Nel sostituire il Reddito di cittadinanza, l’Assegno di inclusione approvato dal governo Meloni dimezzerà il numero di famiglie povere aiutate e penalizzerà soprattutto i nuclei con persone che lavorano. Un taglio ben più netto delle stime circolate finora. Anche per questo, l’Alleanza contro la povertà – insieme di associazioni e sindacati che si occupano di politiche contro l’indigenza – ha presentato in Senato otto proposte per provare a correggere almeno i difetti più evidenti della riforma firmata dalla ministra Marina Calderone. Una serie di suggerimenti che permetterebbero di recuperare almeno una parte delle famiglie in difficoltà che rimarranno sprovviste di aiuti.
“Non si può scaricare sul terzo settore la responsabilità di gestire l’emergenza sociale del Paese”, ha ricordato il portavoce dell’Alleanza Antonio Russo. Finora il governo non ha quasi mai preso in considerazione le osservazioni di Acp, anche perché è evidente la distanza di posizioni: la maggioranza di centrodestra vuole ridurre gli aiuti ai poveri, per tenere fede alle promesse elettorali di adoperare una stretta su (presunti) furbetti e fannulloni. “Non ci siamo inventati una riforma dal nulla – ha detto la viceministra del Lavoro Maria Teresa Bellucci, intervenuta durante la presentazione – ma abbiamo dato seguito a quello che è stata la richiesta data in mano alle forze di maggioranza. Tra gli impegni molto chiari, superare il Reddito di cittadinanza e costruire politiche diverse; l’abbiamo rispettato nei tempi più tempestivi che si potevano”.
In realtà, fa notare il rapporto presentato dall’Alleanza contro la povertà, a essere colpiti saranno proprio i beneficiari che si sono dati da fare e hanno avuto un qualche reddito da lavoro in questi anni. Infatti, nella fascia di chi ha dichiarato almeno 7.500 euro annui, il Rdc sarà sottratto all’80% dei percettori. Non solo, un’altra categoria molto penalizzata è quella delle famiglie che vivono in affitto. Per esse, il Reddito di cittadinanza prevedeva un tetto massimo di reddito differenziato a 9.360 euro, mentre l’Assegno di inclusione lo ha portato a 6mila, come per gli altri nuclei. L’Alleanza propone quindi di tornare alla soglia differenziata, così da aumentare la platea di circa 145mila famiglie, intervento che costerebbe 150 milioni in più.
L’Acp, inoltre, chiede uno sforzo maggiore per gli stranieri. Il Reddito di cittadinanza prevedeva il vincolo di residenza da almeno dieci anni in Italia e per questo l’Unione europea ha acceso un faro sulla portata discriminatoria della norma. Il governo Meloni ha quindi dovuto portare il vincolo a cinque anni, ma l’Alleanza sostiene un ulteriore abbassamento a due anni: i nuclei beneficiari aumenterebbero di 15mila e la spesa di 120 milioni.
Un capitolo importante è dedicato alla scala di equivalenza, il meccanismo per cui il sostegno statale aumenta al crescere della numerosità della famiglia. La riforma del governo Meloni ha ridotto l’aiuto per i minorenni presenti nel nucleo, ma ha previsto che da ora in poi l’assegno unico sarà percepito in maniera integrale e non più decurtata. Un punto su cui si è soffermata la viceministra Bellucci. Questo, però, non è detto che si traduca sempre in un aumento dell’aiuto ricevuto dalle famiglie. L’Alleanza, infatti, fa notare che il sussidio si può ridurre o addirittura perdere quando un figlio supera i tre anni oppure, in una famiglia con tre figli, dopo la maggiore età di uno dei tre. La proposta è quindi considerare nella scala di equivalenza anche i maggiorenni senza carichi di cura, suggerendo un moltiplicatore di 0,25 per ogni componente. Questo costerebbe 620 milioni e l’importo medio annuo crescerebbe di 300 euro.
L’Alleanza chiede anche di indicizzare gli importi all’inflazione, mentre consistente è la parte di proposte che riguarda il lavoro. Innanzitutto, il concetto di “offerta congrua”, cioè le caratteristiche che deve presentare una proposta di lavoro per far scattare l’obbligo di accettarla. Oggi è previsto entro 80 chilometri per i contratti precari e in tutto il territorio nazionale per quelli permanenti. L’Acp invece chiede che il meccanismo sia equiparato a quello della Naspi, il sussidio di disoccupazione, che prevede massimo 50 chilometri da casa nei primi dodici mesi. Inoltre, l’Alleanza chiede che il reddito da lavoro sia decurtato solo dell’60% sull’aiuto ricevuto. Sui lavori di utilità collettiva, la richiesta è di renderli volontari.
Infine, l’Alleanza spinge affinché un ruolo fondamentale sia svolto dai Comuni, con un rafforzamento degli uffici dei servizi sociali ed educativi. Nonostante abbia rivendicato tutti i contenuti della riforma, la viceministra Bellucci non ha escluso che, nel corso del primo anno di applicazione, vengano fuori alcuni difetti da correggere.