, sulla internazionalizzazione e i blablabla vari. Nel marketing fumogeno gli imprenditori non sono secondi a nessuno. Il primo è che gli attuali istituti tecnici verrebbero fortemente sviliti, perdendo l’ultimo anno che è quello più rivolto alle materie specifiche dell’attività professionale. Come conseguenza naturale, si renderà quasi inevitabile il proseguimento negli ITS. Un po’ come è accaduto all’università con il 3+2. La laurea vera doveva essere quella triennale, e invece si è verificato l’opposto e il percorso universitario, invece di accorciarsi, si è allungato. Avremo allora un percorso tecnico-professionale 4+2, più lungo di quello di prima. Ma almeno più qualificato?
Qui c’è un secondo motivo di critica. Il ministro punta su di un’ampia collaborazione con le imprese, già esistente peraltro. I docenti laureati verranno sostituiti da formatori e rappresentanti delle imprese. Per esempio, negli ITS la legge prevede che il 60% della docenza debba provenire dal mondo dei privati e delle imprese. Si realizzerebbe così un’inedita e dannosa privatizzazione della scuola che porterà ad un selvaggio mercato dei formatori, popolato di consulenti, divulgatori, esperti e così via, ognuno dei quali punterebbe alla sua fettina di torta. Ma le imprese contribuiranno almeno economicamente alla grande riforma di cui godranno i benefici? Pare di no e i costi ricadranno come al solito sui corsisti oppure sulle casse pubbliche.
E qui abbiamo il terzo motivo. La riforma dovrà essere secondo il ministro a costo zero. Ma allora, con quali soldi si pagheranno i formatori che saranno chiamati dalle scuole dell’autonomia a far la loro lezione magistrale? Se il governo non ha le risorse (ma per gli ITS sono stati stanziati a suo tempo già 1,5 miliardi), non faccia una riforma così impegnativa, altrimenti rischia di essere accusato di incompetenza o di ipocrisia. Peggio ancora, pagheranno come al solito le famiglie di tasca loro. Poi ci sono molte altri aspetti minori, perfino ridicoli, per chi vive concretamente la scuola professionale. Si parla di creare dei campus della formazione tecnico-professionale, di grandi accordi a livello regionale, di certificare le competenze in maniera puntuale e continuativa e così via. Tutte cose che appartengono ad una fantascuola che esiste solo nelle audaci fantasie ministeriali.
Mi pongo, da ex insegnante in un istituto tecnico, una domanda: perché si vuole distruggere la formazione tecnica di qualità, che comunque l’istruzione italiana produce, per far posto agli ITS guidati dalle imprese italiane che nella formazione e nell’innovazione mi pare non primeggino? Siamo sicuri che questa sia la direzione di marcia utile per la scuola ma soprattutto per l’economia italiana? Scuola ed industria devono certo collaborare, senza snaturare però il loro ruolo. Non sarà l’impresa a salvare la formazione professionale e tecnica italiana, ma per gli imprenditori sarà di sicuro una nuova ed inedita occasione di business a basso rischio e alto rendimento. Almeno su questo la destra di una volta aveva le idee chiare. Lancio un appello alle persone di buona volontà, di destra e di sinistra: salviamo gli istituti tecnici dalla riforma Valditara. Sui professionali, il dibattito è aperto ma non facciamo confusione come il nostro ministro.
Mario Pomini
Docente di Economia, Università di Padova
Scuola - 12 Settembre 2023
Salviamo gli istituti tecnici dalla riforma Valditara
Le riforme scolastiche del centro-destra sono state un disastro più o meno grande per la scuola superiore italiana, un fallimento didattico, educativo e finanziario. In particolare, con la riforma Moratti del 2003 iniziava la separazione, cara ad una certa destra, tra scuola del sapere e suola del fare, ma nella prima erano compresi anche gli istituti tecnici. Quella successiva, la Gelmini del 2008, operava un taglio di 8 miliardi, il più grande taglio alla spesa dell’istruzione mai fatto nella storia della repubblica. Ora è il turno del prof. di diritto romano, Giuseppe Valditara, che propone una riforma, come al solito epocale, per tutto il segmento tecnico-professionale.
