Come può un perdente così guadagnare così tanti soldi? Deve averla data a qualcuno per essere riuscita a ottenere quel lavoro. Mettiti a dieta, palla di lardo, sei un cesso impresentabile. Idiota, te la sei meritata la morte. Queste alcune tra le frasi più “educate” che si trovano quotidianamente nei commenti in rete. I social non hanno fatto altro che sdoganare e amplificare un odio che avevamo già dentro, lasciandolo libero nella sua tossicità.
Che cos’è l’odio?
Un cibo che molte persone ingeriscono quotidianamente, fino a diventarne completamente dipendenti, tanto da far nascere nuove definizioni e categorie per gli odiatori seriali: un troll è un individuo che partecipa a una discussione con il solo intento di disturbare, provocare e dar via a litigi; un hater dispensa odio su tutto e tutti, incondizionatamente, con cattiveria e aggressività, assenza di empatia e violenza verbale; il cyberbullo, infine, è simile al troll, ma il suo obiettivo è creare disturbo o danno non ad estranei, ma a persone che conosce personalmente. L’odio e il rancore sono sentimenti molto diffusi nelle nostre comunità e oggi sembrano diventati componenti chiave nella narrazione della società e nelle dinamiche relazionali. Lo psicologo Bernard Golden ritiene che, quando l’odio coinvolge un gruppo, può contribuire a promuovere un senso di connessione e cameratismo che riempie un vuoto nella propria identità. Fondandosi su un senso di minaccia percepita, dà origine a ostilità e aggressività verso individui o gruppi. Hai mai odiato intensamente qualcuno? Quand’è l’ultima volta che hai provato odio? L’odio è uno stato emotivo di grave e persistente avversione verso qualcosa o qualcuno. È un sentimento di ostilità così forte che porta a desiderare il male e la rovina di una persona oppure l’autodistruzione. Ognuno di noi ha una sensazione e un’idea ben precisa relativa all’odio: giudizio spietato, condanna, violenza, rifiuto o desiderio feroce di far del male. Ora, però, consideriamo un’importante consapevolezza basata su studi scientifici: l’odio è un veleno che danneggia la salute di chi lo prova. Chi odia coltiva in sé dolore, distruzione, buio e, in questo modo, rimane incatenato alle persone che detesta e a ciò che esse rappresentano, condizionando la qualità della propria vita e intossicando il presente. Più si alimenta l’odio, più diventa impossibile liberarsene: è come una droga.
Le 3 tipologie di odiatori
Ci sono principalmente tre tipi di odiatori: il primo è chi taglia la testa agli altri per non sentirsi più “basso”. Questo tipo di persona odia gratuitamente, perché si sente profondamente frustrata e delusa da se stessa e dalla vita, e riversa sul mondo tale frustrazione. Poi, ci sono gli odiatori seriali a pagamento. Ne sono pieni i media tradizionali e i social. Si tratta di una forma di prostituzione in cui sono presenti logiche di convenienza, in termini di denaro o professionali. In questo caso odiare conviene e, a volte, i professionisti più utili e abili arrivano a percepire un pagamento. Infine, c’è chi odia in maniera genuina, perché si è sentito attaccato, aggredito, violato nella sua integrità fisica o psicologica. L’odio genuino di solito si manifesta verso una persona vicina che ci ha fatto del male: un insegnante che ha distrutto la nostra autostima; un genitore che ha abusato di noi; un partner che ci ha traditi o delusi, ad esempio. Odiare una persona dopo averla amata ha funzioni ben precise: può essere un meccanismo finalizzato all’interruzione definitiva della relazione, oppure è una forma estrema di richiesta di maggiore vicinanza e attenzione da parte del partner. Gli esseri umani hanno strane forme per chiedere amore, attenzione e accettazione. A volte lo fanno impartendo dolore.
L’odio è, in definitiva, una sentenza di condanna senza possibilità di appello. È prendersi la libertà di negare totalmente la possibilità di essere amati e perdonati, e si arriva a desiderare di infliggere le peggiori punizioni. Tutti noi nasciamo con la capacità di aggressione e compassione: per decidere quale tendenza abbracciare è fondamentale che gli individui, le comunità e la società facciano una scelta consapevole. Infatti, la chiave per superare l’odio e rendersi conto della miseria che porta nella propria esistenza è un’educazione alla consapevolezza: comprenderne le radici in se stessi.
L’odio è una sconfitta Chi odia, alla fine dei conti, perde. Sempre. In primis perché causa un danno
profondo alla propria salute psicologica e fisica, avvelenando e facendo ammalare chi lo prova. In secondo luogo perché l’odio è l’unica cosa che resta da esercitare quando si sente di non avere più potere sull’altra persona. È, dunque, implicitamente un’ammissione di impotenza. Odiare, inoltre, ci tiene saldamente legati alle persone verso cui questo sentimento è rivolto: li rendiamo inconsapevolmente protagonisti della nostra vita e oggetti della nostra attenzione. Infine, l’origine dell’odio non risiede mai nella persona verso cui lo proviamo, ma va ricercata in ciò che quella persona rappresenta per noi. L’odio, infatti, si origina sempre e solo da quelle parti di noi che abbiamo rinnegato e che la persona davanti a noi riflette: il senso di fallimento, la debolezza, la fragilità, l’abbandono, il tradimento, l’insensibilità, la tristezza, la solitudine, l’ignoranza. Ad ascoltarci bene scopriamo che non odiamo gli altri, ma le parti di noi che gli altri rappresentano e che rifiutiamo profondamente. Perché, in fondo, intimamente una parte di noi sa bene che come vediamo gli altri così vediamo noi stessi; come li sentiamo così ci sentiamo; come li trattiamo così trattiamo noi stessi. Il mondo è uno specchio. Ricordiamoci di essere più gentili con noi stessi.
Come liberarcene? In quattro passaggi.
1. Elaborare positivamente ciò che crea odio. Non vuol dire rassegnarsi passivamente a una situazione, ma ridefinire l’esperienza in termini migliorativi: cosa ho imparato? Come posso migliorare? Cosa posso lasciare andare? Piuttosto che concentrarci su dolore, riflettiamo su cosa possiamo imparare.
2. Accettare l’imperfezione e smettere di essere giudici spietati. Siamo i peggiori giudici di noi stessi, per questo non sopportiamo l'imperfezione nel mondo e non abbiamo empatia e compassione.
3. Accettare che prima o poi tutto cambia. La natura della vita è trasformazione e cambiamento. Rimanere aggrappati all’immagine che ci siamo fatti delle persone e delle situazioni crea delusione delle aspettative: il terreno fertile per l’odio. Smettiamola di cercare di controllare il mondo e impariamo a vivere senza aspettative.
4. Imparare a lasciar andare. Possiamo sperimentare molte circostanze che consideriamo ingiuste. Impariamo a lasciar andare persone e situazioni che non ci rappresentano, senza aggrapparci ad esse attraverso l’odio.