La Banca centrale europea non si ferma. Oggi ha deciso il decimo aumento consecutivo dei tassi di interesse che raggiungono così il 4% sui depositi e il 4,5% per le operazioni di rifinanziamento, il livello più alto da quando è stato introdotto l’euro. La decisione era attesa dagli analisti che, a differenza del passato, attribuivano però buone chance anche alla possibilità di una pausa nei rialzi. Le ultime indicazioni sul rallentamento dell’economia dell’area euro e su una Germania in blanda recessione, avrebbero potuto infatti indurre la Bce a valutare uno stop. Ha prevalso la volontà di contrastare l’inflazione, prevista al 5,6% e ancora lontana dai livelli ritenuti ottimali. Un costo del denaro più alto tende infatti a favorire un raffreddamento dei prezzi ma al contempo penalizza la crescita economica.
“Il Consiglio direttivo ritiene che i tassi abbiano raggiunto livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo. Le decisioni future del Consiglio direttivo assicureranno che i tassi di interesse di riferimento della Bce siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario”: lo scrive la Bce nel comunicato al termine della riunione lasciando intendere uno stop nel percorso di incremento del costo del denaro. La presidente Christine Lagarde ha però puntualizzato: “Non possiamo dire che ora siamo al picco dei tassi“. “C’erano alcuni membri” del Consiglio direttivo “che preferivano un altro tipo di decisione, una pausa”, ma alla fine la decisione sul rialzo è stata presa con una “solida maggioranza”, ha poi aggiunto.
A subire più immediatamente la decisione della Bce sono tutti i soggetti, famiglie o imprese, che hanno prestiti a tasso variabile con le banche. La rata è infatti destinata a salire ancora. Secondo le simulazioni del sito Facile.it (su un mutuo da o a tasso variabile da 126mila euro in 25 anni sottoscritto a gennaio 2022 ) da quando la banca centrale ha iniziato ad alzare i tassi, nel luglio 2022, una rata del mutuo variabile da 456 euro è salita ai 759 euro, in crescita del 66%. Nei giorni scorsi il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni aveva parlato del rischio di un’emergenza sociale legata a rate che stanno diventando difficili da sostenere per molte famiglie.
Gli esperti della Bce “hanno rivisto significativamente al ribasso le proiezioni per la crescita economica, che si porterebbe nell’area dell’euro allo 0,7% nel 2023, all’1,0% nel 2024 e all’1,5% nel 2025″. Lo si legge nella nota dopo la decisione di aumentare i tassi secondo cui “le condizioni di finanziamento si sono inasprite ulteriormente e frenano in misura crescente la domanda, che rappresenta un fattore importante per riportare l’inflazione all’obiettivo”. Le previsioni sono così tagliate “alla luce del maggiore impatto di tale inasprimento sulla domanda interna e dell’indebolimento del contesto del commercio internazionale”. “L’economia della zona euro, stagnante negli ultimi mesi, suggerisce che la debolezza resterà anche nel terzo trimestre. Le condizioni del credito stanno indebolendo la crescita e i servizi, che prima erano un settore resiliente, ora si indeboliscono”, ha detto la presidente della Bce Christine Lagarde.
Reazioni – Il presidente dell’istituto tedesco Ifo, Clemens Fuest, ha elogiato la decisione. “L’aumento dei tassi di interesse da parte della Bce è ben giustificato. L’inflazione rimane elevata nonostante il rallentamento dell’economia. Per l’anno 2024, la Bce ha aumentato le sue previsioni di inflazione e, in questo contesto, l’aumento dei tassi di interesse è logico”, ha dichiarato a Monaco come riporta un comunicato dell’istituto di ricerca economica bavarese. “Per la Germania, l’aumento dei tassi d’interesse è doloroso, vista la contrazione dell’economia. Ma la Bce fa politica monetaria non solo per la Germania, bensì per l’intera area dell’euro”, ha aggiunto. “Questa nuova decisione, presa peraltro credo a maggioranza quindi contrastata, non credo possa aiutare la ripresa economica dell’Europa, che è il principale problema che noi abbiamo anche perché le altre economie collegate a noi hanno”, commenta invece il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.