La destra però ha cambiato nel frattempo paradigma di riferimento. Mentre Moratti voleva trasformare in licei gli istituti tecnici, Valditara segue la direzione opposta di avvicinarli all’esperienza pratica delle scuole professionali, nella maggior parte regionali. Sarà l’ennesima sciagura per studenti, docenti e famiglie? Purtroppo, pare di sì.
Intanto c’è molta confusione sul campo. Il termine istruzione tecnico-professionale è una invenzione giornalistica, utile per semplificare. Il nostro sistema scolastico distingue nettamente l’istruzione professionale, prima di tre anni e poi portata a cinque, da quella tecnica che pari non è, anche se si conclude con 5 anni di studio. La formazione professionale, in gran parte in mano alle Regioni, si conclude con l’acquisizione di una semplice qualifica professionale e non consente di accedere agli albi professionali, cosa riservata ai diplomati degli istituti tecnici, cioè ai geometri, ragionieri, periti industriali e così via. Ora il ministro vorrebbe fare di tutta un’erba un fascio con una operazione politicamente molto discutibile. Per dare un’idea dei numeri in gioco, la formazione professione è scelta dal 18% delle famiglie italiane e quella tecnica dal 35%.
Partiamo da un punto che giudico positivo della nuova riforma e poi vediamo quelli molto negativi che mi fanno pensare che il ministro non conosca per nulla la scuola superiore italiana. L’aspetto positivo è la riduzione di un anno del percorso di studi. Questo è anche il modello europeo. Soprattutto per quanto riguarda la formazione professionale, portare ragazzi e ragazze che scelgono la scuola per il lavoro a 19 anni non è stata una grande idea. Detto questo, l’aspetto molto negativo è che l’intenzione del ministro è solo quella di creare un’autostrada per gli ITS (Istituti Tecnologici Superiori), corsi biennali professionalizzanti para-universitari ma finora stagnanti. Sugli ITS Academy, su come siano una creatura ambigua ed ibrida, sono già intervenuto su questo blog. Si tratta della piccola università di Confindustria, da qui il termine Academy all’americana, che attualmente riguarda appena 20.000 studenti in tutta Italia con un costo annuale per lo stato di 15.000 euro per studente, con costi variabili a carico del corsista. Un progetto caro alle imprese ma che non è mai decollato finora. È chiaro infatti che il diplomato sceglie di norma un percorso universitario. E qui è intervenuta l’astuzia maligna del ministro: togliendo un anno alla formazione professionale, ma soprattutto a quella tecnica, si aprirebbero inedite prospettive per l’università pratica di Confindustria, con tanto di esperti e formatori da essa forniti.
La riforma ha tre grandi punti critici, nascosti dietro una verbosa narrazione retorica sulla necessità delle imprese, sulla internazionalizzazione e i blablabla vari. Nel marketing fumogeno gli imprenditori non sono secondi a nessuno. Il primo è che gli attuali istituti tecnici verrebbero fortemente sviliti, perdendo l’ultimo anno che è quello più rivolto alle materie specifiche dell’attività professionale. Come conseguenza naturale, si renderà quasi inevitabile il proseguimento negli ITS. Un po’ come è accaduto all’università con il 3+2. La laurea vera doveva essere quella triennale, e invece si è verificato l’opposto e il percorso universitario, invece di accorciarsi, si è allungato. Avremo allora un percorso tecnico-professionale 4+2, più lungo di quello di prima. Ma almeno più qualificato?
Qui c’è un secondo motivo di critica. Il ministro punta su di un’ampia collaborazione con le imprese, già esistente peraltro. I docenti laureati verranno sostituiti da formatori e rappresentanti delle imprese. Per esempio, negli ITS la legge prevede che il 60% della docenza debba provenire dal mondo dei privati e delle imprese. Si realizzerebbe così un’inedita e dannosa privatizzazione della scuola che porterà ad un selvaggio mercato dei formatori, popolato di consulenti, divulgatori, esperti e così via, ognuno dei quali punterebbe alla sua fettina di torta. Ma le imprese contribuiranno almeno economicamente alla grande riforma di cui godranno i benefici? Pare di no e i costi ricadranno come al solito sui corsisti oppure sulle casse pubbliche.
E qui abbiamo il terzo motivo. La riforma dovrà essere secondo il ministro a costo zero. Ma allora, con quali soldi si pagheranno i formatori che saranno chiamati dalle scuole dell’autonomia a far la loro lezione magistrale? Se il governo non ha le risorse (ma per gli ITS sono stati stanziati a suo tempo già 1,5 miliardi), non faccia una riforma così impegnativa, altrimenti rischia di essere accusato di incompetenza o di ipocrisia. Peggio ancora, pagheranno come al solito le famiglie di tasca loro. Poi ci sono molte altri aspetti minori, perfino ridicoli, per chi vive concretamente la scuola professionale. Si parla di creare dei campus della formazione tecnico-professionale, di grandi accordi a livello regionale, di certificare le competenze in maniera puntuale e continuativa e così via. Tutte cose che appartengono ad una fantascuola che esiste solo nelle audaci fantasie ministeriali.
Mi pongo, da ex insegnante in un istituto tecnico, una domanda: perché si vuole distruggere la formazione tecnica di qualità, che comunque l’istruzione italiana produce, per far posto agli ITS guidati dalle imprese italiane che nella formazione e nell’innovazione mi pare non primeggino? Siamo sicuri che questa sia la direzione di marcia utile per la scuola ma soprattutto per l’economia italiana? Scuola ed industria devono certo collaborare, senza snaturare però il loro ruolo. Non sarà l’impresa a salvare la formazione professionale e tecnica italiana, ma per gli imprenditori sarà di sicuro una nuova ed inedita occasione di business a basso rischio e alto rendimento. Almeno su questo la destra di una volta aveva le idee chiare. Lancio un appello alle persone di buona volontà, di destra e di sinistra: salviamo gli istituti tecnici dalla riforma Valditara. Sui professionali, il dibattito è aperto ma non facciamo confusione come il nostro ministro.
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(Adnkronos) - La richiesta riguarda tutti le tracce trovate nella villetta di via Pascoli dove avviene il delitto, a partire dalle fascette dei rilievi dattiloscopici e le impronte digitali trovate nell'appartamento e sul dispenser portasapone dove - sancisce la Cassazione - si lava l'assassino. L'intenzione degli inquirenti è anche quella di lavorare sui quattro capelli scuri trovati nel lavandino del bagno al piano terra, così come sull'impronta trovata sulla porta d'ingresso dell'abitazione. Per i carabinieri di Milano sul dispenser (oltre alle due impronte di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l'omicidio) "vi sono numerose impronte papillari sovrapposte che sarebbero state cancellate se il dispenser fosse stato lavato dal sangue" e nel lavandino la presenza di 4 capelli neri lunghi "attestano ovviamente che il lavandino non è mai stato lavato dalla presenza di sangue. Diversamente, i capelli presenti nel lavabo sarebbero stati portati via dall'acqua".
Una tesi smentita dalla stessa Procura di Pavia nella prima archiviazione, di otto anni fa, contro l'indagato Sempio. Un'ipotesi "priva di fondamento logico dal momento che è processualmente accertato che l'assassino aveva le mani imbrattate di sangue e che si è recato in bagno per lavarsi". Il sangue, liquido e solubile in acqua, "viene lavato molto più facilmente dei capelli che, stante la loro forma e lunghezza rimangono molto più facilmente sul fondo della vasca anche dopo il lavaggio del sangue" e si tratta dei capelli di Chiara "recisi a causa dei colpi inferti e rimasti sulle mani insanguinate dell'assassino; la loro presenza attesta semmai che lo stesso si è effettivamente lavato le mani". È peraltro "verosimile che l'assassino non si sia soffermato per verificare l'effetto del risciacquo, ma si sia allontanato rapidamente dalla scena".
I carabinieri sono intenzionati anche ad approfondire un'impronta digitale trovata sulla maniglia della porta di ingresso (ritenuta allora non utile dal Ris di Parma) su cui "non appare sia stata eseguita alcuna indagine biologica mirata ad accertare se quel contatto possa essere stato lasciato da una mano sporca di sangue (della vittima o di altri) o se fosse altra sostanza". Una tesi "oltre che logicamente fallace, non è di alcuna utilità investigativa" essendo stata osservata tre giorni dopo il delitto e trovandosi accanto alla serratura. Una porta toccata da Stasi e da soccorritori e investigatori. "Le tracce papillari, al pari del Dna, non sono databili. È impossibile sapere se quella traccia sia stata deposta il giorno del delitto o nei giorni precedenti (o addirittura in quelli successivi), basti pensare che in sede di rilievo sono state trovate anche le impronte papillari" di alcuni carabinieri coinvolti nelle indagini e di un falegname intervenuto tempo prima nella villetta per effettuare alcuni lavori. Per queste ragioni, concludeva l'archiviazione, "è evidente la totale irrilevanza investigativa della traccia segnalata".
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - ''Per la sua posizione geografica strategica al centro del Mediterraneo, l’Italia rappresenta un ponte energetico tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente''. Terna, presentando il piano di sviluppo 2025, conferma gli interventi di interconnessione con l’estero, al fine di ''garantire sicurezza, sostenibilità ed efficienza, tramite la possibilità di mutuo soccorso tra sistemi interconnessi. In aggiunta, queste infrastrutture costituiscono un fondamentale strumento di flessibilità per condividere risorse di generazione e capacità di accumulo, a fronte della variabilità della produzione rinnovabile''.
Tra i principali progetti pianificati Terna segnala 'Sa.Co.I.3', il progetto di ammodernamento e potenziamento dell’attuale interconnessione tra Sardegna, Corsica e Toscana, il progetto di interconnessione tra Italia e Tunisia 'Elmed', il raddoppio interconnessione Italia-Grecia, che ''consentirà la gestione in sicurezza dell’intera Zona Sud e favorirà approvvigionamenti efficienti di energia, grazie alla possibilità di abilitare nuove risorse attraverso il coupling del mercato elettrico e di mantenere lo scambio di energia tra i due Paesi anche in presenza di manutenzioni''.
Inoltre, nel piano di sviluppo 2025 sono presenti ulteriori progetti di interconnessione, noti come 'Merchant lines', a cura di altri promotori e/o non titolari di concessioni di trasporto. Il numero di tali iniziative ha subito un’accelerazione negli ultimi anni. Risultano in fase di avvio consultazione 11 richieste per oltre 12 Gw di capacità. Terna segnala che la gestione delle richieste di connessione alla rete in alta tensione, principalmente concentrate al sud e nelle isole, permette di ''avere una visione sistemica delle future evoluzioni degli impianti rinnovabili e dei sistemi di accumulo, così da realizzare uno sviluppo sinergico delle infrastrutture e garantire la massima efficienza nella realizzazione delle opere di rete''.
Secondo i dati di Terna, al 31 dicembre 2024, risultano 348 Gw di richieste di connessione per impianti rinnovabili (di cui 152 Gw di solare, 110 Gw di eolico on-shore e 86 Gw di eolico off-shore) e 277 Gw per sistemi di accumulo. Questi numeri, che ''superano ampiamente il fabbisogno nazionale individuato dal documento di descrizione degli scenari 2024 Terna-Snam e dai target nazionali, confermano che il Paese rappresenta una significativa opzione di investimento, anche grazie a meccanismi legislativi di sostegno alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili e ad una regolamentazione che ne incentiva lo sviluppo'', secondo la società.
In aggiunta, nell’ultimo biennio si è registrata una crescita delle richieste anche per gli utenti di consumo, che prelevano direttamente energia dalla rete di trasmissione nazionale e includono, ad esempio, impianti ad alto consumo energetico. Le richieste di connessione per questi utenti possono riguardare sia l’adeguamento di impianti già operativi sia la connessione di nuovi impianti alla rete. Tale tendenza è attribuibile per larga parte ai centri di elaborazione (data center): al 31 dicembre 2024 le richieste erano pari a circa 30 Gw, dato annuale 24 volte superiore rispetto a quello del 2021. Tali richieste sono principalmente localizzate nel Nord Italia, soprattutto in Lombardia.
Terna annuncia che ''con lo scopo di favorire una sempre più ampia abilitazione delle rinnovabili e per garantire un’elevata qualità del servizio, in sinergia con i concessionari del servizio di distribuzione, è stato individuato un set di Cabine primarie da potenziare o da connettere alla Rete di trasmissione nazionale''. Il trend di tali richieste di connessione si è ulteriormente ampliato per effetto dei fondi messi a disposizione nell’ambito del Pnrr. Terna ha definito un approccio di gestione delle richieste di connessione basato sulla definizione di 76 'microzone' che ''consentono di modellare in modo efficace un perimetro all’interno del quale studiare soluzioni di connessione e quantificare la capacità rinnovabile addizionale che può essere integrata nella rete''.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Dallo sviluppo di infrastrutture abilitanti e innovative alla garanzia di stabilità e sicurezza della rete elettrica, passando per la risoluzione delle congestioni locali. Sono gli obiettivi del piano di sviluppo 2025 presentato da Terna. ''Considerato il complesso e sfidante contesto elettrico'' Terna comunica di aver ''svolto una importante attività di definizione delle priorità di sviluppo. Sono stati privilegiati gli interventi che offrono il massimo valore per il sistema, individuando soluzioni 'capital light' al fine di ridurre i costi e massimizzare l'efficacia degli investimenti necessari alla transizione energetica''.
Gli interventi previsti dal piano, che consentiranno di operare con una visione di lungo termine in considerazione delle esigenze della rete, rispondono alla necessità di ''sviluppare infrastrutture abilitanti e innovative, funzionali al raggiungimento della capacità obiettivo efficiente, per aumentare i limiti di transito tra le sezioni di mercato e massimizzare lo scambio di energia''. Il programma prevede anche di ''risolvere le congestioni locali, garantendo l’esercizio in sicurezza all’interno delle zone di mercato, tramite la pianificazione di interventi intrazonali''.
Terna punta inoltre a ''rispondere in modo efficiente a tutte le richieste di connessione alla rete attraverso la definizione di un nuovo modello, la Programmazione territoriale efficiente''. Infine sarà garantita ''la stabilità e la sicurezza della rete elettrica e l’integrazione dei mercati tramite le interconnessioni con l’estero, che consentono una gestione flessibile e bilanciata delle risorse energetiche, favorendo gli scambi tra le reti nazionali''.
Nell’orizzonte temporale del piano di sviluppo 2025, la maggioranza degli interventi previsti in esercizio entro il 2030 ha ottenuto l’autorizzazione o è già in fase di autorizzazione. Tra questi figurano le principali opere infrastrutturali dell’azienda, come Tyrrhenian Link, il collegamento hvdc sottomarino a 500 kV che unirà la Sicilia alla Campania e alla Sardegna. ''L’opera consentirà una maggiore integrazione tra le diverse zone di mercato e un più efficace utilizzo dei flussi di energia proveniente da fonti rinnovabili''. L’opera sarà completata entro il 2028.
Tra le opere principali Terna segnala Adriatic Link: il collegamento hvdc tra Abruzzo e Marche da 1.000 MW di potenza lungo circa 250 km, di cui 210 km sottomarini. L’entrata in esercizio è prevista per il 2029. Entro il 2034 sono poi previsti ulteriori rinforzi infrastrutturali tra cui la Dorsale Adriatica: collegamento in corrente continua tra Foggia e Forlì che garantirà il rafforzamento del corridoio adriatico, permettendo un incremento sostanziale della capacità di scambio.
Terna prevede inoltre la realizzazione di importanti infrastrutture che hanno l’obiettivo di aumentare il livello di sicurezza della rete e la capacità intrazonale. Si tratta di interventi che favoriscono lo scambio di energia all’interno della stessa zona di mercato, funzionali all’integrazione delle fonti rinnovabili e alla risoluzione delle congestioni di rete a livello locale. Tra le opere previste, tre collegamenti a 380 kV in Sicilia (Chiaramonte Gulfi-Ciminna, Caracoli-Ciminna e Paternò-Priolo) e uno in Lombardia (Milano-Brescia).
Il Piano di Sviluppo 2025 di Terna si pone l’obiettivo di estrarre maggior valore dagli asset esistenti, tramite interventi di tipo 'capital light', che si basano su strumenti e soluzioni innovative e che si affiancano ai tradizionali interventi infrastrutturali, consentendo di perseguire rilevanti benefici per la rete. L’attività di Terna di pianificazione della futura rete elettrica può contare oggi su iter di approvazione semplificati per le grandi infrastrutture da parte di Arera e Mase. In particolare, l’Autorità, attraverso il meccanismo dell’approvazione per fasi, ha semplificato il processo fornendo strumenti per velocizzare il percorso di progettazione, autorizzazione e realizzazione.
Anche a valle delle recenti semplificazioni normative ''è stato possibile raggiungere una significativa riduzione dei tempip''. La realizzazione delle infrastrutture sarà supportata anche da strumenti che assicurano e garantiscono la sicurezza e la flessibilità del sistema. Su tutti, il Capacity market con cui Terna si approvvigiona di capacità tramite contratti aggiudicati attraverso aste competitive, e il Macse (Meccanismo per l’approvvigionamento di capacità di stoccaggio elettrico). La prima asta del Macse sarà svolta da Terna il prossimo 30 settembre.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Martedì prossimo, 18 marzo, alle ore 10, presso la Sala Koch del Senato, le commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue di Camera e Senato svolgeranno l'audizione di Mario Draghi in merito al Rapporto sul futuro della competitività europea. L'appuntamento verrà trasmesso in diretta webtv.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Ad un mese dalla finale del festival della canzone italiana 2025, nella classifica dei singoli brani è ancora Sanremomania, con ben 13 brani passati in gara al Teatro Ariston nelle prime 13 posizioni. E questo fa segnare all'edizione 2025 un nuovo record rispetto agli ultimi anni, per numero di brani di Sanremo nella top ten ad un mese dal festival: se infatti quest'anno sono 10 (cioè l'intera top ten è composta da brani in gara al festival un mese fa), l'anno scorso era stati 7 come nel 2023, nel 2022 e nel 2021 erano stati 8 e nel 2024.
Nella top ten dei singoli infatti, al primo posto c'è proprio il brano vincitore del festival: 'Balorda Nostalgia' di Olly. Al secondo 'La cura per me' di Giorgia, al terzo 'Incoscienti giovani' di Achille Lauro, al quarto 'Battito' di Fedez, al quinto 'Cuoricini' dei Coma_Cose, al sesto 'Volevo essere un duro' di Lucio Corsi, al settimo 'Fuorilegge' di Rose Villain, all'ottavo 'La mia parola' di Shablo feat Joshua e Tormento, al nono 'Tu con chi fai l'amore' dei The Kolors, al decimo 'La tana del granchio' di Bresh. Ma l'elenco sanremese prosegue ininterrotto fino alla tredicesima posizione, con 'Anema e core' di Serena Brancale all'undicesimo posto, 'Chiamo io chiami tu' di Gaia al dodicesimo e 'Il ritmo delle cose' di Rkomi al tredicesimo.
Tra gli album l'arrivo di Lady Gaga con 'Mayhem' si piazza in vetta e scalza dalla prima posizione 'Tutta vita', l'album di Olly, che scende al terzo posto, per fare spazio a 'Vasco Live Milano Sansiro', che entra al secondo posto. In quarta posizione 'Dio lo sa - Atto II' di Geolier, in quinta entra direttamente 'Vita_Fusa' dei Coma_Cose, in sesta 'Debi tirar mas fotos' di Bad Bunny, in settima 'Tropico del capricorno' di Guè, in ottava posizione 'Locura' di Lazza, in nona 'È finita la pace' di Marracash e in decima chiude la top ten 'Icon' di Tony Effe. Mentre la compilation di Sanremo 2025 scende dal nono al quindicesimo posto.
Tra i vinili, è primo il 'Vasco Live Milano Sansiro', al secondo posto 'Mayhem' di Lady Gaga e al terzo la compilation 'Sanremo 2025'.
Roma, 14 mar. (Labitalia) - "Questo appuntamento, unico nel suo genere, rappresenta un fondamentale momento di approfondimento per i settori della logistica e del trasporto, offrendo un'opportunità unica di incontro, aggiornamento e confronto sulle sfide e le opportunità che caratterizzano un comparto strategico per i cittadini, per le famiglie e le imprese, con un approccio fortemente connesso alla sostenibilità ambientale". Lo scrive il presidente del Senato, Ignazio La Russa, nel messaggio inviato all'evento di chiusura della quarta edizione di "Let Expo", organizzato da Alis a Verona.
"Se i numeri registrati lo scorso anno rappresentano la migliore e più efficace sintesi della rilevanza del vostro operato - penso ai 400 espositori e alle oltre 100mila presenze complessive -, sono certo che i tanti appuntamenti che caratterizzano il programma di quest'anno, con incontri strategici, conferenze di settore, seminari interattivi, workshop pratici e dimostrazioni innovative, sapranno rappresentare un ulteriore momento di crescita e di affermazione", prosegue La Russa, che conclude: "Nel ribadire il mio plauso per il vostro prezioso contributo in un ambito di particolare rilievo per gli interessi nazionali, anche in relazione alle attuali dinamiche geo-politiche globali, l'occasione mi è gradita per inviarvi i miei più cordiali saluti".
Roma, 14 mar. - (Adnkronos) - In occasione di Didacta 2025 a Firenze, l'evento di riferimento per la formazione e l'innovazione nel settore scolastico, Acer ha ribadito il proprio impegno nel supportare l'evoluzione della didattica attraverso soluzioni tecnologiche all'avanguardia. La partecipazione dell'azienda alla fiera ha offerto l'opportunità di presentare le ultime novità in termini di prodotti e servizi, con un focus particolare su prestazioni, sicurezza, intelligenza artificiale e design.
"La presenza di Acer a Didacta sottolinea l'importanza del settore education, un ambito in cui siamo orgogliosamente leader di mercato," ha dichiarato Angelo D'Ambrosio, General Manager di Acer South Europe. "Didacta rappresenta un'occasione fondamentale per incontrare docenti, studenti e rivenditori specializzati nel mondo scolastico. In questa sede, presenteremo le nostre più recenti innovazioni di prodotto, caratterizzate da prestazioni elevate, sicurezza, funzionalità di IA e design robusto. Queste caratteristiche sono indispensabili per una didattica innovativa ed efficace."